Si parla di eredità giacente quando l’erede, pur essendo nella possibilità di accettare l’eredità, in quanto chiamato ad accettarla, non compie alcun atto dispositivo sul patrimonio del de cuius, lasciando l’eredità in uno stato, per l’appunto, di giacenza.
In altre parole, l’eredità rimane in una situazione di incertezza fin quando questa non venga accettata, ovvero non si compiano, per il tramite della nomina di un curatore nominato dal Tribunale, una serie di atti volti a chiudere tale procedimento con l’attribuzione dell’eredità.
L’eredità giacente si chiude quando qualcuno degli eredi accetta l’eredità, ovvero quando il curatore nominato con provvedimento del Tribunale, ai sensi dell’articolo 528 del Codice civile, termina la sua attività.
In ogni caso, comunque, l’eredità giacente si chiude una volta decorsi 10 anni dall’apertura della successione, con devoluzione dell’eredità allo Stato.
Quando il chiamato, che non si trovi nel possesso di beni ereditari non ha accettato l’eredità – anche con semplici manifestazioni e atti dispositivi che possano essere interpretati in tal senso, come, per esempio, un prelievo al bancomat – il tribunale, su istanza delle persone interessate, o d’ufficio, nomina un curatore, il cui decreto è pubblicato per iscritto nel registro delle successioni.
La finalità che il legislatore intende perseguire con l’istituto dell’eredità giacente è quella di garantire l’integrità e la conservazione del patrimonio ereditario durante tutto l’arco temporale che intercorre dalla morte del de cuius fino all’accettazione da parte dell’erede.
Il curatore dell’eredità giacente deve, prima di tutto, procedere all’inventario dei beni che rientrano nell’asse ereditario, con ricognizione sia delle poste attive che di quelle passive, tenuto conto anche delle imposte da pagare.
Per quanto concerne i patrimoni immobiliari occorre tenere presente, infatti, che l’IMU si versa a far data dalla morte del de cuius e che tale onere incombe sul curatore, con tutte le responsabilità del caso, in ipotesi di non adempimento, o adempimento parziale.
In secondo luogo il curatore deve amministrare il patrimonio ereditario e rendicontare la sua attività al giudice, aprendo un apposito conto dedicato alla procedura dove versare frutti e proventi dell’eredità, anche per vendita di beni mobili, o immobili autorizzati, adempiere al versamento di imposte ed ogni altra attività necessaria per una corretta gestione, il tutto sempre previa autorizzazione del giudice.
Tra gli effetti della nomina del curatore dell’eredità giacente è importante rammentare quanto dispone l’articolo 2830 del codice civile, che prevede l’impossibilità di iscrivere ipoteche giudiziali sui beni ereditari; oltre all’impossibilità in ipotesi di liquidazione dell’eredità ai sensi degli articoli 498 e seguenti del codice civile di promuovere procedure esecutive sui beni dell’eredità ad istanza dei creditori.
Quando la procedura per la nomina del curatore dell’eredità giacente viene attivata a richiesta di parte, tutte le spese, ivi compreso il compenso del Curatore, sono a carico della parte richiedente.
Tale compenso viene regolato in base al DM 55/14 e normalmente prevede un onorario per l’attività svolta in proporzione percentuale del valore della pratica in misura compresa tra lo 0,50 e il 3%. Se l’eredità giacente è incapiente e senza eredi, il compenso del curatore è a carico dello Stato.
Se vuoi approfondire ulteriormente aspetti dell’eredità giacente riportiamo lo studio della Commissione Ausiliari di Giustizia dell’Ordine dei Commercialisti
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