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Pubblicato su Il Messaggero il 3 marzo 2013 dall’Avvocato Gianluca Sposato, esperto in diritto immobiliare. Tutti i diritti riservati
L’art. 2910 del codice civile, richiamando l’art. 602 del codice di procedura civile, stabilisce che il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può fare espropriare oltre ad i beni del debitore anche, in particolari ipotesi, quelli di un terzo.
Ciò in ossequio del principio per cui l’esecuzione forzata di un diritto è nel contempo mezzo e risultato – spiega l’Avv. Gianluca Sposato, Presidente dell’Associazione custodi giudiziari.
Ricorrono tali fattispecie quando:
Corrispondono al primo caso l’ipotesi del terzo acquirente di immobili ipotecati.
Ciò si verifica quando il debitore, dopo aver concesso ipoteca su un proprio bene a garanzia di un suo debito, aliena ad un terzo la nuda, o piena proprietà, ovvero l’enfiteusi, o la superficie del medesimo bene.
Restano espressamente escluse le altre ipotesi di costituzione di diversi diritti reali limitati.
Esempio tipico è quello del venditore che alla stipula dell’atto di compravendita immobiliare si obbliga, entro un termine, a far liberare l’immobile dalla formalità pregiudizievole relativa al mutuo contratto a sua esclusiva cura e spese.
Senza poi rispettare tale impegno, vedendosi così travolto il terzo acquirente “per contanti”, per l’originario debito altrui.
Diversa è l’ipotesi del terzo proprietario che concede volontariamente garanzia, a favore del creditore del debitore, mediante diritto d’ipoteca su un proprio bene.
In entrambi i casi si verifica una scissione tra debito e responsabilità.
Limitatamente ai beni individuati nel patrimonio del terzo, non potendosi applicare il principio generico sancito dall’art. 2740 del codice civile.
Poiché la figura del terzo soggetto all’espropriazione per debito altrui esula da quella del fideiussore che, avendo invece prestato garanzia personale, risponde, anche se in via accessoria, con tutto il suo patrimonio.
Il secondo caso previsto dall’articolo in commento ricorre, invece, quando è stata esperita vittoriosamente l’azione revocatoria, o pauliana, da parte dei creditori contro il terzo proprietario.
La giustificazione dell’estensione della responsabilità patrimoniale su beni già usciti dal patrimonio del debitore si deve ravvisare nella necessità di tutelare i creditori da comportamenti viziati da dolo, diretti a sottrarre la garanzia del credito.
A riguardo, è opportuno precisare che, in termini di nullità o annullabilità degli atti cui si riferisce, l’azione revocatoria non incide sulla loro validità, ma soltanto sull’efficacia dell’atto di disposizione.
Il suo accoglimento, infatti, produce una inefficacia relativa dell’atto pregiudizievole delle ragioni del creditore.
Con conseguente possibilità di assoggettare ad espropriazione i beni del debitore, anche se entrati a far parte del patrimonio di un terzo avente causa.
Il terzo proprietario assoggettato ad espropriazione forzata, essendo direttamente interessato al regolare svolgimento del processo esecutivo, acquisisce diritto di difesa.
Il principio è stabilito dalla Suprema Corte con sentenza n. 4923 del 2000,
Il terzo che subisce l’esproprio, anche nel caso della comproprietà, è legittimato all’opposizione agli atti esecutivi ed anche all’opposizione all’esecuzione.
Ciò, al fine di non restare pregiudicato dal compimento di atti non conformi alla legge, diversamente dal promissario acquirente di bene immobile gravato da ipoteca per debito altrui.
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Gianluca Sposato è un avvocato patrimonialista e giurista dell’ISLE – Istituto per la Documentazione gli Studi Legislativi, specializzato in diritto civile, rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati.
Presidente dell’esame di Stato per Avvocato a Roma, eletto da Top Legal migliore Avvocato nel diritto delle assicurazioni, è Presidente dell’Associazione Difesa Infortunati Stradali e membro del Board di Forbes Advisor nei settori del diritto immobiliare, eredità e risarcimento del danno.