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Danno morale

Indice

Cos’è il danno morale?

Il danno morale è definito dalla giurisprudenza come “l’ingiusto turbamento dello stato d’animo del danneggiato, o anche nel patema d’animo, o stato d’angoscia transeunte generato dall’illecito” (Cass. n. 10393/2002).

Non tutti i soggetti danneggiati possono chiedere il risarcimento danni morali, essendo sottoposto a limiti molto stringenti quali la prova della sofferenza.

Infatti difficilmente i giudici lo concedono a priori, senza cioè la prova di un pregiudizio serio che si è subito, a meno che non si tratti di lesioni gravi o gravissime.

In altri termini i danni morali scattano solo quando l’illecito è particolarmente grave e compromette dei diritti fondamentali della persona che sono  costituzionalmente garantiti.

Il risarcimento dei danni morali avviene se c’è prova del danno e se la lesione riguarda un diritto costituzionale, o un bene fondamentale della persona come  la salute, la riservatezza, la reputazione.

Come provare il danno morale?

Il pregiudizio di tipo morale oggi, per giurisprudenza costante, viene largamente inteso come la sofferenza interiore dell’individuo, il dolore provato a causa di un fatto illecito subìto. 

Si pensi al caso dell’incidente stradale a pedone che abbia riportato delle lesioni fisiche gravissime con la perdita funzionale dell’uso delle gambe, per cui sia rimasto in sedia a rotelle, o agli incidenti sul lavoro.

In casi di particolare gravità ed evidenza è possibile ricorrere alle presunzioni legali per attestare l’esistenza dei danni morali, ovvero della sofferenza patita per il fatto illecito.

Per avere diritto al risarcimento dei danni morali, che secondo la giurisprudenza più recente ha una sua propria autonomia, è opportuno sempre documentare i patemi subiti.

Quando viene risarcito il danno morale?

Il danno morale viene risarcito in presenza di dolore e sofferenza causati al danneggiato da un fatto illecito.

Nella categoria più ampia del danno biologico, inteso quale menomazione dell’integrità  fisio-psichica della persona, sono ricomprese anche le degenerazioni psichiche.

Tali degenerazioni, ravvisabili non solo nell’umore depresso ma in una alterazione mentale che genera dolore rientrano nel danno morale soggettivo, o danno biologico dinamico).

Il pregiudizio di tipo morale spetta in tutti i casi in cui vi sia la lesione di un interesse costituzionalmente garantito, come nel caso del diritto alla salute, o violazione di un diritto fondamentale dell’essere umano.

Il danno morale subiettivo puro viene inteso come sofferenza psichica in sé per sé considerata, che non degenerata in patologia, a prescindere dalla sua durata.

Il calcolo del danno morale avviene in misura percentuale sul danno biologico.

La liquidazione avviene senza alcun automatismo.

Occorre considerare le particolarità del caso concreto, effettuando la necessaria “personalizzazione del danno”, apportando gli eventuali correttivi in aumento, o in diminuzione ( Cass. Civ. n. 15001/2004 ).

In che misura viene risarcito il danno morale?

L’articolo 138 del Codice delle Assicurazioni stabilisce al fine di considerare la componente del danno morale da lesione all’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico.

Il danno morale viene risarcito in una frazione percentuale sull’invalidità permanente accertata in misura variabile da un quarto fino alla metà del danno biologico e, in casi particolarmente gravi, anche oltre.

Ai fini della liquidazione di tale pregiudizio si deve essere in presenza di un fatto illecito e della violazione di un diritto costituzionalmente garantito.

Come per esempio il diritto alla salute, riconosciuto dall’art. 32 della Costituzione, che la Repubblica tutela come fondamentale diritto dell’individuo.

Il pregiudizio di tipo morale viene risarcito in via equitativa dal giudice, nel senso che è rimesso al suo prudente apprezzamento in relazione alla situazione concreta.

Naturalmente il giudice potrà fare ricorso anche a presunzioni legali per il relativo riconoscimento ed risarcimento dei danni morali.

Atteso che risulta di particolare difficoltà, oltre che evidenzia limiti di incostituzionalità, la prova dei propri sentimenti o del dolore subito per l’uccisione di un familiare.

A riguardo si rimanda al paragrafo inerente il risarcimento agli eredi per il danno da morte e al danno tanatologico.

Una volta provato tale turbamento dello stato d’animo a mezzo indagini medico legali, supportati dalla prova testimoniale, la liquidazione avviene a discrezionalità del giudice sulla base di parametri equitativi in rapporto all’entità del danno biologico riscontrato.

Danno morale per la morte di un congiunto

Il danno per la morte di un congiunto è il danno non patrimoniale “iure proprio” direttamente patito dai familiari per l’uccisione del proprio caro.

Si distingue dal danno “iure hereditario”, patito direttamente dal soggetto deceduto dopo una lucida agonia.

Il risarcimento del danno non patrimoniale per l’uccisione di un congiunto consiste nella definitiva perdita del rapporto parentale.

Tale danno costituisce un pregiudizio di tipo morale, riscontrabile nella sofferenza a causa della morte di un familiare per fatto illecito che sconfina nell’area del danno esistenziale.

Il danno per la perdita di un congiunto si colloca nell’area dell’art. 2059 del codice civile, prevedendo che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi stabiliti dalla legge.

La norma, pertanto, non apre la via ad un risarcimento di natura economica laddove la lesione, ovvero il danno, derivi da violazione dell’ art. 2043 del codice civile.

Ciò perché gli interesse fatti valere sono quelli, costituzionalmente protetti, all’intangibilità della sfera degli affetti, alla reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia ed alla libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona ( artt. 2, 29 e 30 Cost.).