Via flaminia 466

00191 Roma

+39 06 321 7639

Per appuntamenti

Lun - Ven : 9:00 - 18:30

Disponibilità per appuntamenti

Danno morale

Indice

Cos’è il danno morale?

Il danno morale è definito dalla giurisprudenza come “l’ingiusto turbamento dello stato d’animo del danneggiato, o anche nel patema d’animo, o stato d’angoscia transeunte generato dall’illecito” (Cass. n. 10393/2002).

Non tutti i soggetti danneggiati possono chiedere il risarcimento del danno morale, essendo sottoposto a limiti molto stringenti e difficilmente i giudici lo concedono a priori, senza cioè la prova di un pregiudizio serio che si è subito.

In altri termini i danni morali scattano solo quando l’illecito è particolarmente grave e compromette dei diritti fondamentali della persona, ovvero se c’è prova del danno e se la lesione riguarda un diritto costituzionale, o un bene fondamentale della persona.

Come provare il danno morale?

Il danno morale oggi, per giurisprudenza costante, viene largamente inteso come la sofferenza interiore dell’individuo, il dolore provato a causa di un fatto illecito  subìto. 

Si pensi al caso dell’incidente stradale a pedone che abbia riportato delle lesioni fisiche gravissime con ricovero ospedaliero ed interventi chirurgici a seguito dell’incidente stradale con la perdita funzionale dell’uso delle gambe, per cui sia rimasto in sedia a rotelle.

In casi di particolare gravità ed evidenza si potrà ricorrere anche alle presunzioni legali per provare l’esistenza del danno morale e richiedere la liquidazione di tale posta di danno che secondo  la giurisprudenza più  recente ha una sua propria autonomia.

Quando viene risarcito il danno morale?

Nella categoria più  ampia del danno biologico, inteso quale menomazione fisio-psichica della persona, sono ricomprese anche le degenerazioni psichiche del danno morale soggettivo (cd. danno biologico cd. dinamico).

Il danno morale viene risarcito in tutti i casi in cui vi sia la lesione di un interesse costituzionalmente garantito, come nel caso del diritto alla salute, o violazione di un  diritto fondamentale dell’essere umano.

Il danno morale subiettivo puro, inteso come sofferenza psichica in sé per sé considerata, non degenerata in patologia, a prescindere dalla sua durata può continuare ad essere liquidato in una frazione percentuale del danno biologico, senza alcun automatismo, considerate le particolarità del caso concreto effettuando la necessaria “personalizzazione” del danno, apportando gli eventuali  correttivi in aumento, o in diminuzione ( Cass. Civ. n. 15001/2004 ).

In che misura viene risarcito il danno morale?

Ai fini della liquidazione di tale posta di danno si deve essere in presenza di un fatto illecito subito e della violazione di un diritto costituzionalmente garantito, come per esempio il diritto alla salute tutelato dall’art.  32 della Costituzione, per cui la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto  dell’individuo.

Il danno morale viene risarcito in via equitativa dal giudice nel senso che è  rimesso al suo prudente apprezzamento in relazione alla situazione concreta.

Naturalmente il giudice potrà fare ricorso anche a presunzioni legali per il relativo riconoscimento ed attribuzione del danno morale, atteso che risulta di particolare difficoltà, oltre che evidenzia limiti di incostituzionalità, la prova dei propri sentimenti o del dolore subito (a riguardo si  rimanda al paragrafo inerente il danno da perdita parentale e catastrofale).

Una volta provato tale turbamento dello stato d’animo a mezzo indagini medico legali, o anche attraverso la prova testimoniale, la relativa liquidazione avviene a discrezionalità del giudice sulla base di parametri  equitativi in rapporto  all’entità del danno biologico riscontrato.

Danno morale per la morte di un congiunto

Il danno morale per la morte di un congiunto è il danno non patrimoniale “iure proprio” direttamente patito dai familiari, che si distingue dal danno “iure hereditario”, patito direttamente dal soggetto deceduto dopo una lucida agonia.

Il  risarcimento del danno non patrimoniale per l’uccisione di un congiunto consiste nella definitiva perdita del rapporto parentale pregiudizio di tipo morale, per la sofferenza a causa della morte di un familiare per fatto illecito che sconfina nell’area del danno esistenziale.

Il danno per la perdita di un congiunto si colloca nell’area dell’art. 2059 del codice civile che stabilisce che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo  nei casi stabiliti dalla legge.

La norma, pertanto, non apre la via ad un risarcimento di natura economica laddove la lesione, ovvero il danno, derivi da violazione dell’ art. 2043 del codice civile  perché gli interesse fatti valere sono quelli, costituzionalmente protetti, all’intangibilità della sfera degli affetti, alla reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia ed alla libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona ( artt. 2, 29 e 30 Cost.).