Pubblicato su Il Messaggero il 29 maggio 2011.
“La legge non prevede l’obbligatorietà dell’assistenza di un avvocato per partecipare a un’asta immobiliare – spiega l’avvocato Gianluca Sposato, presidente dell’Associazione custodi giudiziari – infatti chiunque può parteciparvi personalmente, senza l’ausilio di un tecnico, a suo rischio e pericolo considerato che l’assistenza di un professionista esperto nel settore è sempre consigliabile, sia per uno studio attento della procedura volto a individuare eventuali aspetti d’intralcio all’emissione del decreto di trasferimento, sia per monitorare il corretto compimento delle attività successive alla fase di aggiudicazione, che dopo la riforma del 2005 sono state demandate al custode delegato.
La vendita giudiziaria non è immune, infatti, da situazioni patologiche che potrebbero danneggiare l’acquirente anche una volta che la vendita si sia perfezionata con l’emissione del decreto di trasferimento”. La vendita forzata da parte del tribunale di un immobile pignorato avviene a corpo, nello stato di fatto e di diritto in cui il bene si trova e non è soggetta alle norme concernenti la garanzia per vizi o mancanza di qualità non potendo, in principio, essere revocata per alcun motivo. “L’ordinanza di vendita – aggiunge l’avvocato Sposato – specifica che alcuna richiesta di risarcimento, indennità o riduzione del prezzo è legittimata da eventuali vizi, dalla mancanza di qualità o dalla difformità del bene venduto, dall’esistenza di oneri di qualsiasi genere che lo interessino, quali ad esempio quelli connessi all’adeguamento di impianti alle leggi vigenti, anche se occulti e non evidenziati nella perizia di stima.
Dunque, onde evitare eventuali rischi, è essenziale che chiunque voglia acquistare un immobile nell’ambito di una vendita giudiziaria legga con la massima attenzione la consulenza tecnica di stima dell’immobile pignorato, visiti l’immobile con l’assistenza del custode e, qualora non disponga di adeguate competenze tecniche, si affidi a un avvocato con esperienza nel settore delle esecuzioni immobiliari per approfondire aspetti rilevanti inerenti la procedura”.
Occorre però tener conto che, sebbene l’articolo 2922 del codice civile prevede che alle vendite forzate non si applica la garanzia per i vizi della cosa, la giurisprudenza prevalente ha ritenuto di mantenere fermi alcuni principi a tutela dell’acquirente. “Infatti una vendita giudiziaria resta annullabile quando il bene sia del tutto diverso da quello indicato nell’ordinanza di vendita, oppure quando manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere la sua naturale funzione economico-sociale, o risulti del tutto compromessa la sua destinazione d’uso, qualora questa abbia costituito elemento determinante per l’offerta di acquisto”, afferma l’avvocato Luca Bernardini, consigliere dell’Associazione custodi giudiziari. “Un esempio tipico in tal senso può essere quello dell’ordinanza di vendita che, anche per il tramite del rinvio alla perizia, qualifichi un terreno edificabile quando in verità non lo è. La Suprema Corte con la sentenza n. 7294 del 13 maggio 2003 ha ritenuto applicabile alle vendite giudiziarie l’articolo 1489 del codice civile che legittima il compratore a chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, salvo il diritto al risarcimento del danno, quando il bene risulti gravato da oneri, diritti reali o personali non apparenti. Fattispecie rilevanti in tal senso potrebbero essere quella di un fondo gravato da una servitù prediale non apparente, l’esistenza di un vincolo risultante da un atto d’obbligo assunto nei confronti del Comune dove sorge la costruzione, oppure la riduzione della potenzialità edificatoria per effetto di un trasferimento di cubatura. Nei casi esposti si può ritenere che a nulla rilevi che nell’ordinanza di vendita sia stato previsto che l’immobile sia venduto nello stato di fatto e di diritto in cui si trova, dovendosi applicare la tutela prevista per l’acquirente in caso di limitazioni non apparenti e non conosciute”.