Il danno esistenziale è il danno arrecato all’esistenza, quel danno che si traduce in un peggioramento della qualità della vita, pur non essendo inquadrabile nel danno alla salute. Viene, pertanto, interpretato un tertium genus all’interno della responsabilità civile, quale insieme ben distinto sia dal tronco del danno patrimoniale, sia da quello del danno morale: una realtà incentrata sul “fare non reddituale” della persona tale da sconvolgere le sue abitudini di vita, incidendo nella normale estrinsecazione della sua personalità.
Su questa posta di danno, ovvero su tale ulteriore richiesta di liquidazione del danno la giurisprudenza si è mossa molto timidamente e dopo le sentenze gemelle di San Martino, che hanno enunciato il principio per cui il danno deve essere risarcito nella sua interezza, ma senza duplicazioni risarcitorie, è assai raro che i giudici tendano a liquidarlo, se non in presenza di prove inconfutabili e rigorose.
Circa la relativa quantificazione vale, in linea di massima il discorso relativo al danno morale, rientrando la relativa quantificazione nella ormai comune personalizzazione del danno operata dai giudici la cui forbice è molto ristretta, con liquidazione di importi spesso, purtroppo, irrisori rispetto alla gravità dei danni subiti se non assistiti da un avvocato specializzato.