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Danno da perdita parentale

danno tanatologico

Indice

Il danno da perdita del rapporto parentale è un danno riflesso che spetta ai familiari della vittima di un reato per la privazione del vincolo affettivo.

Viene riconosciuto come ristoro per lo sconvolgimento dell’esistenza dovuto all’uccisione del proprio caro.

In questo articolo, affronto una delle tematiche più complesse della responsabilità civile e risarcimento del danno nell’ambito del diritto assicurativo.

Il risarcimento del danno da morte non è dovuto automaticamente, ma spetta ai familiari solo in determinati casi e secondo regole precise, in base a complessi orientamenti giurisprudenziali.

Cos’è il danno da perdita parentale?

Il danno da perdita del rapporto parentale è un danno non patrimoniale iure proprio” che spetta ai familiari della vittima, per l’uccisione del proprio caro.

Consiste nello sconvolgimento dell’esistenza rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita conseguenti al decesso del congiunto.

Il danno che subiscono i familiari per l’uccisione di un familiare è rappresentato dal vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto della persona cara che è venuta meno.

E’ un danno che si concreta nell’irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull’affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti familiari.

Risarcimento del danno da morte

Per la giurisprudenza il danno da perdita del rapporto parentale deve essere dimostrato e provato da chi ne fa richiesta.

Il risarcimento del danno da morte è subordinato alla prova dello sconvolgimento della propria esistenza e dolore per la privazione subìta.

Per il risarcimento del danno da morte da fatto illecito la Cassazione dice che non è possibile risarcire il danno evento, neanche in via eccezionale.

Tale orientamento si rivela non garantista per i familiari di chi resta ucciso in un incidente stradale mortale, ritendendo non dovuta la riparazione del danno in capo agli eredi senza prova della sofferenza.

La risarcibilità del danno conseguenza viene richiamata dall’articolo 1223 del codice civile, laddove si parla di “conseguenza immediata e diretta”.

Il danno da morte, infatti, non è “in re ipsa”, ovvero dovuto per il solo fatto che si è verificato l’evento morte e si è stati privati dell’affetto del proprio familiare.

Per determinare l’importo del risarcimento del danno da morte deve essere provata la sofferenza ed il vincolo affettivo, che ne determinano la misura.

Quando spetta il danno da perdita del rapporto parentale? 

Il danno da perdita del rapporto parentale spetta in presenza di un fatto illecito, ma è subordinato alla prova della sofferenza e dello stravolgimento dell’esistenza dei familiari.

Nel reato di omicidio stradale l’evento mortale coincide con la conseguenza, quale è la perdita della vita.

Dunque: danno evento e danno conseguenza si fondono e coincidono.

La Suprema Corte afferma, però, che che il risarcimento alle vittime della strada, essendo danno conseguenza, non coincide con la lesione dell’interesse.

Ecco, allora, che come tale deve essere allegato e provato per essere concesso.

Così, anche il  risarcimento per la morte di un figlio in un incidente stradale deve avvenire in base a valutazione equitativa.

Tale valutazione deve tenere conto dell’intensità del vincolo familiare, della convivenza con la vittima e di ogni altra ulteriore circostanza allegata (Cass. Civ. n. 1431/2012).

Il danno morale ed il danno esistenziale devono essere provati dai familiari che richiedono il danno da perdita parentale.

Incidendo la relativa intensità sulla misura del risarcimento loro attribuibile. 

Come si prova il danno da morte?

Il danno non patrimoniale è un danno conseguenza che deve essere allegato e provato, anche quando ha determinato la lesione di diritti inviolabili della persona.

Per la giurisprudenza di legittimità, infatti, non può condividersi la tesi che trattasi di danno “in re ipsa”, ovvero dovuto sul solo presupposto del vincolo di parentela.

La prova può essere fornita attraverso indagine medico legale e certificazione del percorso psicoterapeutico e farmacologico conseguente all’illecito, con accertamento delle lesioni fisiche.

La prova documentale prevale sulla prova testimoniale che, comunque, supportata da materiale fotografico, può essere ammessa, insieme al ricorso alle presunzioni legali.

Perciò la relazione medico legale che attesti, all’esito di test attitudinali psicologici, il mutato stato di salute di chi deve convivere con il vuoto venutosi a creare per il lutto familiare conseguenza di un reato, è una prova valida.

Danno iure proprio e iure hereditario 

Quanto una condotta illecita ha provocato la morte di un individuo le conseguenze sono sia di tipo penale che civile ed in ambito civile, dovendosi distinguere diverse ipotesi.

In ambito civile la legittimazione ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale subìto per effetto della morte può essere accordata “iure proprio” ai congiunti del defunto.

Si esclude, invece, che gli eredi possano ottenere “iure hereditario” il risarcimento del pregiudizio subito dal de cuius in conseguenza del decesso.

La sentenza “Scarano”, in controtendenza, ha ammesso la risarcibilità iure hereditario del danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni derivanti da fatto illecito.

Ferma restando la risarcibilità iure proprio del danno subìto dai congiunti, ovvero del danno tanatologico conseguente alla morte, i pregiudizi subiti dalla vittima suscettibili di essere risarciti iure hereditario sono:

  1. il danno catastrofale, o danno conseguente alla sofferenza subita dalla vittima dal momento della lesione a quello della morte, purché la vittima abbia percepito l’imminenza del decesso;
  2. il danno biologico terminale, o danno conseguente al deterioramento della salute della vittima dal momento della lesione a quello della morte, essendo tuttavia necessario che tale intervallo abbia una durata apprezzabile (da qui l’appellativo di danno cronometrico).

Morte immediata e lucida agonia della vittima di reato

Con la sentenza n. 4146/2019 la Cassazione si è pronunciata nuovamente sulla questione della risarcibilità del danno tanatologico.

Questo è il danno di natura non patrimoniale ex art. 2059 c.c. derivante dalla sofferenza patita dal soggetto prima della morte, a causa del fatto illecito che ha generato il reato.

Per le Sezioni Unite se la morte è immediata, o segue alle lesioni entro brevissimo tempo, non sussiste diritto al risarcimento del danno.

Secondo la giurisprudenza è necessaria la sopravvivenza del danneggiato per un lasso di tempo apprezzabile.

Oppure che, pur intervenendo la morte dopo brevissimo tempo, la vittima sia stata cosciente.

La vittima di reato deve rimanere cosciente, in grado di percepire la sofferenza e il patema d’animo derivanti dalla sensazione di morte imminente.

Soltanto in tali ipotesi può darsi corso al risarcimento del danno nei confronti degli eredi “iure hereditatis”.

In quanto, in tali circostanze, il diritto entra a far parte del patrimonio del defunto prima che intervenga la morte, così da poter essere trasmesso agli eredi unitamente agli altri diritti.

Al contrario, in caso di morte immediata, la lesione si verifica nei confronti del bene vita, che è diritto autonomo rispetto al diritto alla salute, il quale è fruibile solo dal suo titolare e non reintegrabile per equivalente.

Cosa è il danno biologico terminale?

Il danno biologico terminale è il danno alla salute patito dalla vittima di un illecito nel periodo intercorrente tra la lesione e la morte.

Tale pregiudizio si identifica nel danno biologico patito dal danneggiato che poi a causa delle lesioni subìte è deceduto.

Si parla di danno biologico terminale con riferimento a colui che è sopravvissuto per un considerevole lasso di tempo ad un evento poi rivelatosi mortale.

Il danneggiato, che poi è deceduto, in tale periodo ha sofferto una lesione della propria integrità psico-fisica autonomamente considerabile come danno biologico.

Il danno biologico terminale deve essere accertato con valutazione medico-legale e viene liquidato alla stregua dei criteri adottati per la liquidazione del danno biologico vero e proprio.

Cosa è il danno catastrofale?

Il danno catastrofale è il pregiudizio patito da colui che, a seguito di un illecito, sia deceduto dopo un lasso di tempo non idoneo a determinare la risarcibilità del danno biologico terminale.

Il danno catastrofale è un danno morale, che si concreta in una sofferenza psichica di massima intensità, anche se di durata contenuta.

La figura del danno catastrofale è stata elaborata per bilanciare il complesso rilievo attribuito alla durata apprezzabile della sopravvivenza.

Sulla base di essa, si ammette anche la risarcibilità della sofferenza provata dalla vittima, che a seguito della lesione percepisce come imminente la fine della propria vita.

Non rileva la durata dell’agonia, ma la consapevolezza del danneggiato e l’intensità della sofferenza.

Resta invece, ingiustificatamente, escluso il risarcimento del danno non patrimoniale subito dalla persona uccisa quando la morte si verifica immediatamente dopo la lesione, o quando l’agonia è breve e inconsapevole (Cass. 22 febbraio 2012, n. 2564).

Il giudice potrà riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l’agonia in consapevole attesa della fine.  

Una sofferenza psichica siffatta, di massima intensità anche se di durata contenuta, non essendo suscettibile, in ragione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico, va risarcita come danno morale.

Danno da perdita del rapporto parentale e danno tanatologico

Disegnati i confini delle figure contigue del danno catastrofico e del danno biologico terminale è possibile comprendere  anche il danno tanatologico, che si identifica con il danno connesso alla perdita della vita.

La teoria maggioritaria predica la non risarcibilità di tale tipologia di danno.

Il soggetto che perde la vita non è in grado di acquistare un diritto risarcitorio.

Perché finché è in vita non vi è perdita e quando è morto da una parte non è titolare di alcun diritto e dall’altra non è in grado di acquistarne (Cass, Civ. Sezione Terza, 23 febbraio 2004, n. 3549).

In tal senso depone, peraltro, anche la circostanza che, allo stato attuale il danno non patrimoniale è considerato danno conseguenza e non più danno evento.

L’ art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge.

Nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell’illecito civile, che si ricavano dall’art. 2043 c.c.

Elementi che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato dall’ingiustizia determinata dalla lesione di interessi meritevoli di tutela e nel danno che ne consegue.

A chi spetta il danno da perdita parentale?

Il danno per la morte di un familiare, spetta al nucleo familiare primario della vittima, dunque ai genitori, ai figli, al coniuge, ai fratelli, ai nonni e ai nipoti.

Il risarcimento del danno da morte spetta in considerazione della privazione del rapporto affettivo tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello.

Il danno da perdita parentale consiste nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto.

Nonché nell’alterazione che la morte inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti.

La morte di un familiare rappresenta un evento doloroso ed irreparabile che si ripercuote nella quotidianità e dà luogo al risarcimento del danno in tutti i casi in cui è stata provocata da un fatto illecito.

Il danno da perdita del rapporto parentale si traduce in un vuoto incolmabile.

In un profondo mutamento e sconvolgimento delle abitudini di vita del nucleo familiare superstite che ha diritto al risarcimento del danno.

Come viene risarcito il danno da perdita parentale?

Il risarcimento agli eredi per il danno da morte avviene secondo gli importi contenuti nelle Tabelle del danno da morte.

La liquidazione del danno non patrimoniale per la perdita del rapporto parentale deve garantire un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, oltre che uniformità di giudizio in casi analoghi.

La Cassazione, con sentenza n. 10579/2021 ha stabilito che il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti.

Oltre all’adozione del criterio a punto, la Tabella del danno da Morte prevede dei valori in relazione all’elencazione delle circostanze di fatto, tra le quali,  l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza.

Tuttavia, non esiste ristoro economico che possa colmare il vuoto per l’uccisione di un proprio familiare.

Il vuoto venutosi a creare per la privazione del rapporto affettivo con la vittima ed il dolore da sopportare per il resto della propria vita non hanno prezzo, poiché la vita è un bene prezioso ed irrinunciabile.

E’ inconcepibile pensare che la Cassazione, avvantaggiando le assicurazioni, si è pronunciata contro la Corte Costituzionale con l’elaborazione di teorie del danno evento e danno conseguenza.

Sulla base di tale elaborazione dottrinale si è giunti a considerare il danno da perdita parentale non “in re ipsa”, ovvero danno non risarcibile automaticamente.

Per avere diritto al risarcimento del danno da morte, dunque, si deve provare  l’entità del vincolo affettivo, fornendo prova della propria sofferenza.  

Gli importi da liquidare agli eredi negli incidenti stradali per il danno da morte sono particolarmente contenuti e vanno da minimo di € 24.350,00 fino ad un massimo di € 336.500,00.

Salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella.

Somme per risarcimento danno da perdita rapporto parentale

La liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale avviene in relazione al grado di parentela con il proprio congiunto, all’età della vittima e del familiare superstite.

La Tabella di calcolo del danno da morte del Tribunale di Roma nel 2023, prevede un valore punto per il danno da morte pari ad euro 11.356,15.

Ai genitori, al coniuge ed al convivente per la morte di un figlio, del proprio marito, o della propria moglie, la Tabella di calcolo del danno da morte riconosce 20 punti.

Ai figli, per la morte dei genitori, vengono riconosciuti 18 punti, ai fratelli 7 punti, ai nipoti ed agli zii per il danno da morte del proprio congiunto sono attribuiti 6 punti.

Il calcolo del danno da morte in base alla Tabelle del Tribunale di Roma prevede anche dei punti in aggiunta in base all’età della vittima e all’età del congiunto.

Così sono riconosciuti 4 punti aggiuntivi per la convivenza e 3 punti in più per l’assenza di altri familiari. 

La Tabella del danno da morte del Tribunale di Milano del 2024 prevede una forbice per genitori, figli, coniuge e convivente con i valori da € 195.551,59 a € 391.103,18, che per i fratelli ed i nipoti si riduce da € 28.301,23 a € 169.830,60.

In che misura incidono età e convivenza nel risarcimento del danno da morte?

Ai fini del calcolo del danno da morte si tiene conto della qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto.

Sia in termini di sofferenza interiore patita, da provare anche in via presuntiva, sia in termini di stravolgimento della vita della vittima secondaria, nella sua dimensione dinamico relazionale.

L’età  della vittima e del familiare superstite danno, poi, diritto ad ottenere una maggiorazione del risarcimento del danno da morte, tenuto  conto dell’aspettativa di  vita.

Sia per l’età della vittima che per l’ età del congiunto i punti in aggiunta, per entrambi, per il calcolo del danno da perdita del rapporto parentale, in base alle rispettive età, secondo il Tribunale di Roma, sono:

  •  fascia di età 0-10: 5 punti in più
  •  età compresa tra 10 e 20 anni: si aggiungono 4,5 punti  
  • età della vittima e/o del familiare 21-30: si sommano 4 punti 
  • fascia età 31-40 anni: 3,5 punti in aggiunta al danno da morte
  • anni 41-50: 3 punti in più
  • anni 51-0: 2,5 punti 
  • età compresa tra 61 e 70 anni: si devono aggiungere al conteggio del danno da morte 2 punti
  • per età comprese tra 71 e 80 si sommano 1,5 punti e per età oltre 80 anni 1 punto.

In caso di non convivenza e mancanza di prova di vincolo affettivo la Tabella di calcolo del Danno da Morte prevede che gli importi possono essere ridotti fino alla metà.

Nel caso di prova di assenza di vincolo affettivo, invece, è previsto addirittura che nulla sia dovuto ai familiari della vittima di reato.