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Sospensione concordata

L’articolo  624 bis del  codice di procedura civile prevede  che il Giudice dell’esecuzione, su istanza di  tutti i creditori muniti  di  titolo  esecutivo  possa,  sentito il  debitore,  sospendere il processo fino a ventiquattro mesi.  La norma presuppone l’accordo di  tutte le parti  costituite, ad esclusione del  contumace e dell’interveniente adesivo  semplice.

L’accordo non è,  tuttavia, sufficiente  dal momento  che rientra nella discrezionalità dell’autorità  giudiziaria, insindacabile in sede di giudizio di legittimità,  la convenienza della sospensione.  L’articolo  in  esame stabilisce che l’istanza possa  essere proposta fino  a venti  giorni prima della scadenza del termine per il  deposito  delle offerte di  acquisto, o, nel caso in  cui la vendita senza incanto non  abbia luogo fino  a quindici  giorni prima dell’incanto.

Sull’istanza il Giudice deve provvedere nei  dieci  giorni  successivi  al  deposito e,  se l’accoglie,  disporre che nei  cinque giorni  successivi  il provvedimento  di  sospensione sia comunicato  al Custode affinché provveda alla sua pubblicazione  sul sito internet ove è  pubblicata la relazione  di  stima.  La sospensione può  essere  disposta per una sola volta e l’ordinanza è  revocabile in  qualsiasi  momento,  anche su  richiesta di  un solo creditore, sentito il debitore.

Circa il significato della sospensione concordata nel  sistema di  tutela esecutiva occorre precisare che,  prima che la norma in  esame introducesse tale innovazione, la dottrina era divisa sulla  sua ammissibilità. Parte di  essa riteneva applicabile  l’articolo  296 del  codice di procedura civile  che  disciplina la sospensione su istanza delle parti nel processo  di  cognizione,  richiamando quella giurisprudenza che  escludeva  che in fase di vendita si potesse configurare un differimento delle attività  esecutive su  richiesta di uno o più  creditori al  fine di  evitare il  ricorso incondizionato  al  rinvio d’udienza e facendo  prevalere,  giunti  alla fase diretta della trasformazione del bene in denaro,  le esigenze di ordine pubblico a che si procedesse più rapidamente possibile alla vendita del bene pignorato e alla successiva distribuzione del  ricavato.

A riguardo  la Suprema Corte  con  la  Sentenza numero 13354 del  2004  ha affermato  che la mancata presenza, in sede di incanto, del creditore procedente e dei creditori muniti di titolo esecutivo non comporta l’applicazione dell’articolo 631 del codice di procedura civile  e, dunque, il rinvio dell’udienza da parte del Giudice dell’esecuzione, né deve pervenirsi a diversa conclusione ove i creditori procedenti abbiano presentato istanza di rinvio dell’incanto, non sussistendo alcun obbligo  di concedere tale rinvio. Trattasi di decisione rimessa al potere discrezionale del Giudice, sia quanto a presupposti, sia quanto a determinazione della durata, fermo restando l’obbligo di motivazione di un eventuale provvedimento di rigetto.

Alla sospensione consegue, poi,  l’impossibilità di compimento di atti esecutivi, ai sensi dell’articolo 626 del  codice di procedura civile, salvo diversa disposizione del Giudice dell’esecuzione, il quale  conserva medio tempore la propria giurisdizione, entrando il procedimento in uno stato di provvisoria quiescenza destinata a sfociare nella prosecuzione o nell’estinzione.  Fermo il divieto di compiere atti esecutivi in senso stretto, potranno essere disposti dal Giudice atti conservativi, ordinatori o di carattere amministrativo.

(Riproduzione vietata tutti i  diritti  riservati  Sposatolaw – pubblicato  su  Messaggero )