L’opposizione all’esecuzione immobiliare
L’opposizione alla esecuzione rappresenta una parentesi di cognizione nella fase dell’esecuzione e mira a fornire al debitore uno strumento per potersi opporre, in via preventiva al precetto, oppure in via successiva al pignoramento e al diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata – spiega l’Avv. Gianluca Sposato, Presidente dell’Associazione custodi giudiziari.
La riforma introdotta dalla L. n. 80/2005 come poi modificata dalla successiva Legge n. 263/05 ed entrata in vigore dal 1/3/2006, ha apportato in tema di opposizione all’esecuzione un’importante innovazione prevedendo all’art. 615 del codice di procedura civile, che ne disciplina la forma, la possibilità per il giudice dell’esecuzione di sospendere l’efficacia esecutiva del titolo.
Trattasi di un provvedimento equiparato a quello cautelare, che può essere sempre revocato o modificato da parte del giudice che lo ha emesso e che ha efficacia generale, nel senso che preclude la possibilità di continuare ad agire sulla base del medesimo titolo.
Circa, poi, la sua reclamabilità si è molto dibattuto in dottrina esprimendosi parte di essa in maniera contraria, mentre altri sostengono la sua percorribilità anche in via interpretativa, tenuto conto che nella riformulazione dell’art. 624 del codice di procedura civile, che disciplina le modalità di sospensione per l’opposizione alla esecuzione, non è fatto riferimento concreto all’art. 615 dello stesso codice di rito.
I gravi motivi cui fa riferimento l’articolo in questione, sono quelli del fumus bonis iuris e del periculum in mora e si ricollegano alla fondatezza della domanda, essendo a questa naturalmente intrinsechi, prosegue l’Avv. Sposato.
Il debitore chiede, in sostanza, che sia fatta certezza sull’esistenza o meno del diritto processuale di agire con l’esecuzione forzata.
I motivi addotti a fondamento possono essere di merito qualora si contesti l’esistenza del diritto sostanziale fatto valere dal creditore, per esempio per intervenuta transazione, adempimento e prescrizione; di rito, allorché si contesti la qualità di titolo esecutivo, atto o documento sulla cui base si vuole agire o si sta agendo, per esempio allorchè il creditore non vanti una sentenza di condanna ma di mero accertamento; possono, infine, riguardare la contestazione della legittimazione attiva o passiva, per esempio qualora non vi sia stata accettazione di eredità da parte dell’intimato ad adempiere.
Quando l’opposizione alla esecuzione avviene in via preventiva al precetto viene esperita con atto di citazione ex art. 163 c.p.c. al giudice competente che con ordinanza può sospendere l’efficacia esecutiva del titolo, altrimenti, si propone con ricorso.
Il giudice dell’esecuzione fisserà con decreto una udienza camerale, come previsto dall’ art. 185 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, in cui si dovrà rispettare il contraddittorio tra le parti.
La sentenza con cui si conclude l’opposizione non è impugnabile, se non con ricorso per Cassazione – conclude l’Avv. Gianluca Sposato.
Pubblicato su Il Messaggero il 17 maggio 2009