Cosa è l’opposizione di terzo all’esecuzione?
L’opposizione di terzo è disciplinata dall’ articolo 619 del codice di procedura civile attribuendo a colui che è estraneo all’esecuzione, ma pretenda di avere la proprietà, o altro diritto reale sui beni pignorati, il diritto di proporre opposizione all’esecuzione con ricorso, prima che sia disposta la vendita, o l’assegnazione di beni.
Tale mezzo rappresenta il rimedio per contestare l’esercizio dell’azione esecutiva sotto un profilo limitato: infatti, essendo il terzo estraneo al rapporto tra creditore procedente e debitore esecutato, non essendogli consentito oppugnare il diritto del primo a procedere ad esecuzione forzata, potrà soltanto dedurre che il pignoramento ha colpito un bene non rientrante nel patrimonio del debitore, reclamando la sua qualità di non responsabile.
La giurisprudenza è concorde al riguardo nel ritenere che il terzo opponente, non essendo parte del processo esecutivo, è legittimato a far valere il proprio diritto reale sul bene oggetto dell’esecuzione forzata, ma non ad eccepire i vizi della relativa procedura, o ad impugnare la validità del titolo posto a base di essa ( Cass. 16921/2009 ).
E’ evidente l’affinità dell’istituto con l’opposizione all’esecuzione, disciplinata dall’art. 615 comma 2 dello stesso codice di rito, per effetto del quale, ad esempio, il terzo estraneo al titolo esecutivo ed al precetto, destinatario dell’attività esecutiva, non dovrà avvalersi del rimedio di cui all’art. 619, potendo tutelare la propria posizione giuridica mediante opposizione all’esecuzione.
Qualificare l’opposizione proposta dal terzo come opposizione all’esecuzione, anziché quale opposizione di terzo all’esecuzione, è di rilevante importanza al fine di operare una distinzione sotto il profilo pratico, in quanto solo con l’opposizione all’esecuzione è possibile far valere la questione relativa all’impignorabilità del bene, oltre che proporre opposizione agli atti esecutivi.
I motivi addotti a fondamento dell’opposizione all’esecuzione possono essere, infatti, di merito, qualora si contesti l’esistenza del diritto sostanziale fatto valere dal creditore (per esempio per intervenuta transazione, adempimento e prescrizione); di rito, allorché si contesti la qualità del titolo esecutivo, atto, o documento, sulla cui base si vuole agire, o si sta agendo (per esempio allorché il creditore non vanti una sentenza di condanna, ma di mero accertamento); possono, infine, riguardare la contestazione della legittimazione attiva, o passiva ( per esempio qualora non vi sia stata accettazione di eredità da parte dell’intimato ad adempiere).
Da notare che in dottrina, prevale l’idea che la sentenza che decide l’opposizione di terzo non fa stato in ordine al diritto vantato dal ricorrente, ma solo riguardo all’assoggettabilità o meno dei beni pignorati all’azione esecutiva, procedendo il giudice esclusivamente all’accertamento del diritto del terzo in via incidentale, restando impregiudicata la questione della sua titolarità che, condividendo tale orientamento, potrà essere riproposta al di fuori del processo esecutivo.
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