Via flaminia 466

00191 Roma

+39 06 321 7639

Per appuntamenti

Lun - Ven : 9:00 - 18:30

Disponibilità per appuntamenti

Risarcimento agli eredi per il danno da morte

Avv Gianluca Sposato -risarcimento danno da morte

Indice

In questo articolo affronto il tema del risarcimento danni agli eredi per la morte di un loro familiare, a seguito di un fatto illecito.

Danno da perdita del rapporto parentale

La prova della sofferenza per l’uccisione del proprio familiare ai fini del  risarcimento del danno da perdita parentale viola principi costituzionalmente garantiti?

La guerra intestina su quantificazione e prova del danno da morte e la questione di legittimità costituzionale sollevata relativamente alla sentenza 11200/19 della Cassazione.

Potrebbe sembrare assurdo per i non addetti ai lavori, ma è così: se un proprio congiunto viene ucciso in un incidente stradale i familiari della vittima devono documentare la sofferenza per la perdita del rapporto parentale.

I familiari per avere diritto al risarcimento del danno per l’uccisione del proprio caro devono fornire la prova del vincolo affettivo, altrimenti possono anche non avere diritto ad alcun risarcimento.

Danno da morte per l’uccisione di un fratello in un incidente

Facciamo un esempio per essere più chiari su quello che la legge richiede come prova per avere diritto al risarcimento agli eredi per il danno da morte.

Se il fratello di una persona uccisa mentre attraversava sulle strisce pedonali da un automobilista chiede sic et simpliciter il risarcimento del danno per la perdita del rapporto parentale, potrebbe non avere diritto ad alcun risarcimento.

Oppure ottenere un indennizzo in misura ridotta, rispetto minimi e massimi che fanno riferimento all’intensità del rapporto con la vittima e alla dimostrazione del dolore per la perdita subìta.

Il danno da morte per l’uccisione di un fratello, ed in genere di un proprio familiare, infatti, non viene risarcito sul presupposto del rapporto di parentela, ma su quello del vincolo affettivo.

Di quel vincolo affettivo che, proprio per effetto dell’uccisione del proprio caro e del reato compiuto di omicidio stradale,  si è venuto ad interrompere.

La privazione del vincolo affettivo con la vittima del reato costituisce un danno di  tipo morale che deve essere risarcito ai familiari, ma sottoposto alla prova di legame affettivo che deve essere provato.

Questione di legittimità costituzionale sulla prova della sofferenza nel danno da morte

Occorre precisare che, seppur non se ne è parlato, con riferimento alla prova della sofferenza per il danno da morte è stata da me sollevata una questione di legittimità costituzionale in un giudizio di rinvio, dopo due passaggi in Cassazione, inerente la sentenza 11200/19.

Si è evidenziato come tale sentenza si ponga in contrasto e violazione degli  articoli 2, 3 e 32 della Costituzione della Repubblica italiana con riferimento agli articoli 2043 e 2059 del codice civile.

Secondo la Cassazione, infatti: “ la mera relazione di consanguineità non è da sola sufficiente ad integrare il danno risarcibile, gravando sui congiunti l’onere di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto”. 

Il giudizio è ancora in corso, in fase decisionale, e non sappiamo se gli atti verranno trasmessi alla Consulta, o meno, per dirimere tanti dubbi e rispondere ai quesiti sollevati da chi scrive.

Come provare il danno da morte?

Questa e altre sentenze di legittimità, a seguito dell’involuzione giurisprudenziale che ha elaborato la teoria del danno conseguenza a discapito del danno evento.

Ciò sul presupposto che: “la liquidazione del danno non patrimoniale subìto dai congiunti  in  conseguenza dell’uccisione del familiare non integra un danno in re ipsa, ma deve essere provato in concreto dal danneggiato”.

Tuttavia, come ben noto alla medicina legale, che sul punto si è autorevolmente espressa con i suoi maggiori studiosi e rappresentanti, non può non evidenziarsi che il sentimento, il dolore, è qualcosa di interiore.

La sofferenza può facilmente desumersi nel caso di perdita del rapporto parentale per fatto illecito ricorrendo alle presunzioni legali.

Dovendosi esprimere non poche perplessità su modalità standard da assumere quali relativi mezzi di prova per la sofferenza relativa alla morte di un familiare.

Autorevoli giuristi e studiosi del danno alla persona sostengono che l’onere della prova deve incombere su chi intenda dimostrare un fatto che si discosti dal sentire umano e sociale.

Ovvero un danno che si qualifichi come situazione eccezionale: come il non provare dolore, o provare un sentimento di sollievo, se non addirittura di indifferenza per l’uccisione di un familiare.

Danno da morte e sofferenza per l’uccisione di un familiare

Con la richiesta della prova della sofferenza per il risarcimento agli eredi per il danno da morte, la Cassazione compie un eccesso di potere, in danno delle vittime della strada.

La Corte Costituzionale individua quali criteri che valgono come indici dell’eccesso di potere legislativo quello dell’assoluta illogicità, incoerenza, od arbitrarietà delle motivazioni della legge.

Ciò vale anche per l’atto che alla legge è equiparato, ovvero le sentenze, come la numero 11200/19.

Altro elemento in cui si ravvisa l’eccesso di potere è dato dalla irragionevolezza delle statuizioni legislative rispetto alla realizzazione concreta del fine.

A prescindere dal valore e dal contenuto delle presunzioni legali, sembra che i giudici non vogliano tenere contro di quella che è la norma quando si deve affrontare la morte violenta di un familiare.

Ovvero: sofferenza, dolore, vuoto incolmabile, sconforto, perdita della voglia di vivere per l’uccisione del proprio caro.

Ogni diversa interpretazione e convincimento entra in contrasto e lede i princìpi sanciti negli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.

Risarcimento del danno da morte, tutela costituzionale

L’articolo 2 garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, mentre l’articolo 3 afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge.

Dovere dimostrare lo sconvolgimento della propria vita per l’uccisione di un familiare è in contrasto con tali principi.

Violando la dignità sociale che si manifesta anche nel rispetto dell’altrui dolore, che non deve essere calpestato, o trasformato in fenomeno da circo.

Né, tantomeno può, senza riserva, costituire oggetto di prova nella generalità dei casi, attesa la natura interiore e strettamente personale del sentimento.

Ciò a prescindere dal fatto che un sentimento, come l’amore, l’amicizia, il dolore, non può essere provato, proprio perché indice di una spontaneità interiore caratterizzata dalla riservatezza ed esclusività.

Qualunque mezzo di prova rappresenta una coercizione ed una violenza al rispetto della riservatezza e del dolore per chi subisca quanto di più atroce la vita possa riservare all’essere umano.

Ovvero: la privazione dell’affetto di un proprio caro a causa della morte violenta per fatto illecito.

Provare il dolore per l’uccisione di un familiare

E’ in corso un aspro dibattito tra giuristi su quantificazione e prova del danno da morte.

Occorre evidenziare che le ultime pronunce della Cassazione sembrano ristabilire un equilibrio a favore del danneggiato.

A cominciare dalla ordinanza n. 7748/2020 che ha chiarito come il pregiudizio patito dai prossimi congiunti sia configurabile come danno diretto e non riflesso.

Ciò poichè può desumersi presuntivamente dal legame parentale la sofferenza, lo sconvolgimento della propria esistenza per quanto di più triste possa capitare ad una persona: sopravvivere al mondo senza l’affetto di chi amava.

Qualcuno ha, poi, paragonato alla sentenze di San Martino, per importanza ed impatto con l’attuale sistema risarcitorio in tema da danno da perdita parentale, le  3 sentenze della Suprema Corte Cass. 10579/21, Cass. 26300/21, Cass. 26301/21.

Con cui è stato chiarito quali sono i criteri per determinare gli importi da liquidare a titolo risarcimento danno per la perdita del rapporto parentale agli eredi della vittima di un fatto illecito.

Con invito ad abbandonare l’orientamento espresso nelle Tabelle Milanesi.

Danno da morte, grado di parentela, età della vittima e convivenza

Con le sentenze n. 33055/21 e n. 38077/21, la Suprema Corte ha ribadito i criteri per determinare le somme che spettano a ciascun congiunto della vittima di un fatto illecito.

Si deve fare riferimento non soltanto al grado di parentela ed alla convivenza con la vittima, ma anche all’età del defunto e all’età del congiunto superstite.

Tali criteri erano stati sconvolti solo dalle Tabelle del danno da morte del tribunale di Milano.

L’Avvocato Gianluca Sposato si è battuto per tutelare i diritti dei familiari  delle vittime della strada, anche in seno al Gruppo “Danno alla Persona” dell’Osservatorio sulla Giustizia Civile, di cui fa parte.

In particolare chiedendo di rivedere il divario della forbice prevista per gli importi da liquidare ai fratelli per l’uccisione di un fratello.

Ciò tenendo conto delle Tabelle del danno da morte del tribunale di Roma e dei criteri da applicare per determinare gli importi da liquidare a ciascun erede per la morte di un proprio familiare.

Tenuto conto che gli aventi  diritto sono sempre il coniuge, il figlio, i genitori, i fratelli, i nonni ed i nipoti  e della diversa intensità del legame affettivo.

Infatti, non può non tenersi conto di quanto affermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 26301 del 2021, che ha voluto sottolineare un principio cui  non  si può derogare.

“Il vero danno nella perdita del rapporto parentale, è la sofferenza non la relazione. E’ il dolore, non la vita che cambia, se la vita è destinata, si, a cambiare, ma, in qualche modo, sopravvivendo a se stessi nel mondo”.

Come valutare la prova della sofferenza nel danno da morte?

Si tratta di una pronuncia che non lascia dubbi e richiama il principio delle presunzioni legali nell’ambito della prova dello sconvolgimento della vita a causa di un fatto illecito per la morte di un proprio familiare.

Chiarisce anche come la sofferenza per la perdita del rapporto parentale deve essere provata e valutata dal giudice per avere diritto al risarcimento del danno ed in quale misura.

La sofferenza morale allegata e poi provata, anche a mezzo di presunzioni semplici, costituisce l’aspetto più significativo del danno.

Esiste, infatti, una radicale differenza tra il danno per la perdita del rapporto parentale e quello per la sua compromissione dovuta a macro lesione del congiunto rimasto in vita in cui è la vita di relazione a subire profonde modificazioni in peggio.

Danno da morte e sconvolgimento della vita

L’art. 32 della Costituzione stabilisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività e la legge non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Viene da chiedersi se costringere un genitore, che ha perso un figlio trasportato in auto in un incidente stradale, a fornire prova del suo dolore non rappresenti una violazione del rispetto della persona, della privacy, una intrusione sgradita nel suo lutto familiare.

Vi è da chiedersi se questo gioco perverso che calpesta i diritti del  danneggiato, possa portare nel circo delle aule di giustizia ad indagini ed accertamenti peritali pericolosi ed inutili ai fini dell’equità e garanzia dei diritti.

Ciò tenuto conto che la legge deve garantire uguaglianza e non disparità.

Il principio secondo cui il danno per la perdita di un familiare non è “in re ipsa“ si appalesa in netto contrasto e violazione della norma costituzionale richiamata.

La perdita di un familiare rappresenta il più grande sconvolgimento che possa abbattersi nella vita di un essere umano, ponendo spesso fine alla voglia di vivere, una mancanza ed un dolore non sanabile nel tempo.

Una situazione che non si augura a nessuno, solo chi ha vissuto un lutto familiare può comprendere come la salute risenta del vuoto incolmabile provocato dalla mancanza di un proprio caro.

Come ciò incida negativamente sulla qualità della propria esistenza, venendo meno la voglia di vivere e divenendo la vita un dolore continuo e costante.

Danno morale per uccisione di un familiare

Per tale ragione il nostro legislatore ha previsto il risarcimento di un danno  morale per determinate categorie di congiunti a seguito del decesso di un familiare (finanche i nonni, i cugini e gli zii per il tribunale di Roma 2019) cagionato da fatto illecito.

Non rappresentando l’assenza di convivenza, nel mondo in cui viviamo e con le tecnologie a disposizione, un ostacolo alla pienezza del rapporto affettivo tra consanguinei.

Tant’è vero che il giudice può ridurre (può, non deve) l’importo  riconosciuto a titolo di danno da perdita parentale fino alla metà.

Negare che l’uccisione di un proprio familiare costituisca violazione dei diritti, e dunque, dei danni, perlomeno non patrimoniali, dei congiunti superstiti è  nozione contraria ai principi basilari del sentire sociale e del diritto.

La legge è chiamata a tutelare tali beni supremi: la salute, la piena dignità sociale e l’uguaglianza sostanziale dell’individuo di  fronte alla legge.

Così come non riconoscere che il dolore possa essere provato e manifestato in maniera differente e soggetto a valutazione equitativa da parte di organi giudicanti differenti e con propri distinti convincimenti.

D’altronde il caos generato sui danni non patrimoniali da uccisione di un  congiunto, con l’elaborazione della teoria del “danno  conseguenza” a scapito del  “danno  evento” non  tengono conto dell’unica considerazione meritevole di tutela.

Ovvero che la vita e la salute sono beni preziosi ed irrinunciabili, costituzionalmente protetti e garantiti.

E che l’evento e la conseguenza si identificano nel danno stesso, non potendo avere distinta collocazione quali espressioni racchiuse nel dettame dell’articolo 2058 del nostro codice civile.

Negare che l’uccisione di un figlio non abbia ripercussioni nella vita e sulla salute dei genitori, che la morte di un fratello non sconvolga l’esistenza dei familiari superstiti è principio che contravviene al sentire sociale.

In contrasto con quelle nozioni comuni proprie di uno Stato che voglia definirsi garantista e di diritto.

Avvocato Gianluca Sposato Gruppo “Danno alla Persona” dell’ Osservatorio Sulla Giustizia Civile – pubblicazione riservata sulla rivista di diritto “Temi Romana”.