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Assicurazione auto e incidente stradale

Assicurazione auto e incidente stradale

Agenzia Parlamentare 16 giugno  2025

Assicurazione auto: come funziona la sospensione automatica della polizza e quali sono i limiti temporali? Intervista all’Avv. Gianluca Sposato

L’obbligo assicurativo e i riferimenti normativi

In Italia, l’assicurazione per la responsabilità civile  per i danni da circolazione da circolazione stradale è obbligatoria ai sensi dell’art. 122 del Codice delle Assicurazioni Private (D. Lgs. 209/2005) e dell’art. 193 del Codice della Strada.

A tal riguardo è bene ricordare che i veicoli non in circolazione, parcheggiati su suolo pubblico devono essere coperti da polizza assicurativa per la responsabilità civile automobilistica.

L’obbligo esiste per tutelare i terzi danneggiati, come nel caso del passeggero trasportato, del  pedone investito, o di incidente stradale al ciclista.

In caso di incidente stradale con lesioni, il danneggiato ha sempre diritto a un risarcimento del danno, anche quando sorgono problematiche relative alla validità della copertura assicurativa.

Incidente stradale durante sospensione della polizza assicurativa

Se l’incidente avviene mentre la polizza è sospesa, per mancato pagamento del premio, trascorsi i 15 giorni di tolleranza in cui permane la copertura assicurativa (art. 1901 c.c.), la compagnia non è tenuta al risarcimento del danno.

In tal caso, il proprietario del veicolo risponde personalmente dei danni, anche in caso di lesioni gravi, o di incidente stradale mortale, solidalmente con il Fondo di Garanzia delle Vittime della Strada, gestito  dalla Consap SpA.

Sul punto si rammenta la pronuncia della Cassazione Civile, Sez. III, sentenza n. 10414/2021: “in assenza di copertura assicurativa, l’autore dell’incidente è obbligato in solido con il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, che potrà successivamente esercitare l’azione di rivalsa”.

Incidente con veicolo rubato: quando interviene il Fondo di Garanzia?

In caso di veicolo rubato, se il mezzo causa un sinistro stradale con danni a persone o cose, la vittima può agire contro il Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, previsto dall’art. 283 del Codice delle Assicurazioni Private.

Il Fondo interviene nei casi in cui il responsabile sia ignoto, o non assicurato,  a meno che il furto non sia stato denunciato e l’incidente sia sia verificato entro le 24 ore dal furto stesso.

Infatti, in questi casi, la copertura assicurativa del mezzo rubato permane nelle 24 ore dal  furto; tuttavia se la denuncia di furto è  successiva alle 24 ore dall’incidente la copertura assicurativa cessa.

In base all’art. 292 del Codice delle Assicurazioni, poi, il Fondo può rivalersi sul proprietario del veicolo, se vi è stata colpa nella custodia del mezzo.

È, quindi, fondamentale denunciare tempestivamente il furto e adottare ogni misura idonea a prevenirlo.

Guida non autorizzata e responsabilità assicurativa

La polizza RCA copre generalmente chiunque guidi il veicolo con il consenso del proprietario.

Tuttavia, se il conducente non è abilitato alla guida, ha la patente sospesa o revocata, o se agisce contro la volontà del proprietario, la compagnia, oltre ad eccepire la mancanza di copertura assicurativa, può rivalersi su di lui.

Lo ha chiarito la Cassazione con sentenza n. 15383/2019, stabilendo che: “l’assicuratore ha diritto di regresso nei confronti dell’assicurato se la circolazione è avvenuta contro la sua volontà e al di fuori delle condizioni contrattuali”.

Quando rivolgersi a un avvocato esperto in lesioni da incidente stradale?

Quando ci sono lesioni fisiche gravi derivanti da incidente stradale, o si  è verificato un omicidio stradale, è essenziale l’intervento di un avvocato specializzato, capace sin da subito di gestire i rapporti con le Autorità,  le assicurazioni, periti e medici legali.

Principalmente per tutelare i propri diritti ed per ottenere giustizia, oltre che per il per il risarcimento del danno danno biologico, danno morale e danno esistenziale, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Anche in casi critici, come furto del veicolo o guida non autorizzata, la legge garantisce una tutela risarcitoria alle vittime della strada.

Tuttavia, per far valere i propri diritti e ottenere il massimo risarcimento possibile, è cruciale agire con tempestività e con l’assistenza di un Avvocato specializzato in incidenti stradali.

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Danno differenziale

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Cos’ è il danno differenziale?

Il danno differenziale, è una modalità di calcolo del danno biologico che tiene conto della preesistenza di menomazioni, o patologie, in un individuo prima di un evento lesivo. 

Si tratta di valutare il danno biologico permanente, non solo in termini di menomazione causata dal nuovo evento, ma anche in relazione alla perdita di capacità funzionali rispetto allo stato di salute preesistente.

Quando una persona, che è già affetta da una menomazione fisica, subisce un ulteriore danno alla salute, il risarcimento del danno non viene calcolato sommando semplicemente i due eventi.

In questi casi entra in gioco un concetto centrale nel diritto assicurativo e medico-legale: quello di danno differenziale.

Questa tipologia di danno non patrimoniale serve a stabilire quanto effettivamente peggiora la condizione di salute del danneggiato dopo il secondo evento lesivo per liquidare correttamente l’ulteriore risarcimento.

Infortuni sul lavoro, danno differenziale e Inail

Il danno differenziale, nell’ambito degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, è la differenza tra il risarcimento integrale cui il lavoratore ha diritto e quanto già corrisposto dall’INAIL a titolo di indennizzo.

In sostanza, è la parte residua del danno non coperta dall’intervento INAIL, che può essere richiesta al datore di lavoro, o a terzi civilmente responsabili.

L’INAIL, infatti,  garantisce una tutela indennitaria in particolare per quanto  attiene al danno patrimoniale, ma non risarcisce l’intero pregiudizio subito dal lavoratore.

Restano escluse, in tutto o in parte, alcune voci di danno come il danno biologico, il danno morale ed il danno  esistenziale.

Il danno differenziale corrisponde, dunque, a questa parte non indennizzata, che può essere oggetto di autonoma richiesta risarcitoria in sede civile.

Come si calcola il danno differenziale?

Immaginiamo una persona che, a seguito di un primo incidente stradale a piedi, abbia un’invalidità permanente del 30% accertata.

A distanza di anni subisce un altro sinistro stradale in motocicletta che porta la sua invalidità al 60%.

Il risarcimento per le lesioni stradali in questo caso non copre il 60% della menomazione totale, ma solo la differenza tra il nuovo stato e il precedente, cioè il 30% di aggravamento: questo è il danno differenziale.

Il calcolo si effettua attraverso un algoritmo a scalare: non si tratta di una semplice sottrazione percentuale, ma di una formula che tiene conto del residuo di integrità psicofisica.

In pratica, si valuta nell’ambito dell’accertamento delle lesioni fisiche quanto valore residuo aveva l’integrità della persona prima del nuovo evento, e quanto ne ha perso dopo.

Sul punto un chiarimento importante è stato fornito recentemente dalla Cassazione con la sentenza n. 11319 del 29 aprile 2025 che attribuisce maggiore libertà al giudice per un indennizzo equitativo.

Quando si parla di danno differenziale?

Il danno differenziale è rilevante in tutti i contesti assicurativi: incidenti stradali, infortuni sul lavoro, responsabilità medica, eventi traumatici di vario tipo scaturiti da reato.

È particolarmente importante nei soggetti già fragili o affetti da patologie, per i quali anche un piccolo aggravamento può avere gravi ricadute funzionali in termini di danno morale e di danno esistenziale.

La menomazione preesistente può essere concorrente, o coesistente col maggior danno causato dall’illecito.

Le menomazioni coesistenti sono di norma irrilevanti ai fini della liquidazione; le menomazioni concorrenti vanno di norma tenute in considerazione.

Per questo è importante sapere come calcolare il risarcimento del danno biologico per chi ha una menomazione fisica pregressa.

La Tabella di liquidazione del danno differenziale

Per liquidare il danno biologico, i giudici e le compagnie assicurative utilizzano delle Tabelle a punti che assegnano un valore economico a ogni punto percentuale di invalidità permanente, in base all’età del danneggiato.

Nel danno differenziale, il medico-legale individua la nuova percentuale complessiva e quella preesistente.

Stabilito il grado di invalidità permanente effettivo e quello presumibile se il sinistro non si fosse verificato, la liquidazione non può avvenire sottraendo il secondo dal primo,  ovvero applicando erroneamente il criterio del frazionamento della causalità materiale.

Il risarcimento del danno alla salute, infatti, avviene con modalità tali che il quantum debeatur cresce in modo più che proporzionale rispetto alla gravità dei postumi.

In altre parole: ad invalidità doppie corrispondono risarcimenti più che doppi.

L’Avvocato esperto per risarcimento incidenti stradali o il giudice applica l’algoritmo del danno differenziale e calcola l’importo spettante utilizzando le tabelle aggiornate.

Le Tabelle di calcolo del danno biologico ai fini della personalizzazione del danno tengono conto anche del dinamico-relazionale e della sofferenza soggettiva ove provati.

Danno pregresso: non è ammessa la duplicazione di poste risarcitorie

Il concetto di danno differenziale garantisce equità risarcitoria.

Una persona già portatrice di una disabilità non può ricevere un risarcimento come se fosse in perfette condizioni fisiche.

Ma, allo stesso tempo, ha diritto a essere risarcita per l’effettivo peggioramento subito.

Questo approccio consente di evitare sovrapposizioni e doppie liquidazioni, mantenendo il risarcimento aderente alla realtà clinica.

Nel caso di incidente con feriti per ottenere un risarcimento corretto, è essenziale una perizia medico-legale dettagliata.

Il medico legale deve accertare e valutare correttamente:

  • la situazione antecedente (invalidità preesistente)
  • la condizione post-evento
  • la percentuale di menomazione differenziale

Solo con una valutazione accurata si può applicare correttamente la formula del danno differenziale e arrivare a una liquidazione equa.

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Costituzione trust

Costituzione trust

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In questo articolo spiego quando e come si può ricorrere alla costituzione del trust nel diritto ereditario e l’applicazione dell’istituto nell’ambito della pianificazione patrimoniale familiare post mortem.

Il trust è utilizzato per pianificare e gestire il patrimonio ereditario in modo efficace proteggendo determinati soggetti deboli, o per perseguire scopi meritevoli di tutela giuridica.

Per chi intende garantire una successione senza conflitti e una gestione ottimale dei beni ereditari, il trust rappresenta la soluzione ideale.

Tuttavia, richiede una conoscenza approfondita delle norme del codice civile e del diritto successorio ed una valutazione attenta anche relativamente alle spese da sostenere.

Per ricevere consulenza giuridica in materia ereditaria è possibile effettuare la prenotazione con l’Avv. Gianluca Sposato nella pagina Assistenza Legale24h.

Costituzione del trust per tutelare il patrimoniale familiare

Il trust è un istituto giuridico con cui un soggetto (disponente) trasferisce i suoi beni a un altro soggetto (trustee) affinché li amministri nell’interesse di un beneficiario, o per uno scopo determinato.

In Italia, il trust non trova una regolamentazione interna specifica, ma è riconosciuto attraverso la Convenzione dell’Aia del 1° luglio 1985.

Nonostante i vantaggi economici, i limiti dell’istituto nel nostro diritto civile, si pongono sostanzialmente in relazione a:

  1. rispetto della legittima: il trust non può ledere i diritti dei legittimari, ossia quei parenti stretti che hanno diritto a una quota minima dell’eredità.
  2. controllo fiscale: le autorità italiane monitorano attentamente i trust per evitare utilizzi abusivi, come l’elusione fiscale.

La costituzione del trust è utile per gestire beni immobili di famiglia di particolare pregio, assicurando che la proprietà immobiliare venga mantenuta per generazioni future evitando compravendite immobiliari.

Trust ereditario e divieto dei patti successori

Un problema particolare si pone, poi, in ordine ai limiti di confine dell’istituto con il  divieto dei patti successori conosciuto nel nostro impianto successorio.

A riguardo la Cassazione, con sentenza n. 18831/2019,  ha chiarito la natura giuridica dell’istituto, inquadrando il trust nel diritto successorio come atto tra vivi.

In tal modo la costituzione del trust diventa lecita ed utilizzabile nel diritto ereditario, rimanendo giuridicamente distinto dagli atti mortis causa.

L’articolo 458 del codice civile, infatti, stabilisce che è nulla ogni convenzione con cui si dispone della propria successione.

E’, altresì, nullo ogni atto con il quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi.

La Cassazione, pur rammentando il divieto dei patti successori, ha chiarito che tale strumento resta valido per trasmettere il patrimonio del disponente ai beneficiari alla sua morte, trattandosi di atto inter vivos.

Quali sono le caratteristiche del trust familiare?

Le caratteristiche del trust familiare, sono da rinvenire nella separazione patrimoniale, flessibilità, durata dell’istituto e vantaggi fiscali sulle imposte di successione.  

La separazione patrimoniale consente di conseguire come effetto che i beni trasferiti al trust non appartengono più al disponente, né al trustee, ma diventano parte del patrimonio oggetto del trust.

In tal modo determinati beni vengono vincolati ad esclusivo interesse e vantaggio del beneficiario.

Ciò è possibile grazie e attraverso l’amministrazione del trustee, quale soggetto chiamato ad adempiere alle istruzioni impartite dal disponente.

La flessibilità nella costituzione del trust consente di rispondere a esigenze specifiche, come la tutela di minori e disabili, conseguendo anche dei benefici in termini fiscali.

Quanto alla durata, il trust può essere temporaneo, o perpetuo, a seconda di quanto stabilito dal disponente, revocabile per sopraggiunte condizioni, come la maggiore età, o irrevocabile e perpetuo.

Quando è utile ricorrere alla costituzione del trust nel diritto ereditario?

Il trust è un istituto giuridico anglosassone che, a seguito della Convenzione dell’Aia del 1985, trova applicazione anche nel nostro ordinamento giuridico.

Rappresenta una soluzione alternati, ma non esclusiva, a quella operata con la successione testamentaria, potendo convivere anche con il testamento.

Nel contesto della pianificazione patrimoniale familiare e con riguardo alle successioni ereditarie, il trust è utilizzato per ottimizzare la pianificazione patrimoniale, tutelando soggetti deboli.

Ricorrendo all’istituto è possibile pianificare la distribuzione dei propri beni dopo la morte, mirando ad una gestione patrimoniale ottimale, in casi specifici relativi a:

  • Protezione di eredi minori, disabili, o incapaci.
  • Creazione di rendita vitalizia per i beneficiari.
  • Garanzia che il patrimonio ereditario sia gestito rispettando la volontà del disponente.

Inoltre il trust consente di tutelare il proprio patrimonio da azioni legali da parte di creditori degli eredi.

In definitiva, dunque, per famiglie con patrimoni di particolare consistenza, il trust semplifica la gestione e distribuzione, evitando frammentazioni, o dispute ereditarie.

Trust testamentario e trust inter vivos

Il trust è una valida alternativa al testamento, sia esso testamento olografo,  o pubblico ed il suo utilizzo è frequente in ambito successorio.

Il trust testamentario viene utilizzato per garantire la solidità economica del coniuge superstite, o per provvedere ai figli e diventa operativo solo al decesso del disponente.

Il trust inter vivos, invece, acquista validità mentre il disponente è ancora in vita e consente di trasferire beni in modo graduale agli eredi, assicurandosi che vengano utilizzati correttamente.

Sia nell’uno che nell’altro caso la costituzione del trust è ideale per la tutela di soggetti deboli, disabili, o incapaci.

Garantendo loro risorse economiche attraverso una gestione oculata del patrimonio.

Vantaggi del trust nel diritto ereditario

L’utilizzo del trust in ambito successorio presenta dei vantaggi rispetto ad altre soluzioni tradizionali:

  • flessibilità: consente di adattare la distribuzione dei beni alle esigenze specifiche dei beneficiari.
  • protezione patrimoniale: i beni sono separati dal patrimonio personale degli eredi.
  • riservatezza: garantisce una gestione privata del patrimonio, evitando che le disposizioni testamentarie diventino pubbliche.
  • efficienza fiscale: in alcuni casi, il trust può ottimizzare il carico fiscale legato al trasferimento di beni.

In termini pratici i vantaggi e svantaggi del trust devono essere esaminati caso per caso e possono riassumersi nei seguenti punti:

  1. costi elevati: la costituzione e gestione di un trust, dati i tecnicismi e la complessità delle operazioni da svolgere, comporta sempre spese ragguardevoli.
  2. complessità legale: l’applicazione dell’istituto richiede l’assistenza di professionisti qualificati, non potendosi prescindere da una attenta analisi di tutti gli aspetti giuridici.
  3. abusi fiscali: in alcuni casi, il trust potrebbe configurare elusione fiscale,  aspetto da evitare per non incorrere in sanzioni ed abusi.

Quali beni possono essere trasferiti in un trust?

Il trust non necessariamente viene utilizzato per sostituire il testamento, ma può integrarlo, offrendo maggiore flessibilità e protezione per consistenti patrimoni ereditari.

Nel trust, infatti, possono rientrare tutti i beni: immobili, denaro, azioni, opere d’arte, e persino diritti contrattuali.

L’istituto è frequentemente utilizzato per tutelare un figlio minorenne, o disabile e garantirgli un futuro privo di preoccupazioni di carattere economico.

Ai genitori è consentito istituire un trust testamentario per garantire che il patrimonio venga amministrato a favore del figlio minorenne fino al raggiungimento della maggiore età, o di un figlio disabile in maniera perpetua.

Il trust può essere utilizzato anche per tutelare i propri discendenti da eredi con debiti senza necessità di accettazione di eredità con beneficio di inventario.

Ciò per evitare che i beni ereditari siano aggrediti dai creditori di un erede, mantenendo separati i beni che formano oggetto del trust dal patrimonio dell’erede indebitato.

E’ sempre consigliato rivolgersi ad un avvocato per eredità e successioni per garantire il rispetto e la validità di quanto regolamentato.

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Testamento senza data

Testamento senza data

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In questo articolo spiego, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità, in quali casi un testamento senza data può essere annullato.

Testamento senza data, quando è annullabile?

Un testamento olografo privo di data ha validità per la successione testamentaria, o deve comunque aprirsi la successione legittima?

La mancanza di tale elemento nel testamento olografo è un errore formale sanabile?

Ai sensi dell’art. 602 del codice civile la data è un elemento essenziale per la validità del testamento olografo, al pari della firma e scrittura autografa del testatore.

Nel diritto ereditario anche un dettaglio può compromettere la invalidità di una disposizione testamentaria.

Ciò quando pregiudica i diritti di altri eredi e, per tale ragione, il testamento privo di data è annullabile.

Testamento olografo: quali sono i requisiti per la sua validità?

Il testamento olografo è una delle forme testamentarie più semplici e accessibili.

È disciplinato dall’articolo 602 del codice civile, che stabilisce i tre requisiti essenziali:

  • la scrittura autografa
  • la firma
  • la data

Questi tre elementi devono essere presenti congiuntamente perché il testamento sia valido.

L’assenza dell’ indicazione del momento in  cui è stato redatto il testamento, dunque, non è un dettaglio trascurabile.

Tale violazione di legge rende il testamento annullabile e, qualora contestato, non idoneo a produrre  i suoi effetti.

L’importanza del momento temporale in cui è stato redatto il testamento

Perché la legge richiede la certezza del momento temporale in  cui è stato redatto il testamento?

La certezza del momento temporale serve a determinare la cronologia della volontà del testatore, soprattutto nel caso in cui:

  • esistano più testamenti e sia necessario individuare l’ultimo valido
  • vi siano dubbi sulla capacità di intendere e di volere del testatore in un dato momento
  • si sospetti che il testamento sia stato redatto sotto minaccia o pressione psicologica

La data consente di verificare che la volontà del testatore è stata espressa in un momento di piena lucidità mentale, e senza vizi del consenso.

Allora cosa accade se la certezza di tale momento temporale manca, oppure è illeggibile?

Quando la mancanza di data compromette l’autenticità, o comprensibilità della volontà testamentaria per la Cassazione si può procedere all’impugnazione del testamento.

Infatti, la Suprema Corte con sentenza n. 9466/2012 ha precisato che il testamento olografo privo di data non è invalido.

Purché quest’ultima non sia necessaria a risolvere in via presuntiva questioni che dipendono dal tempo di compimento dell’atto.

Annullabilità o nullità del testamento senza data?

La distinzione tra nullità e annullabilità del testamento privo di data è fondamentale in particolare nel casi di testamento con erede universale.

  • La nullità è assoluta e può essere rilevata d’ufficio.
  • L’annullabilità, invece, può essere fatta valere solo da chi ha interesse, entro determinati termini.

Secondo la giurisprudenza prevalente, la mancanza della data non comporta la nullità automatica del testamento olografo.

Piuttosto lo rende annullabile su richiesta dell’erede interessato, poiché  la data è determinante per l’efficacia dell’atto.

Giurisprudenza sul testamento senza data

La Cassazione ha affermato che la data è necessaria non in sé, ma per la sua funzione di chiarire la successione cronologica degli atti e la capacità del testatore (Cass. n. 3078 del 10 aprile 1997).

L’omissione dell’indicazione del momento temporale, infatti, rende il testamento annullabile soltanto qualora da essa derivi incertezza sul momento in cui è stata formata la volontà del testatore.

Il testamento privo  didata può anche essere valido, se non vi è contestazione tra più atti, o dubbi sulla capacità mentale del testatore (Cass. n. 487 del 25 aprile 2002).  

L’annullabilità è subordinata alla prova che, in concreto, la mancanza della data incide sulla validità della disposizione.

Cassazione n. 13455 del 3 giugno 2010: non ogni difetto di data invalida automaticamente il testamento, ma solo quello che incide sulla capacità, o sull’autenticità della dichiarazione.

In quali casi il testamento senza indicazione cronologica è annullabile?

Riassumendo quanto detto finora, il testamento senza data è annullabile nei seguenti casi:

  • vi sono più testamenti e la data serve a stabilire quale prevale
  • ci sono dubbi sulla capacità del testatore
  • si sospetta una manipolazione o alterazione dell’atto
  • si discute la veridicità della firma o della scrittura

In assenza di questi elementi, anche un testamento privo di data può essere considerato valido, se ritenuto autografo, sincero e non contestato.

L’impugnazione può essere proposta da:

  • eredi legittimi esclusi dal testamento
  • coeredi che contestano la validità dell’atto
  • qualunque soggetto con interesse giuridico diretto

La legittimazione spetta solo a chi può ottenere un vantaggio dall’annullamento dell’atto.

L’azione di annullamento del testamento olografo è soggetta a un termine di cinque anni dalla data di apertura della successione, ai sensi dell’articolo 598 c.c.

Superato questo termine, il testamento, pur viziato, non può più essere annullato.

Testamento con data falsa o errata

Anche una data errata o manifestamente falsa può dare luogo a contestazione.

Se, ad esempio, la data indica un giorno in cui il testatore era già deceduto, il testamento sarà sicuramente nullo.

Se la data è palesemente anticipata o posticipata, la validità sarà valutata in base alla congruità e agli elementi di fatto.

Si può ricostruire la data mancante nel testamento olografo?

La giurisprudenza è divisa su questo punto.

In alcuni casi, è stata ammessa la prova per testi o presunzioni per ricostruire il periodo in cui il testamento è stato redatto.

In altri casi, si è ritenuto che la mancanza assoluta della data impedisca ogni validazione dell’atto.

Il principio guida resta la certezza giuridica: se è possibile stabilire quando è stato scritto, anche approssimativamente, l’atto può essere considerato valido.

Importanza della collocazione temporale per la certezza della volontà del testatore

La presenza della collocazione temporale del testamento non è solo un adempimento formale, ma un elemento sostanziale che consente:

  • di proteggere la volontà del testatore
  • di risolvere conflitti tra più atti
  • di garantire la trasparenza nella successione

Tuttavia, la sua mancanza non comporta automaticamente la nullità del testamento, ma può dare luogo ad annullamento, in presenza di motivi giuridici fondati.

Per evitare contenziosi e incertezze, è sempre consigliabile redigere il testamento con cura, possibilmente con l’assistenza di un avvocato esperto in successioni.

FAQ su testamento senza data e annullabilità

Un testamento senza data è sempre invalido?
No, è annullabile solo se la mancanza della data crea incertezza sulla volontà del testatore o sulla cronologia degli atti.

La data può essere ricostruita con testimoni?
In alcuni casi la giurisprudenza lo ha ammesso, ma solo se esistono elementi gravi, precisi e concordanti.

Chi può chiedere l’annullamento di un testamento senza data?
Qualsiasi soggetto con interesse diretto, come un erede legittimo o un coerede.

È meglio evitare il testamento olografo?
Non necessariamente. Ma va redatto con attenzione, includendo sempre firma, data e scrittura autografa.

Cosa succede se esistono due testamenti, uno datato e uno no?
Prevale quello con data, a meno che non vi siano prove che quello senza data sia più recente.

Quanto tempo si ha per impugnare un testamento non datato?
Cinque anni dalla data di apertura della successione.

La Cassazione ha mai annullato un testamento non datato?
Sì, in casi in cui la data era decisiva per valutare la validità o l’autenticità dell’atto.

Serve un avvocato per impugnare un testamento?
Sì, è fortemente consigliato per gestire correttamente tempi e modalità dell’impugnazione.

Il notaio può intervenire su un testamento olografo privo  dell’elemento cronologico temporale?
No, il notaio non può modificare o integrare un testamento olografo.

Meglio testamento pubblico. o olografo?
Dipende dal caso. Il testamento pubblico offre maggiore sicurezza legale, ma richiede l’intervento di un notaio.

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Diritto Ereditario

Clausola di non impugnazione nel testamento

clausola non impugnazione testamento

Clausola di penalità nel testamento

Clausola non impugnazione del testamento

Le clausole di penalità nel testamento rappresentano uno strumento giuridico potente, ma delicato che richiede sempre il parere di un  avvocato specializzato in diritto successorio.

Le clausole testamentarie possono contribuire a preservare l’intento del testatore e limitare il contenzioso ereditario, ma devono essere redatte con attenzione, per non incorrere nella nullità.

Chi desidera inserire questo tipo di previsione nel proprio testamento dovrebbe farlo sempre con l’assistenza di un avvocato esperto in diritto ereditario.

Per una consulenza legale in materia testamentaria è possibile effettuare la prenotazione con l’Avvocato Gianluca Sposato, esperto in  diritto  successorio, nell’area Assistenza Legale24h selezionando il servizio dedicato.

Clausola di penalità in caso di impugnazione del testamento

Nella successione testamentaria in materia di disposizioni testamentarie, una delle clausole più controverse ma diffuse è quella che prevede penalità per chi impugna il testamento.

Questa particolare previsione, spesso utilizzata per garantire la risoluzione di liti familiari e il rispetto delle volontà del defunto, solleva interrogativi sia sul piano giuridico, che su quello costituzionale.

Una delle principali obiezioni riguarda il presunto contrasto tra la clausola e gli articoli 2 e 24 della Costituzione, che garantiscono il diritto alla tutela giurisdizionale.

Tuttavia, la dottrina prevalente afferma che la clausola è compatibile con la Costituzione, poiché non incide su diritti indisponibili ma solo su interessi privati e disponibili.

Il beneficiario può scegliere se accettare il lascito e rinunciare a impugnare, oppure esercitare l’azione giudiziale rinunciando però al beneficio.

Clausola di penalità nel testamento: definizione e contesto

La clausola di penalità in caso di impugnazione del testamento è una disposizione con cui il testatore stabilisce che un erede o legatario perderà in tutto o in parte ciò che gli è stato attribuito, se deciderà di contestare il testamento.

Questa previsione nasce con l’intento di evitare contenziosi tra i beneficiari e tutelare l’unità familiare dopo la morte del testatore.

Ovviamente la clausola di non impugnare il testamento deve essere lecita e non ledere le quote ereditarie dei legittimari, tenuto conto in particolare dell’istituto della collazione ereditaria.

Validità giuridica della clausola di non impugnare il testamento: quando è lecita

La giurisprudenza e la dottrina sono concordi nel ritenere ammissibili le clausole di penalità nel testamento, a condizione che non violino diritti fondamentali, o norme imperative.

Infatti, l’art. 634 del Codice Civile prevede la nullità delle condizioni testamentarie solo se sono impossibili, o illecite.

La clausola di penalità in caso di impugnazione del testamento è ritenuta lecita quando riguarda azioni giudiziarie di natura privatistica, come ad esempio contenziosi tra coeredi, o questioni patrimoniali non connesse alla quota di legittima.

Negli altri casi, come in presenza di testamento con erede universale che non tiene conto della quota di legittima l’erede pretermesso potrà esperire l’azione di riduzione per ottenere la reintegra.

Clausola risolutiva nel testamento e decadenza del lascito

In molti casi, il testatore collega la clausola di penalità nel testamento a una condizione risolutiva.

Ciò significa che se l’erede impugna il testamento, decade automaticamente dal beneficio ricevuto,  come nel caso di dispensa dalla collazione per donazione indiretta e lesione della quota legittima degli eredi.

Questo meccanismo ha una funzione sia preventiva, ovvero di evitare cause ereditarie, che sanzionatoria, costituita dal punire la trasgressione.

rappresenta, pertanto, una forma indiretta di “coazione psicologica” accettata dalla legge quando non limita i diritti indisponibili dell’individuo.

Quando la clausola di non impugnare il testamento è considerata illecita

Esistono, però, limiti precisi alla validità della clausola di penalità in caso di impugnazione del testamento, che devono essere valutate con un avvocato esperto in materia testamentaria.

La clausola di penalità nel caso di impugnazione del testamento è considerata illecita se:

  • impedisce l’azione di riduzione da parte di un legittimario
  • vieta l’impugnazione per vizi di forma, o di volontà
  • preclude l’accesso alla giustizia in casi di violazione di norme imperative
  • viene usata per aggirare il diritto successorio di eredi legittimi

In tali ipotesi, la clausola apposta al testamento è nulla e non produce effetti, anche se esplicitamente prevista nel testamento.

Quando la clausola di non impugnazione del testamento è parzialmente lecita

Molti testatori adottano clausole testamentarie parzialmente lecite, che si riferiscono esclusivamente all’azione su beni eccedenti la legittima.

In questo modo si può prevedere, ad esempio, che l’erede perda solo la quota disponibile, se decide di impugnare il testamento, ma mantenga la legittima.

Questo compromesso è spesso tollerato dalla giurisprudenza, poiché non incide su diritti indisponibili e mantiene la libertà di autodeterminazione del testatore.

Clausole testamentarie e arbitrato: una forma alternativa

In materia ereditaria la mediazione è obbligatoria prima di promuovere una causa se non  si  raggiunge un accordo per la divisione ereditaria.

Alcuni testatori optano per la clausola di arbitrato testamentario, in cui stabiliscono che eventuali liti tra eredi siano risolte da arbitri, anziché dal giudice ordinario.

Questa clausola è anch’essa ritenuta lecita, purché il testamento contenga una chiara volontà in tal senso.

Clausole di diseredazione e invalidità

Una forma estrema di penalizzazione è la diseredazione in caso di impugnazione del testamento.

Tuttavia, tale clausola è spesso dichiarata illecita se diretta ad eludere diritti dei legittimari, o a impedire il controllo giurisdizionale della validità del testamento.

La giurisprudenza più recente sottolinea che la validità di queste clausole testamentarie deve essere valutata caso per caso.

Il giudice analizza il contenuto specifico della disposizione, l’oggetto dell’azione giudiziaria, e l’equilibrio tra interesse del testatore e diritti del beneficiario.

Clausola di penalità nel testamento, domande frequenti  (FAQ)

Cosa succede se impugno un testamento che contiene una clausola di penalità? Se la clausola è valida e riguarda beni disponibili, potresti perdere il beneficio previsto dal testamento.

Posso perdere anche la legittima? No, la clausola non può mai ledere il diritto alla legittima, pena la nullità.

La clausola è sempre valida? No, viene ritenuta illecita se viola norme imperative, l’ordine pubblico o diritti indisponibili.

Posso contestare la validità della clausola? Sì, un giudice può sempre valutarne la validità e dichiararla nulla se contraria alla legge.

Qual è la differenza tra clausola di penalità e diseredazione? La prima prevede una decadenza condizionata, la seconda un’esclusione totale. La diseredazione è più problematica giuridicamente.

Serve un avvocato per inserire una clausola del genere? È fortemente consigliato affidarsi a un esperto per evitare nullità e contenziosi futuri.

Si può usare la clausola per evitare cause tra fratelli? Sì, ma solo se non limita diritti costituzionali o successori inderogabili.

Posso imporre che le cause vadano in arbitrato? Sì, la clausola arbitrale testamentaria è ritenuta valida se chiara e coerente con le volontà del testatore.

Un erede può rifiutare il testamento e impugnare comunque?
Sì, ma in tal caso rinuncerà anche a ciò che gli era stato lasciato.

La clausola può essere parzialmente valida?
Sì, una parte della clausola può essere dichiarata valida e un’altra nulla.

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Rassegna Stampa

Tabella Unica Nazionale del danno non patrimoniale

La Tabella Unica Nazionale del danno non patrimoniale

Avvocato Infortunistica Stradale

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Agenzia Parlamentare, 5 marzo  2025 

L’Avvocato Gianluca Sposato parla delle novità introdotte con la Tabella Unica Nazionale delle Lesioni di Non Lieve Entità.

Dal 5 marzo 2025 entra in vigore la Tabella Unica Nazionale per la determinazione del risarcimento delle macro lesioni, ovvero delle lesioni fisiche permanenti pari o superiori a 10 punti di danno biologico.

Questa novità introduce importanti cambiamenti nei criteri di liquidazione del risarcimento danni, con una riduzione dei valori liquidatori rispetto al passato ed in particolare alla Tabelle di calcolo del danno biologico del Tribunale di Roma.

Vediamo  come opera la riduzione del “valore punto” del danno biologico ed i nuovi criteri del risarcimento del danno non patrimoniale.

Come avviene la liquidazione del danno non patrimoniale con la Tabella Unica Nazionale?

Con la nuova Tabella Unica Nazionale, il valore base del punto di partenza per le invalidità permanenti delle macro lesioni è equiparato a quello delle micro lesioni ed è fissato in euro 947,30.

Con la Tabella Unica Nazionale la liquidazione del danno non patrimoniale varierà in funzione di tre fattori principali:

  1. Grado di Invalidità Permanente

Il valore del punto di invalidità permanente aumenta proporzionalmente alla gravità del danno biologico accertato, attraverso un coefficiente moltiplicatore biologico.

  1. Età del Danneggiato

Il valore del risarcimento diminuisce all’aumentare dell’età del danneggiato, in funzione delle aspettative di vita, attraverso un coefficiente demoltiplicatore demografico.

  1. Danno Morale

Il danno morale non viene più liquidato automaticamente ma può essere personalizzato in base alla sofferenza effettivamente subita, che dovrà essere dimostrata attraverso quattro parametri: nessuno, minimo, medio e massimo.

Il risarcimento del danno non patrimoniale potrà, dunque, essere aumentato tramite un moltiplicatore morale con tre livelli di intensità.

E’ previsto un valore minimo, medio e massimo, a discrezione del giudice, con incrementi che vanno dal 25% al 55% del valore del danno biologico.

Personalizzazione del Danno Morale

Con la nuova Tabella Unica Nazionale, la determinazione del danno morale cambia radicalmente.

Non sarà più automaticamente calcolato in base al danno biologico, ma dovrà essere dimostrato caso per caso.

Questa modifica cambia significativamente le richieste di risarcimento, rendendo necessaria documentazione dettagliata che attesti la sofferenza subita dal danneggiato.

E’ possibile leggere l’articolo completo sul sito dell’Agenzia parlamentare:

Ecco la Tabella Unica nazionale delle Macro Lesioni 

 

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Risarcimento del Danno

Danno riflesso

Danno riflesso

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Il danno riflesso è una tipologia di danno che colpisce indirettamente soggetti terzi rispetto alla vittima diretta di un fatto illecito.

Si verifica quando una persona subisce un pregiudizio a causa del danno subito da un suo familiare con cui ha un particolare legame affettivo.

I danni riflessi si manifestano in casi di incidente stradale mortale, malasanità o atti illeciti che causano la sofferenza, o morte di una persona cara.

In questo articolo spiego cosa è il danno riflesso, a chi spetta, come si quantifica in termini di risarcimento e cosa bisogna fare per ottenerlo.

Cosa è il danno riflesso?

Il danno riflesso, o danno da rimbalzo, è una voce autonoma di danno alla persona che spetta ai familiari del danneggiato, per le conseguenze e ripercussioni che l’illecito provoca alla loro salute ed esistenza.

Si distingue dal danno diretto perché non è subìto immediatamente dalla vittima dell’illecito, ma da soggetti terzi che ne risentono in modo significativo.

I danni riflessi sono quei danni che traggono origine da un fatto illecito compiuto verso un proprio familiare, le cui ripercussioni causano sofferenza e sconvolgimento delle abitudini di vita.

Pensiamo alle lesioni stradali gravi, o gravissime, che hanno provocato paraplegia al proprio coniuge, figlio, genitore, o fratello ed alle conseguenze in termini di danno esistenziale.

Un danno di tale intensità ha ripercussioni anche sul nucleo familiare del danneggiato che ha diritto al risarcimento del danno  che si riflette nella loro sfera personale ed esistenziale.

Chi ha diritto al danno riflesso?

Hanno diritto al risarcimento del danno riflesso i familiari del danneggiato che hanno riportato un autonomo danno morale, o un danno biologico suscettibile di accertamento medico legale.

Il giudice valuta caso per caso se esiste un rapporto affettivo o economico solido tra la vittima primaria e il familiare che richiede il risarcimento.

Il calcolo del danno viene effettuato in base alle Tabelle del Tribunale di Roma, rientrando questa tipologia di pregiudizio sofferto nella più ampia concezione dei danni morali.

La Tabella del Tribunale di Roma segue un sistema a punti tanto per il danno  soggettivo, quanto per lo sconvolgimento della vita.

I valori, aggiornati al 2025, prevedono per ogni punto euro 3.474,00 che si riduce ad euro 2.450,00 in presenza di diritto di assistenza, o indennità da parte dello Stato.

La Tabella prevede 20 punti di partenza per genitori, coniuge, convivente e 15 punti per i figli; non vengono menzionati i fratelli che, tuttavia, possono essere assimilati ai conviventi. 

Sono, poi, previsti ulteriori punti in aumento in base alla giovane età del danneggiato e del parente, da sommarsi al punto base.

Come per il danno da morte, o danno tanatologico, viene riconosciuta importanza ed attribuito valore a parametri quali la convivenza e mancanza di altri parenti nel nucleo familiare.

Quando spetta il danno riflesso ai familiari del danneggiato?

Il danno riflesso, secondo l’orientamento della Cassazione, spetta in presenza di lesioni permanenti superiori al 36% di invalidità totale.

Il danno morale ed esistenziale deve essere provato e documentato dai familiari che ne fanno richiesta.

Questo perché i danni riflessi sono danni conseguenza e non danno evento e non spettano automaticamente per il solo e semplice accadimento dell’illecito, sebbene possono comportare anche una malattia qualificabile come danno biologico.

Il danno morale per la sofferenza in relazione alle lesioni gravi di un proprio caro,  dunque, va sempre provato.

Così per fare un  esempio al figlio di 28 anni che vede il padre di 36 anni costretto in sedia a rotelle per un incidente stradale vengono riconosciuti 32 punti pari ad euro 189.568,00.

Tale conteggio  tiene conto di euro 111.168,00 per il danno soggettivo ed euro 78.400,00 per lo sconvolgimento vita, ove il danneggiato sia percettore di indennità di accompagno.   

Come si calcola il danno riflesso?

Il calcolo del danno morale per la sofferenza dovuta ad un evento traumatico, come può essere l’amputazione di un arto a seguito di un sinistro stradale, non è una operazione automatica.

In tema di risarcimento del danno non patrimoniale per il danno biologico, inteso come danno alla salute si applica la Tabella Unica Nazionale delle lesioni di non lieve entità.

I danni riflessi, il danno da perdita parentale. il danno morale, il danno esistenziale, non rientrano in questo ambito valutativo, poiché non sono suscettibili di accertamento medico legale.

In tema di danni riflessi bisogna, pertanto, distinguere:

1. danno morale riflesso che si verifica quando la sofferenza psicologica per la perdita o la grave menomazione di un familiare influisce sulla qualità di vita del richiedente.

2. danno biologico riflesso: quando il dolore per la condizione della vittima principale provoca una patologia psicofisica certificata nel familiare, come depressione o disturbi post-traumatici.

3. danno patrimoniale riflesso: quando l’illecito causa un danno economico indiretto, come la perdita di un reddito familiare dovuto alla morte o all’invalidità della vittima.

Il calcolo del danno riflesso, dunque, dipende da caso a caso e la relativa quantificazione deve tenere conto di tutte le sofferenze e ripercussioni sulla subìte dal richiedente.

Come provare il danno riflesso dei familiari?

Provare ed ottenere il risarcimento per i danni  da rimbalzo non è semplice in  quanto bisogna dimostrare:

  1. il nesso causale tra l’illecito subito dalla vittima principale e il danno sofferto dal soggetto terzo.
  2. il legame affettivo o economico con la vittima primaria.
  3. l’esistenza e quantificazione del pregiudizio subito, attraverso documentazione medica, perizie psicologiche e documentazione reddituale.

L’assistenza di un avvocato esperto in risarcimento danni e diritto delle assicurazioni è fondamentale per valutare il caso e quantificare il risarcimento spettante.

In tema di lesioni conseguenti a sinistro stradale, il danno iure proprio subito dai congiunti della vittima non è limitato al solo totale sconvolgimento delle loro abitudini di vita.

Il danno riflesso può consistere anche in un patimento d’animo o in una perdita vera e propria di salute.

Questi pregiudizi possono essere dimostrati per presunzioni, fra le quali assume rilievo il rapporto di stretta parentela esistente fra la vittima ed i suoi familiari.

Il grado di parentela fa ritenere, secondo un criterio di normalità sociale, che  i familiari soffrano per le gravissime lesioni riportate dal loro prossimo congiunto (Cassazione n. 35663 del 20 dicembre 2023).  

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Diritto Ereditario

Testamento erede universale

Testamento erede universale

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Cerchi un avvocato esperto in materia testamentaria, per esaminare la validità di un testamento, o impugnare un testamento con erede universale?

L’Avv. Gianluca Sposato, esperto in successioni ereditarie, assiste nella redazione, interpretazione ed impugnazione del testamento, garantendo la tutela dei diritti degli eredi pretermessi, ai fini delle reintegra nella quota ereditaria.

Contattalo ora per una prima consulenza legale in materia ereditaria, informazioni su costi e servizi nell’area Assistenza Legale24h.

Esclusione degli eredi legittimi nel testamento, quando è possibile?

Nel caso di testamento con erede universale che istituisce un unico erede ed esclude i legittimari, cosa bisogna fare?

L’erede universale, nella successione testamentaria, incontra i limiti delle quote riservate ai legittimari, i quali sono chiamati ad esperire l’azione di riduzione per acquisire la qualità di eredi e chiedere la reintegra nella quota pretermessa.

L’argomento è tra i più controversi e delicati della materia successoria, con implicazioni di carattere familiare e patrimoniale che richiedono sempre assistenza legale altamente specializzata per tutelare appieno i propri diritti.

In questo articolo affronto il tema dell’erede universale e le problematiche cui si va incontro quando ci sono eredi legittimi esclusi nel testamento.

Nella mia lunga esperienza di Avvocato esperto in diritto ereditario, chiarisco cosa dice la legge quando si devono affrontare situazioni che comportano ingiustizie nella famiglia, all’apertura della successione.

Gli eredi legittimi infatti possono essere esclusi nel testamento solo quando abbiano già ricevuto in vita, attraverso donazioni da parte del de cuius, la quota di eredità  loro riservata per legge.

Chi è l’erede universale?

L’erede universale è colui che subentra in tutti i beni e diritti del defunto, compresi i debiti, quando ciò è previsto nel testamento o, in caso di unico erede, nella successione legittima 

Nella successione testamentaria, l’erede universale è espressamente designato dal testatore, che conferisce al beneficiario nel testamento la totalità del suo patrimonio.

L’accettazione di eredità può avvenire puramente e semplicemente o, ai sensi dell’art. 470 del codice civile, col beneficio di inventario per separare il proprio patrimonio da quello del defunto e non rispondere dei debiti oltre il valore dell’eredità. 

Quando c’è un solo erede a cui è devoluto l’intero patrimonio ereditario, il chiamato all’eredità subentra nell’universalità dei beni del defunto.

Erede universale in presenza di legittimari

L’erede acquisisce l’intero patrimonio dell’eredità, assumendo la titolarità di tutti i diritti e obbligazioni del de cuius, senza dovere concorrere con altri eredi.

Tuttavia, non sempre può darsi piena attuazione alla volontà del de cuius, ma è fatta salva la quota di legittima riservata ai legittimari.

Il successore universale, in presenza di legittimari, incontrerà sempre il limite di  dovere concorrere con gli altri eredi, subentrando necessariamente in una quota indivisa nell’eredità, fintanto non interviene la divisione ereditaria.

Differentemente dal legatario, istituito con legato testamentario, che subentra a titolo particolare in una specifica determinazione attribuitagli e non risponde di debiti ereditari.

Come si diventa erede universale?

Si diventa erede universale, sostanzialmente in  due modi: nella successione legittima se non vi sono altri eredi, oppure nella successione testamentaria quando viene designato un unico erede.

Nella successione ereditaria può esserci un solo erede perché non ci sono altri eredi legittimi.

Ciò si verifica, nella successione legittima, per il figlio unico di un genitore, o per il coniuge senza figli quando mancano gli ascendenti e nessuno può agire in rappresentazione ereditaria.

Oppure, nella successione testamentaria, si può essere istituito unico erede, quando il de cuius ha devoluto l’intera eredità nel testamento ad una sola persona.

I problemi maggiori si riscontrano quando è pretermessa la quota dei legittimari con un testamento con erede universale, che la legge consente seppur con i limiti e problemi che spesso ne derivano.

Tuttavia, bisogna tenere presente che la quota disponibile del testatore non può mai essere superiore ad 1/3 del valore dell’ eredità.

Sebbene l’erede universale con l’accettazione esclude gli eredi pretermessi, fintanto questi non ottengano la reintegra nell’eredità  con l’azione di riduzione che va sempre trascritta onde evitare vendite fraudolente.

Infatti il Notaio, come Pubblico Ufficiale, deve trascrivere il testamento e volturare i beni immobili a favore dell’erede universale che ne faccia richiesta, dando  atto  dell’atto di provenienza.

L’erede universale, pertanto, incontra limiti a tutela degli eredi pretermessi ove non rispetti le quote dei legittimari con atti fraudolenti e compravendita con lesione di legittima.

Testamento olografo con erede universale

La nomina di un unico erede può avvenire per testamento pubblico, testamento segreto, o con testamento olografo.

I problemi del testamento olografo sono riconducibili a vizi di forma, o sostanziali, oltre che per ipotesi di violenza, o dolo.

Il testamento che pretermette altri eredi, ad esclusione di cause di indegnità a succedere, può essere impugnato nel termine ordinario di 10 anni dagli eredi esclusi.

Il testatore, infatti, sebbene la legge gli attribuisce pieni poteri e consente di nominare un solo erede, deve rispettare le quote ereditarie con e senza testamento.

Se, con l’istituzione dell’erede universale, le quote ereditarie riservate ai legittimari non sono state rispettate, il testamento si considera valido nei limiti della quota disponibile.

Infatti l’art. 554 del codice civile stabilisce che le disposizioni testamentarie che eccedono la quota disponibile del testatore sono soggette a riduzione nei limiti della quota stessa.

Per ricostruire la massa ereditaria, che è costituita dal relictum e dal donatum, bisogna imputare all’eredità, per effetto della collazione, tutti i beni ricevuti in vita dal testatore.

Pertanto, è necessario esaminare il rapporto tra donazioni ed eredità e verificare che l’istituzione di un solo erede nel testamento non sia l’effetto di una disposizione volta a riequilibrare il rapporto tra eredi.

Nomina di un unico erede e lesione di legittima

In tema di successioni ereditarie la nomina di un unico erede nel testamento, quando causa lesione di legittima, da luogo a differenti problemi, non  sempre di  facile soluzione.

Oltre a ripercuotersi nel vissuto familiare, i risvolti economici rappresentano una preoccupazione che deve essere affrontata con l’aiuto di un avvocato specializzato in diritto ereditario per l’impugnazione del testamento.

Infatti, se l’erede universale pubblica il testamento, il Notaio deve dare esecuzione alle disposizioni ivi contenute, anche se lesive della quota di legittima di altri eredi.

In questo caso, gli eredi pretermessi dovranno agire d’urgenza, chiedendo un sequestro conservativo cautelare per evitare il trasferimento degli immobili ereditati a terzi.

Ciò, tuttavia, non è possibile fintanto non viene esperita l’azione di riduzione ed acquisita la qualità di erede mediante accettazione dell’eredità.

Ferma restando l’importanza dell’assistenza nella mediazione obbligatoria in materia ereditaria, nel caso del testamento con erede universale che  estromette i figli, o il coniuge, per conseguire un accordo tra eredi. 

Impugnazione del testamento con erede universale

L’impugnazione del testamento che istituisce un unico erede è l’unica strada per gli eredi pretermessi, quando sia la trattativa, che la mediazione civile non hanno portato ad un accordo di reintegra tra eredi.

Infatti il testamento quando lede i diritti dei legittimari può essere impugnato.

Il testatore può disporre sempre di ¼ del suo patrimonio, ma non può eccedere per liberalità la quota disponibile che la legge gli riconosce.

Gli atti di liberalità che eccedono la quota disponibile del de cuius sono soggetti  all’azione di riduzione, che si prescrive nel termine ordinario di 10 anni.

L’azione di  riduzione delle disposizioni del testamento è subordinata all’esperimento della mediazione obbligatoria in materia ereditaria, condizione di procedibilità per impugnare il testamento con erede universale.

Testamento con erede universale e compravendita immobiliare

Se un testamento nomina un erede universale e non vi sono legittimari (coniuge, figli, o genitori), la successione si svolge senza particolari ostacoli, soprattutto se il testamento è pubblico.

Tuttavia, se il testamento esclude i legittimari, la situazione si complica e bisogna affidarsi ad un un Avvocato esperto diritto ereditario, per evitare che possano insorgere dispute ereditarie.

Gli eredi legittimari pretermessi, quando non si raggiunge un accordo divisorio con l’erede universale devono impugnare il testamento, dando il via spesso a contenziosi legali su più fronti.

Una volta pubblicato il testamento, l’erede universale può volturare gli immobili a suo nome, ma deve provvedere al pagamento delle imposte di successione.

La compravendita immobiliare di beni dell’erede universale che non rispetta le quote dei legittimari determina responsabilità per il Notaio che deve effettuare le ricerche e informare i compratori.

Occorre sempre verificare la validità del testamento anche sul piano sostanziale e, dunque, la presenza di legittimari esclusi, per evitare il rischio di revoca della compravendita immobiliare.

Cosa fare in presenza di un testamento con erede universale?

In presenza di un testamento che istituisce un unico erede escludendo i legittimari si deve verificare la validità del testamento con un Avvocato esperto in successioni ereditarie e materia testamentaria.

L’Avvocato esperto in eredità, una volta accertato che non vi siano legittimari pretermessi, per evitare impugnazione del testamento, assiste l’erede in tutte le attività volte al conseguimento della quota ereditaria.

Nel caso di eredi legittimi esclusi dal testamento, la soluzione ideale è raggiungere un accordo con l’erede universale per evitare azioni legali volte a conseguire la reintegra nell’eredità.

L’ erede universale potrebbe potrebbe compiere atti fraudolenti con la compravendita di immobili pervenuto dall’eredità e rischi di vario genere in ordine alla titolarità del bene.

In queste situazioni, particolarmente delicate, la scelta dell’Avvocato specializzato in  diritto ereditario è fondamentale per tutelare i propri diritti, per questo è bene rivolgersi ad un professionista di spessore con esperienza.

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Infortunistica Stradale

Incidente con camion e tir

Incidente stradale con camion e tir

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Dal 1949, lo Studio Legale Sposato, è un riferimento nazionale nella responsabilità civile legata alla circolazione stradale.

L’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente dell’Associazione Difesa Infortunati Stradali, si occupa personalmente dei casi di gravi incidenti con camion e tir, garantendo assistenza completa per ottenere il giusto risarcimento.

Gli incidenti con camion e tir rientrano nelle normative del codice civile e del codice delle assicurazioni private, con possibili implicazioni penali.

In questo articolo trovi tutte le informazioni utili sugli incidenti stradali che coinvolgono camion e tir e i consigli pratici per proteggere i tuoi diritti risarcitori.

Rischi e pericoli negli incidenti con mezzi pesanti

I camion vengono utilizzati quotidianamente per il trasporto merci su strada, anche con condizioni metereologiche avverse, con pericolo per la guida.

Gli incidenti con mezzi pesanti  possono mettere a rischio la vita degli utenti della strada, provocando lesioni stradali gravissime e omicidio stradale.

Le conseguenze gravi degli incidenti con camion sono da rinvenire nel peso e dimensioni di questi mezzi, tali da provocare urti violentissimi con veicoli più piccoli.

La stanchezza alla guida e la violazione del Codice della Strada, per eccesso di velocità e sorpasso non consentito, provocano incidenti in cui non è facile determinare le responsabilità.

Per tale ragione è fondamentate affidarsi ad avvocati esperti in incidenti stradali, verificando l’iscrizione nell’Albo degli Avvocati, il curriculum e l’esperienza maturata.

Come comportarsi negli incidenti stradali con camion e tir

L’incidente stradale con camion, mezzo autoarticolato, autocarro, o tir si verifica quando un mezzo pesante rimane coinvolto in un incidente stradale.

L’incidente con tir può verificarsi per mancato arresto del mezzo, provocando un tamponamento a catena.

Lo scontro frontale per invasione dell’opposta corsia di marcia e lo scontro laterale durante il sorpasso, sono frequenti nelle strade extra urbane.

Il sinistro stradale di camion e tir con autovettura, o motociclo, comporta danni fisici gravissimi per le persone coinvolte e purtroppo, spesso, decesso nell’ incidente stradale.

Gli incidenti tra autovettura e camion sono tra le prime cause di incidente stradale mortale per il peso dei mezzi articolati, che schiacciano le autovetture con lo scontro.

In questi casi non è semplice sapere come ci si deve comportare per non pregiudicare i propri diritti ed evitare inquinamento di prove nelle indagini penali.

Per tale ragione è fondamentale rivolgersi ad un avvocato esperto in incidenti stradali che operi in ambito nazionale e possa partecipare alla ricostruzione dell’incidente stradale. 

Cause degli incidenti stradali con camion e tir

La stanchezza alla guida degli autotrasportatori, costretti a guidare di notte, è tra le prime cause di incidenti per colpi di sonno.

Lo sbandamento autoarticolato con invasione della corsia opposta di marcia, può essere dovuto a diversi fattori.

Condizioni atmosferiche avverse come pioggia, nebbia, neve o grandine, riducendo la visibilità e rendendo le strade scivolose, aumentano il rischio di provocare omicidio stradale.

Raffiche di vento, velocità e sovraccarico aumentano il rischio di sbandamento e perdita di controllo del camion, rendendo difficile una frenata tempestiva.

Le cause degli incidenti stradali che coinvolgono camion, tir e, soprattutto nei centri urbani autocarri e furgoni, sono sempre da rinvenire nella violazione del Codice della Strada.

La distrazione per uso del cellulare alla guida, il mancato rispetto limiti di velocità e l’inosservanza del divieto di sorpasso sono le principali cause di responsabilità dei conducenti.

Nei casi di incidente con camion, autocarro,  furgone e tir, in caso di feriti, è necessario chiamare ambulanza e Forze dell’Ordine, rilasciando la propria testimonianza sull’incidente. 

Incidente stradale mortale con camion e tir

In Italia ogni anno sono oltre 100 gli incidenti stradali mortali causati da camion.

Il trasporto merci su gomma è molto diffuso e i numeri di morte per incidente stradale aumentano durante i periodi di maggiore affluenza su strada di autovetture,  festività ed esodo estivo.

Nel 2023 sono state 112 le persone decedute che viaggiavano a bordo di un autocarro.

Se oltre il 90% dei conducenti di un mezzo pesante esce incolume da un incidente stradale, non altrettanto può dirsi per chi si trova alla guida, o a bordo, delle autovetture coinvolte.

Le cause dell’incidente mortale con camion sono: perdita di controllo del camion, ribaltamento, tamponamento laterale durante il sorpasso, ostacoli presenti lungo la strada non segnalati.

I familiari che hanno diritto al risarcimento del danno da perdita parentale per  l’incidente stradale causato da camion sono: il coniuge, i figli, i genitori ed i fratelli della vittima.

Gli importi che spettano ai familiari per risarcimento vittime della strada si calcolano con le Tabelle del Danno da Morte del Tribunale di Roma.

Gli importi dovuti per l’uccisione di un familiare in un incidente stradale variano a seconda della convivenza, o meno, con la vittima e del legame affettivo familiare.

Per approfondire l’argomento relativo agli importi che spettano per l’uccisione di un familiare in un incidente stradale, si rimanda all’articolo: risarcimento agli eredi per il danno da morte.

Risarcimento incidente stradale con camion

Chi ha riportato danni fisici ed i familiari di chi è morto nell’incidente devono fare richiesta di risarcimento danni alla compagnia assicurativa del colpevole.

L’azione per il risarcimento danni causati da circolazione di veicoli si prescrive in due anni, per i danni materiali.

L’articolo 2947 del codice civile consente un termine di prescrizione più lungo, stabilendo che il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito deve essere azionato entro cinque anni.

Per provare la responsabilità di chi ha causato l’incidente ed ottenere il risarcimento dei danni è necessario, prima di tutto, esaminare il verbale di incidente.

Per il risarcimento delle lesioni stradali occorre documentare il danno biologico con certificazione medica.

La normativa applicabile all’incidente stradale con camion è quella dell’articolo 148 del Codice delle Assicurazioni Private, tenuto conto dell’entità dei danni fisici causati da questa tipologia di incidenti.

Il risarcimento danni fisici incidente stradale riguarda il danno non patrimoniale, il danno biologico, il danno morale  ed il danno esistenziale.

A parte deve essere valutato il danno patrimoniale, sia come danno emergente che come lucro cessante.

Oltre alla perdita della capacità lavorativa, come diretta conseguenza dell’incidente stradale e relativo  apporto  al proprio nucleo familiare.

Accertamento della colpa negli incidenti con camion e tir

Per il risarcimento del danno si deve procedere all’accertamento della colpa dell’incidente stradale.

A tal fine è fondamentale individuare il responsabile dell’incidente stradale e la violazione delle norme del Codice della Strada.

Nei danni da circolazione stradale chi non ha causato l’incidente e ha riportato  lesioni stradali ha diritto al risarcimento per l’incidente stradale.

Il passeggero terzo trasportato ha sempre diritto al risarcimento dei danni per l’incidente stradale, indipendentemente dal responsabile.

Negli incidente a pedoni, causati da autocarri e mezzi pesante, occorre fornire la prova che la responsabilità è dell’investitore.

In caso di fuga del responsabile, nell’incidente con auto pirata, il risarcimento può essere richiesto al Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada.

Avvocato per incidente stradale con camion

Data la complessità degli incidenti stradali con camion e tir è necessario rivolgersi a un avvocato specializzato in incidenti stradali.

L’Avvocato esperto in incidenti stradali con camion e tir deve essere necessariamente specializzato nel  diritto delle assicurazioni e risarcimento danni.

L’infortunistica stradale è un settore in cui è frequente fare scelte sbagliate per tutelare i propri diritti nel caso di sinistro stradale mortale, o con feriti gravi.

Gli incidenti stradali con tir e camion spesso sono incidenti stradali multipli che richiedono l’intervento di un ingegnere cinematico per la ricostruzione dell’incidente stradale.

Ciò al fine di determinare le condotte di guida, le cause dell’incidente, il punto di impatto e la velocità dei mezzi coinvolti.

L’Avvocato Gianluca Sposato è considerato il migliore avvocato per risarcimento danni incidenti stradali in ambito nazionale.

Segue personalmente solo casi relativi ad incidenti stradali mortali ed incidenti stradali che hanno provocato lesioni stradali gravi e gravissime in tutta Italia senza richiedere anticipo spese.

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Diritto Ereditario

Accettazione eredità

Accettazione eredità

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Cosa è l’accettazione di eredità? 

L’accettazione d’eredità è un negozio giuridico unilaterale non ricettizio per mezzo del quale l’erede acquista il diritto all’eredità, con effetto dal giorno dell’apertura della successione ereditaria.

In quanto negozio puro, l’accettazione è irrevocabile nel senso che una volta accettata non vi si può rinunciare ed il relativo diritto di accettare si prescrive nel termine di 10 anni.

L’accettazione presuppone l’apertura della successione, che coincide con la morte del de cuius, momento in cui avviene la separazione dei diritti dal suo titolare.

Da questo momento si aprono le fasi del procedimento successorio con l’apertura della successione, la delazione dell’eredità, distinta dalla vocazione e l’acquisto dell’eredità.

Le fasi dell’accettazione di eredità: delazione e vocazione

La delazione coincide temporalmente con l’apertura della successione e altro non è che l’effettiva chiamata dell’erede, il quale solo da questo momento può fare valere i propri diritti.

La delazione ereditaria consiste nell’offerta del patrimonio del defunto al chiamato alla successione, che ha la possibilità effettiva di acquistarla con l’accettazione, oppure di rinunciarvi.

Prima di tale momento il potenziale successore, pur se erede necessario e, dunque legittimario, non può vantare alcun diritto sul patrimonio del de cuius.

La vocazione ereditaria, invece, fa riferimento al titolo che è alla base della delazione, come designazione del successibile.

Costituendo il titolo, o fondamento giuridico, la vocazione prende concretezza e vita nella delazione, che è l’effettiva chiamata.

Ai sensi dell’articolo 457 del codice civile, la vocazione e, dunque, la chiamata all’eredità si ha per legge, o per testamento.

A seconda dei casi si apre la successione legittima, o la successione testamentaria.

Come si fa l’accettazione di eredità?

L’eredità non si trasmette automaticamente agli eredi e di  conseguenza anche le quote ereditarie.

Per acquisire la qualità di erede è necessario manifestare la volontà di accettare l’eredità.

L’accettazione presuppone la volontà di accettare che deve manifestarsi con atti concludenti secondo le forme previste dalla legge, come nel caso dell’ accettazione beneficiata.

Nelle successioni ereditarie per accettazione d’eredità si intende la manifestazione di volontà dell’erede a subentrare nei rapporti giuridici, attivi e passivi, del de cuius.

La qualità di erede si distingue da quella del legatario, poiché l’erede subentra a titolo universale nei rapporti giuridici del defunto, dunque anche nei debiti ereditari.

Nel legato testamentario, invece, la successione ereditaria avviene a titolo particolare ed il legatario è esente da debiti ereditari.

Dati i tecnicismi presenti nel settore del diritto successorio, per gli eredi è sempre raccomandabile rivolgersi ed essere assistiti in tutte le fasi da un avvocato esperto in successioni ereditarie.

Entro quanto deve essere accettata eredità?

L’eredità deve essere accettata entro il termine di 10 anni dalla morte del de cuius, momento che coincide con l’apertura della successione ereditaria.

Per il diritto ereditario, dunque, il termine di accettazione di eredità, prevede che il diritto va esercitato entro dieci anni dall’apertura della successione.

Trascorso inutilmente questo termine, interviene la prescrizione ed il chiamato perde il diritto di subentrare nella qualità di erede.

Tuttavia, chiunque ha interesse può chiedere al Giudice di fissare un termine entro il quale il chiamato all’eredità deve dichiarare se accetta l’eredità, o vi rinuncia. 

L’accettazione ereditaria può avvenire in forma espressa, in forma pura, o con beneficio di inventario.

L’articolo 474 del codice civile, prevede anche l’accettazione in forma tacita, per atti concludenti, da cui si desume con certezza la volontà di accettare.

L’erede, subentrando a titolo universale, risponde dei debiti del defunto anche oltre al valore dell’eredità e, dunque, con i propri beni personali, nel caso di accettazione senza il beneficio di inventario.

Accettazione espressa di eredità e accettazione tacita

L’accettazione dell’eredità può avvenire con la forma dell’ accettazione espressa, o dell’accettazione tacita.

Fintanto l’eredità non viene accettata resta in sospeso e si parla di eredità vacante, o di eredità giacente.

L’accettazione espressa si ha quando il chiamato all’eredità dichiara in un atto pubblico, o una scrittura privata, la propria accettazione, ovvero assume il titolo di erede.

L’accettazione di  eredità in  forma espressa può avvenire nella Cancelleria del Tribunale dove si è aperta la successione, oppure presso un Notaio.

L’accettazione d’eredità tacita si ha, invece, quando il chiamato all’eredità compie atti concludenti che presuppongono la sua volontà di accettare, che non avrebbe il diritto di compiere, se non nella sua qualità di erede. 

Si ha accettazione tacita quando il chiamato si trova a qualsiasi titolo nel possesso effettivo dei beni ereditari, o anche di un solo bene del compendio, come nel caso di un membro della famiglia convivente del de cuius.

In questi casi la legge stabilisce che trascorsi tre mesi, senza un atto di rinuncia e senza che sia fatto l’inventario dei beni, il chiamato si intende erede puramente e semplicemente.

Dunque, per fare un  esempio: se io in quanto erede comunico la disdetta di un  contratto compio una accettazione tacita di eredità.

Diversamente, se per compiere lo stesso atto scrivo una lettera nella quale mi qualifico erede,  l’accettazione è espressa.

Ogni interessato può esperire l’actio interrogatoria per far fissare al giudice un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta, o rinuncia all’eredità.

Occorre, però, tener conto degli effetti della rinuncia all’eredità, in relazione alla possibilità per altri eredi legittimi  discendenti del rinunciante di agire in rappresentazione ereditaria.

Esempi di accettazione tacita di eredità

L’accettazione tacita di eredità si ha quando il chiamato compie atti che presuppongono necessariamente la sua volontà di accettare l’eredità.

In altre parole, si ha accettazione tacita quando il chiamato all’eredità compie atti che non avrebbe il diritto di porre in essere, se non nella qualità di erede.

La denuncia di successione ed il pagamento delle imposte di successione non costituiscono accettazione tacita d’eredità, avendo carattere puramente fiscale.

Infatti la qualità di erede deve manifestarsi con un comportamento concludente.

Il comportamento concludente è ravvisabile, per esempio, nella proposizione dell’azione di divisione ereditaria, o nella risoluzione di un contratto concluso dalla persona defunta.

Anche il pagamento di debiti ereditari con denaro prelevato dall’asse ereditario costituisce accettazione tacita di eredità.

Al pari della riscossione da parte del chiamato di un assegno rilasciato al de cuius.

L’attività di costituzione in giudizio per far valere il proprio difetto di legittimazione deve intendersi, invece, come atto volto a testimoniare la volontà di non accettare l’eredità.

Diversamente dall’ intervento in giudizio del chiamato quale erede legittimo del de cuius, che costituisce manifestazione della volontà di erede finanche in caso di cancellazione dal ruolo della causa per inattività delle parti.

Accettazione dell’eredità con beneficio di inventario

Quanto agli effetti, l’accettazione d’eredità può essere pura e semplice, o con il beneficio di inventario.

Con l’accettazione pura e semplice si produce una confusione del patrimonio del defunto con quello dell’erede.

Così l’erede è tenuto e risponde per tutte le passività lasciate dal de cuius, anche oltre il compendio dell’eredità e, dunque, con il proprio patrimonio.

L’accettazione di eredità con beneficio di inventario, invece, consente al chiamato di evitare ogni pericolo in ordine alle conseguenze patrimoniali dell’acquisto della qualità di erede.

In tal modo la legge consente di impedire la confusione dei patrimoni.

Evitando la responsabilità ultra vires, limitando la responsabilità dell’erede entro i limiti di valore del patrimonio relitto dal de cuius.

Il favor legislativo dell’eredità beneficiata, enucleato nell’articolo 510 del codice civile, comporta che l’accettazione d’eredità con beneficio d’inventario fatta da uno dei chiamati all’eredità giova su tutti gli altri.

Ciò anche se l’inventario dei beni, che è sempre obbligatorio in presenza di minori, interdetti ed inabilitati è compiuto da un chiamato diverso da quello che ha presentato la denuncia di successione.

L’accettazione di eredità con beneficio di inventario è consigliabile in tutti i casi in  cui ci sono debiti ereditari,.

Evitando in tal modo la confusione del patrimonio dell’erede con quello del de cuius.

Come si fa l’accettazione di eredità con beneficio di inventario?

L’accettazione di eredità con beneficio di inventario, ai sensi dell’art. 484 del codice civile va fatta da un Notaio, o presso la Cancelleria del Tribunale dove si è aperta la successione.

La dichiarazione di accettazione con riserva deve essere trascritta entro un mese per consentire la pubblicità.

Se non è stato già fatto l’inventario dei beni, nelle forme prescritte dal codice di procedura civile, si deve adempiere all’inventario entro il termine di 3 mesi.

In tal modo l’erede ha la garanzia di non essere obbligato a pagare i debiti del defunto oltre a quanto ha ricevuto in eredità.

Accettazione e rinuncia all’eredità

Molte volte a causa dei debiti del de cuius, in particolare per cartelle esattoriali e debiti con il fisco, gli eredi sono costretti a rinunciare all’eredità.

La rinuncia all’eredità è un atto pubblico.

Ai sensi dell’art. 519 del codice civile, deve farsi con dichiarazione resa a un notaio o cancelliere del tribunale in cui si è aperta la successione.

Per poi essere inserita nel registro delle successioni ai fini della pubblicità.

Si può rinunciare all’eredità una volta accettata? 

No, non è possibile rinunciare all’eredità una volta accettata espressamente, tacitamente, o con beneficio di inventario perchè l’accettazione di eredità è un atto irrevocabile

Si può accettare l’eredità dopo avervi rinunciato?

Sì, è possibile eseguire l’accettazione di eredità anche dopo avere effettuato la rinuncia, perché la rinuncia all’eredità non è un atto irrevocabile come l’accettazione.

Il rinunciante conserva per dieci anni il diritto di accettare l’eredità, a condizione che non sia stata accettata da altri chiamati di grado successivo.

L’articolo 525 del codice civile prevede, infatti, che fino a quando il diritto di accettare l’eredità non è prescritto contro i chiamati che vi hanno rinunciato, questi possono sempre accettarla.

Tuttavia, l’accettazione di eredità dopo la rinuncia incontra alcune limitazioni.

L’eredità non deve essere stata acquistata da altro dei chiamati, né può esservi pregiudizio delle ragioni acquistate da terzi sopra i beni dell’eredità.