
“La comunione legale tra coniugi non rappresenta una normale comproprietà in cui ciascuno è titolare della quota pari al cinquanta per cento, trattandosi di comunione particolare senza quote in cui i coniugi sono proprietari del tutto – spiega l’avvocato Gianluca Sposato – presidente dell’Associazione custodi giudiziari -. Prima della riforma del diritto di famiglia, in vigore dal 20 settembre 1975, il regime imposto, in mancanza di diverso accordo tra i coniugi, era quello della separazione dei beni; ma per i beni immobili acquistati a partire da tale data si applica il regime di comunione legale, a meno che anche uno solo dei coniugi, che abbia contratto matrimonio precedentemente all’entrata in vigore della riforma, non abbia optato, durante il periodo transitorio in vigore fino al 16 gennaio 1978, per il regime della separazione dei beni”. Queste considerazioni sono importanti al fine di instaurare correttamente una procedura espropriativa immobiliare, distinguendo se l’esecutato abbia acquistato i beni da sottoporre a pignoramento immobiliare in comunione legale tra coniugi o meno, con le relative problematiche interpretative connesse.
Articolo 179
“A riguardo – prosegue l’avvocato Sposato -, è indispensabile rammentare che l’art. 179 del codice civile, prevede che alcuni beni non cadano nella comunione legale tra coniugi: a) o perché acquistati prima del matrimonio; b) o perché provenienti da successione o donazione successivamente al matrimonio, quando nell’atto di liberalità, o nel testamento non sia indicato che sono attribuiti alla comunione. Inoltre, non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge: c) quelli di uso strettamente personale ed i loro accessori; d) i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge (tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione); e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno, nonché la pensione attinente alla perdita parziale, o totale della capacità lavorativa ed, infine, come previsto dalla lettera f del citato articolo, i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati, o con il loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto. L’acquisto di beni immobili, o di beni mobili quali navi, aeromobili, autoveicoli, per i quali è prevista la pubblicità, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione ai sensi delle lettere c), d) ed f) elencati quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto, se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge”. Un approfondimento particolare merita la lettera f dell’articolo in commento, in quanto se la norma non considera sufficiente, perché il bene sia personale, che esso sia acquistato con il prezzo della cessione, ovvero con lo scambio di un bene già personale richiedendo che tale circostanza sia oggetto di una specifica dichiarazione del coniuge acquirente, la giurisprudenza ha, di fatto, interpretato in modo assai restrittivo tale requisito.
Cassazione
“È di assoluto rilievo in proposito – conclude l’avvocato Sposato – ricordare che la Suprema Corte con la nota sentenza n. 1556 del 1993 ha precisato come sia superflua tale dichiarazione nel caso in cui sia obiettivamente certo il carattere personale del corrispettivo impiegato per l’acquisto, come nel caso in cui uno dei coniugi acquisti un bene mediante la permuta di un bene personale. Ricorrendo tale fattispecie, allorquando i coniugi siano sposati in regime di comunione legale dei beni, ove l’atto derivativo sia una permuta con beni personali, non sarà necessaria la dichiarazione di cui al secondo comma dell’art. 179, né tantomeno la presenza dell’altro coniuge alla stipula del relativo rogito, poiché il bene permutato ricadrà nella piena proprietà del solo coniuge che ne dispone”.