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Rassegna Stampa

Con la riforma il custode ha responsabilità penali, civili e tributarie

Pubblicato su Il Messaggero il 22 febbraio 2009 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione.

Il custode è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito, con la riforma il custode ha responsabilità penali, civili e tributarie.

Quando è responsabile il custode giudiziario?

Le attività relative alla gestione dell’immobile da parte del custode comportano responsabilità di natura penale, civile, tributaria.

L’art. 2051 del Codice Civile  stabilisce che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia salvo che provi il caso fortuito.

Viene,  così, introdotta una disciplina speciale per i danni arrecati dalle cose di cui si ha la custodia.

Con la riforma il custode ha responsabilità penali, civili e tributarie.

Come dimostrare la colpa del custode?

In passato, la norma veniva interpretata in maniera strettamente aderente al dato testuale con conseguente inversione dell’onere della prova.

Poichè si riteneva che il danneggiato dovesse provare esclusivamente il danno subito senza dover dimostrare  la colpa del custode.

Al custode giudiziario  spettava un’unica e tassativa causa di esonero di responsabilità in presenza di caso fortuito.

Con la riforma il custode ha responsabilità penali, civili e tributarie: condizioni

L’orientamento della Suprema Corte nel ritenere che la colpa fosse presunta ex lege si fondava essenzialmente su due principi:

  1. nell’essersi il danno verificato nell’ambito del dinamismo connaturato alla cosa
  2. e nell’esistenza di un effettivo potere fisico del soggetto su di  essa, in modo da impedire danni a terzi.

Alla luce di  quanto sopra, si riteneva che la presunzione di colpa potesse essere superata dalla prova che il danno fosse derivato esclusivamente da caso fortuito (Cass. Civ. Sez. III n.6340  25/11/1988).

Inversione dell’onere della prova in ordine al nesso causale

Tale orientamento è stato criticato dalla dottrina per vari ragioni in considerazione del fatto che la limitazione della prova liberatoria al caso fortuito non attiene al piano soggettivo dell’illecito essendo  qualcosa di esterno,  come recepito dalla Giurisprudenza più recente con  sentenza Cass. Civ. n. 6753 del  06/04/04.

Ne consegue l’inversione dell’onere della prova in ordine al nesso causale, incombendo sull’attore la prova del nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo e sul convenuto la prova del caso fortuito.

Occorre, poi, distinguere se il bene è nella detenzione del  debitore o se l’immobile è libero, non potendo essere attribuite responsabilità per attività dannose in capo  al  custode poste in essere da colui che risiede all’interno dello  stesso.

Come individuare il grado di responsabilità del  custode nell’esecuzione dell’ufficio affidatogli?

L’art. 67 del c.p.c. prevede che il custode è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti qualora non eserciti la custodia con la diligenza del buon padre di famiglia.

La Giurisprudenza ha ritenuto che tale responsabilità sussista anche nei confronti dei terzi nel caso il custode abbia male adempiuto alle sue funzioni o abbia ecceduto dalla sfere dei poteri ad esso conferiti.

La circostanza che la norma faccia riferimento alla diligenza del buon padre di famiglia determina che per il custode non vi è un’attenuazione della responsabilità, come prevista dall’art. 2236 c.c. per il prestatore d’opera.

Quest’ultimo risponde solo per dolo o colpa grave nei casi di prestazione che implichi soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà.

Responsabilità penale del custode

Vanno inoltre considerare le ipotesi di responsabilità penale di cui agli artt. 334 e 335 c.p. che, pur riferendosi a fattispecie di sequestro, trovano applicazione anche in materia di custodia dei beni pignorati.

Specificamente il custode che danneggi i beni affidatigli allo scopo di favorire il proprietario è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni.

Nel caso poi ne cagioni la distruzione ovvero ne agevoli la soppressione, la reclusione prevista è fino a 6 mesi.

Rileva poi il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice di cui all’art. 388 c.p. che, al comma 5, prevede la reclusione fino ad un anno per il custode che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell’ufficio.  

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