
“L’articolo 579 del codice di procedura civile dispone che ognuno, ad eccezione del debitore, è ammesso a fare offerte all’incanto e che le stesse devono essere presentate personalmente, o a mezzo di mandatario munito di procura speciale nella cancelleria addetta del Tribunale ove si tiene la vendita”, spiega l’avvocato Gianluca Sposato, presidente dell’Associazione custodi giudiziari. Il divieto a carico del debitore di rendersi acquirente dei propri beni in sede di vendita forzata e l’ambito dei soggetti ammessi a partecipare alla vendita coincidono con il disposto di cui all’articolo 571 dello stesso codice di rito che disciplina le modalità delle offerte di acquisto nella vendita con incanto. “Molto si è discusso circa la ragione di questo divieto, individuata – continua l’avvocato Sposato – nel pericolo di turbativa della libertà della vendita, che verrebbe pregiudicata dalla presenza del debitore, per riguardo del quale alcuni partecipanti potrebbero astenersi dal formulare offerte”. “Tale divieto opera anche – osserva ancora l’avvocato Sposato – se il debitore offra per interposta persona, purché vi sia interposizione fittizia ed il terzo sia un mero prestanome; mentre l’ipotesi di interposizione reale, nel caso in cui il terzo acquisti il bene pagandolo con denaro proprio ed obbligandosi a rivenderlo successivamente al debitore, con apposito patto di retrovendita, è stata ritenuta estranea al divieto imposto dalla norma”.
Sentenza della Corte Suprema
A riguardo, la Corte di Cassazione con sentenza n. 3952 del 1988 ha ritenuto nullo il patto tra debitore e terzo con cui quest’ultimo si obblighi a ritrasferire al primo l’immobile acquistato all’asta, a meno che non si tratti di mero impegno rispetto ad una eventuale retrocessione da compiersi nel momento in cui il debitore venga a trovarsi nuovamente in condizioni economiche che gli permettano l’acquisto. “Il divieto di partecipare all’incanto vale anche per gli eredi del debitore – sottolinea l’avvocato Sposato – mentre non opera per i prossimi congiunti, né per il coniuge, anche se in regime di comunione legale dei beni. Per le stesse ragioni si ritiene che, in linea di principio, non sia vietato al socio di società di capitali proporsi come offerente per l’acquisto di un immobile pignorato in danno della società, attesa l’autonomia patrimoniale che caratterizza l’ente rispetto ai singoli soci (Cass. 11258/2007 )”. Secondo l’opinione maggiormente condivisa la violazione del divieto comporterebbe l’impugnabilità dell’aggiudicazione, da esperirsi attraverso il mezzo dell’opposizione agli atti esecutivi, decorrendo il relativo termine dalla scoperta dell’accordo fraudolento; altri sostengono, più rigorosamente invece, che la sua elusione determinerebbe la radicale nullità dell’offerta e dell’eventuale aggiudicazione.
Offerta per persona da nominare
Una particolarità della norma in commento, infine, è rappresentata dalla previsione per l’avvocato di poter presentare offerta anche per persona da nominare, essendogli consentito di offrire e rendersi aggiudicatario per conto di un terzo da individuarsi mediante dichiarazione da depositarsi in cancelleria nel termine di tre giorni dall’incanto, unitamente al mandato ricevuto. “Al riguardo, bisogna però precisare – conclude l’avvocato Sposato – che qualora l’offerta per persona da nominare avvenga da parte di chi non è avvocato, l’aggiudicazione resterà ferma in capo a colui che ha presentato materialmente l’offerta, applicandosi per analogia il disposto dell’articolo 1405 del codice civile, che prevede nel caso in cui la dichiarazione di nomina non sia fatta validamente nel termine stabilito dalla legge o dalle parti, che il contratto produca i suoi effetti tra i contraenti originari. Tale circostanza è stata ribadita dalla Suprema Corte con sentenza n. 5145 del 1981, non essendo comunque configurabile, nella fattispecie sopra enunciata, alcun vizio dell’aggiudicazione”.