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Il creditore privo di titolo può mettere in atto procedure per recuperare le somme

Pubblicato su Il Messaggero il 31 gennaio 2010.

Ci stiamo occupando di una materia delicata, del modo in cui i creditori devono dimostrare di avere i titoli per esigere…

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Case all’asta, ecco il piano di riparto

Pubblicato su Il Messaggero il 10 gennaio 2010 dall’Avvocato Gianluca Sposato dell’ISLE. Vietata la riproduzione. Tutti i diritti riservati 

Il progetto di distribuzione nelle vendite giudiziarie

La formazione del progetto di distribuzione è regolata dall’art. 596 del codice di procedura civile che richiama l’art. 510 dello  stesso codice di  rito, disciplinando la distribuzione della somma ricavata. 

Nell’espropriazione immobiliare la distribuzione del ricavato può presentare maggiore complessità rispetto alle altre forme di espropriazione per la possibile presenza, accanto ai creditori chirografari, di creditori ipotecari di grado diverso.

Case all’asta ecco il piano di riparto: la graduazione dei crediti

Per quello che concerne le graduazioni si segue, il  seguente ordine:

  1. spese privilegiate ex art. 2770 del  codice civile e seguenti;
  2. ordine cronologico delle ipoteche;
  3. crediti da lavoro dipendente;
  4. chirografari intervenuti tempestivamente;
  5. chirografari intervenuti tardivamente;
  6. creditori intervenuti privi di titolo esecutivo.

Effettuata la vendita ed avvenuto il saldo prezzo, il Giudice nomina un professionista per la predisposizione del piano di riparto che di solito è lo stesso delegato.

Gli interventi tempestivi, sono regolati  dall’ art. 564 del  codice di procedura civile, mentre gli interventi tardivi dal seguente art. 565.

Soltanto i creditori iscritti e quelli privilegiati  intervenuti dopo l’udienza di  autorizzazione alla vendita, ma prima della formazione del progetto di distribuzione, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti.

La posizione del credito chirografario nel piano di riparto

Case all’asta ecco il piano di riparto: i creditori chirografari che intervengono prima della formazione del progetto di  distribuzione concorrono alla distribuzione di  quella parte della somma ricavata che sopravanzi.

Quindi hanno una posizione in  coda rispetto  ai  diritti del creditore che ha introdotto  l’esecuzione forzata con l’atto di pignoramento e di quelli intervenuti iscritti e privilegiati.

La precisazione del credito deve avvenire con la massima chiarezza ed essere supportata dalla relativa documentazione attestante l’importo richiesto.

Il delegato avendo accesso al conto bancario legato alla procedura deve ripartire il  ricavato a tutti gli aventi diritto seguendo  la graduazione dei  crediti e gli importi  dovuti. 

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Dalla gestione del bene alla manutenzione, tutti i compiti del custode

Pubblicato su Il Messaggero il 10 gennaio 2010 dall’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente emerito dei custodi giudiziari e delegati alle venite immobiliari.

Che attività compie il custode dell’immobile pignorato?

Dalla gestione del bene alla manutenzione, tutti i compiti del custode: l’attività di custodia dell’immobile pignorato è disciplinata dall’art. 560 del codice di procedura civile.

Il professionista incaricato, quale pubblico ufficiale ed ausiliario del giudice, provvede all’amministrazione e gestione dell’immobile pignorato, esercitando le azioni previste dalla legge per conseguirne la disponibilità.

Le attribuzioni del custode possono suddividersi fondamentalmente in due  categorie:  

  1. gestione e manutenzione  del  bene;
  2. vendita e distribuzione del ricavato.

 Una volta effettuato lo studio del fascicolo, il custode deve effettuare il sopralluogo dell’immobile pignorato e segnalare al giudice  eventuali  difficoltà riscontrate.

Dalla gestione del bene alla manutenzione, tutti i compiti del custode: l’immissione in possesso

Il custode, qualora riscontri resistenza, può chiedere che vengano adottati i provvedimenti di cui all’art. 560 comma 3 cpc, che disciplina le operazioni di rilascio dell’immobile.

L’immissione in possesso dell’immobile rappresenta una delle maggiori  novità introdotte dalla riforma del 2006, la cui centralità ed importanza è ravvisabile nell’impulso conferito alla procedura.

Con la possibilità di emettere alla prima udienza utile l’ordinanza di vendita.

Il custode giudiziario, acquisendo ogni utile informativa e documentazione, redige un verbale di immissione nel possesso, rimanendo da quel momento il debitore od il terzo occupante, mero detentore dell’immobile.  

Lo stato di conservazione dell’immobile pignorato

Sempre in sede di sopralluogo, il custode giudiziario, che coordina anche le operazioni dell’esperto nominato per la stima dell’immobile, verifica lo stato di conservazione del cespite pignorato.

Provvedendo a segnalare eventuali necessità di urgente manutenzione al giudice e verificando, altresì, la conformità dei dati con quanto riportato nel pignoramentoe nella documentazione acquisita alla procedura.

Nel caso di immobile occupato da un terzo, il professionista dovrà verificare l’esistenza di un titolo.

Accertando se sia opponibile alla procedura, a seconda che sia stato trascritto in data anteriore al pignoramento o meno.

Verificando la data di registrazione del contratto, oltre che la congruità del canone di locazione.

Nel qual caso ordinerà di interrompere i pagamenti in favore del debitore  proprietario, provvedendo al versamento quali frutti nel conto intestato alla procedura.  

Contratto di locazione opponibile alla procedura esecutiva

Giova precisare, a riguardo, che qualora il contratto di locazione sia opponibile non potrà essere rinnovato tacitamente alla scadenza, necessitando di specifica autorizzazione del giudice dell’esecuzione.

Ciò in base al disposto dell’art. 560 del codice di procedura civile, come ribadito dalla Suprema Corte con sentenza n. 1639 del 25 febbraio 1999.  

Una particolare fattispecie, che merita  breve  accenno, ricorre poi quando il cespite pignorato sia occupato dal coniuge affidatario a seguito di  un provvedimento di assegnazione della  casa coniugale.

Si è dibattuto molto in dottrina sulla possibilità di opporre tale titolo ai terzi e sull’argomento sono intervenute  le Sezioni Unite della Cassazione Civile chiarendo ogni dubbio.

Con  Sentenza n. 11096/02 hanno stabilito che il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare al coniuge affidatario, avendo per definizione data certa, è opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente in data successiva per nove anni dalla data dell’assegnazione, ovvero – ma solo ove il titolo sia stato in precedenza trascritto – anche oltre i nove anni.

Se avete subìto un pignoramento immobiliare, o la vostra casa sta per essere venduta all’asta l’Avvocato Gianluca Sposato, è disponibile ad accettare un incarico per assistervi nella procedura esecutiva immobiliare a Roma ed in tutta Italia ai fini di evitare la vendita all’asta dell’immobile pignorato.

Per appuntamenti e conferimento di incarico chiamare 06.3217639. Non si presta consulenza telefonica gratuita.

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Case all’asta, l’inadempimento dell’aggiudicatario

Pubblicato su Il Messaggero il 13 dicembre 2009 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati. Vietatala riproduzione.

L’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non può essere proposta se non decorsi dieci giorni dal pignoramento.

Tranne che per le cose deteriorabili, delle quali può essere disposta l’assegnazione o la vendita immediata, come previsto dall’art. 501 del codice di procedura civile.

Qual’è la differenza tra vendita con incanto  e senza incanto?

La vendita rappresenta la fase centrale del processo di esecuzione immobiliare e  può essere senza incanto, o con incanto.

La prima è preceduta dal deposito di un’offerta irrevocabile accompagnata da una cauzione non inferiore ad un decimo del prezzo proposto.

L’immobile è aggiudicato all’offerente o, nel caso di pluralità di offerenti, a colui che abbia presentato l’offerta più alta all’esito di una gara e l’eventuale aggiudicazione è definitiva.

Qualora la vendita senza incanto non abbia avuto esito, si procede alla vendita con incanto.

La quale è preceduta dal deposito della domanda di partecipazione e della cauzione indicata nell’ordinanza di vendita, non superiore ad un decimo del prezzo base d’asta.

Se, aperto l’incanto, non è effettuato alcun rilancio, lo stesso è dichiarato deserto.

Case all’asta l’inadempimento dell’aggiudicatario: il versamento del saldo prezzo

L’eventuale aggiudicazione non è definitiva in quanto nel termine di dieci giorni possono essere formulate offerte in aumento di almeno un quinto rispetto al prezzo di aggiudicazione.

Con conseguente riapertura della gara, come previsto dall’art. 584 del codice di procedura civile.

L’art. 587 dello stesso codice prevede che se il prezzo non è depositato nel termine stabilito, il giudice dell’esecuzione con decreto dichiara la decadenza dell’aggiudicatario.

Pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa e quindi dispone un nuovo incanto a norma degli articoli 576 e seguenti.

Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a quello dell’incanto precedente, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza.

La decadenza dell’aggiudicatario inadempiente deve essere dichiarata dal giudice d’ufficio, non essendovi concordia sulla possibilità di evitarla con l’assenso di tutti i creditori sul  tardivo versamento del prezzo in ritardo da parte sua.

Case all’asta l’inadempimento dell’aggiudicatario: perdita della cauzione

Alla dichiarazione di decadenza segue la perdita della cauzione, che diviene parte del ricavato dell’espropriazione, pur non  essendo pacifica l’individuazione del soggetto al quale essa va restituita in caso di estinzione della procedura.

O laddove vi sia un residuo attivo dopo la distribuzione e la soddisfazione di tutti i creditori, sostenendosi da parte della dottrina che l’importo è rimesso, in tali casi, all’aggiudicatario inadempiente, pena l’ingiustificato arricchimento del debitore.

Ritenendosi da altri che la perdita della cauzione, concorrendo a formare la somma da distribuire a norma dell’art. 509 c.p.c., vada a vantaggio del debitore esecutato.

Contro il decreto, che ha natura di provvedimento esecutivo non decisorio, è proponibile,  comunque, opposizione ex art. 617 c.p.c.

Il prezzo base per il nuovo incanto è fissato nella misura determinata a norma dell’art. 568, essendo irrilevante, stante l’inadempimento, il prezzo della precedente aggiudicazione.

Nel caso in cui il ricavato della nuova vendita, sommato alla cauzione già incamerata alla procedura, sia inferiore al prezzo di aggiudicazione non versato, l’aggiudicatario risponde personalmente della differenza, che sarà tenuto a versare alla procedura.

A tal fine il giudice dell’esecuzione pronuncia un decreto di condanna ai sensi dell’art. 177 disp. att. c.p.c. ed, in caso di mancato pagamento spontaneo, il decreto in questione costituisce titolo esecutivo a vantaggio dei creditori che abbiano ottenuto l’attribuzione del credito in sede di distribuzione.

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La partecipazione degli eredi alla procedura esecutiva

Pubblicato su Il Messaggero il 6 dicembre 2009 dall’Avvocato Gianluca Sposato, specializzato in responsabilità civile, diritto immobiliare e diritto ereditario. Vietata la riproduzione. Tutti i diritti riservati

Efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi

L’art. 477 del  codice di procedura civile sancisce che il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi, ma si può loro notificare il precetto soltanto dopo dieci giorni dalla notificazione del titolo.

Entro un anno dalla morte, la notificazione può farsi agli eredi collettivamente e impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto.

La questione è  di  particolare interesse per la partecipazione degli eredi alla procedura esecutiva.

La notificazione del titolo e del precetto agli eredi

La disposizione consente che il titolo esecutivo sia utilizzato contro coloro che, quali eredi, succedono a titolo universale all’obbligato.

In altri termini, il titolo ha un’efficacia ultra partes contro i successori universali mortis causa di colui che è individuato come obbligato nel titolo stesso.

La notificazione del titolo e del precetto agli eredi presuppone che i chiamati all’eredità, non in possesso dei beni ereditari, abbiano accettato l’eredità stessa espressamente o tacitamente.

In proposito, si nega rilevanza all’accettazione sopraggiunta in corso di giudizio di opposizione proposta dall’intimato.

Ciò sul presupposto che la legittimità del precetto va riscontrata con riferimento all’epoca della sua intimazione, a prescindere da vicende successive, ancorché idonee a conferire retroattivamente efficacia al titolo esecutivo.

Tali principi  trovano  costante orientamento nella giurisprudenza sia di legittimità  che di merito in tema di partecipazione degli eredi alla procedura esecutiva(Cass. 2849/1992; Cass. 11282/1991).

Omissione della preventiva notificazione agli eredi del titolo esecutivo

In ogni caso l’omissione della preventiva notificazione agli eredi del titolo esecutivo riguardante il loro dante causa integra una opposizione agli atti esecutivi (Cass. 4848/1986).

Il 2° comma dell’articolo  477 prevede un meccanismo di notificazione agevolata del titolo esecutivo agli eredi dell’originario obbligato defunto.

Si consente che, entro l’anno successivo alla morte, il titolo sia notificato agli eredi in quanto tali, collettivamente ed impersonalmente, nell’ultimo domicilio del defunto.

Così il legislatore prende atto della difficoltà, per il creditore, di identificare e rintracciare tutti gli eredi del debitore defunto  e consente la notificazione impersonale e collettiva.

In passato si esprimeva il principio per cui il creditore, per esercitare l’azione esecutiva nei confronti del successore a titolo universale del proprio debitore, dovesse ripetere la notificazione del titolo, in forma esecutiva, ai successori.

Questo, relativamente la partecipazione degli eredi alla procedura esecutiva, anche anche quando la notificazione fosse già avvenuta nei confronti dell’originario debitore (Cass. 7067/1993). 

Il problema della necessità di notificare nuovamente agli eredi titolo esecutivo e precetto nel caso di decesso del debitore, al quale già tali atti siano stati notificati è stato affrontato dalla  Corte di Cassazione.

Con  sentenza n. 5200 del  21/04/2000,  ha affermato che l’art. 477 c.p.c. non impone alcun obbligo di notificare nuovamente il titolo esecutivo ed il precetto agli eredi di una persona defunta alla quale siano già stati notificati sia l’uno che l’altro.

Cosa succede se la morte avviene prima della notificazione del precetto al debitore?

Tale obbligo sussiste, invece, se alla persona poi defunta non sia stato notificato né l’uno né l’altro, oppure sia stato notificato solo il titolo esecutivo e non anche il precetto.

La giurisprudenza ha così aderito all’orientamento dottrinario per cui se la morte avviene prima della notificazione del precetto al debitore deve notificarsi di nuovo il titolo esecutivo e, dopo dieci giorni, il precetto agli eredi.

Se avviene dopo la notificazione del precetto, il pignoramento ha luogo in danno degli eredi ma non è necessario ripetere la notificazione del titolo esecutivo per la partecipazione degli eredi alla procedura esecutiva.

Per prenotare un appuntamento, o una consulenza telefonica con l’Avvocato Gianluca Sposato tutte le informazioni sui costi dei servizi sono  nell’area Assistenza legale24h

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Inefficace il pignoramento se trascorrono 90 giorni senza chiedere la vendita

Pubblicato su Il Messaggero il 22 novembre 2009.

L’art. 562 del codice di procedura civile stabilisce che se il pignoramento diviene inefficace per il decorso del termine…

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Corso di formazione per i nuovi professionisti delegati alle vendite

Pubblicato su Il Messaggero il 8 novembre 2009.

Si è concluso lo scorso 29 ottobre con il rilascio degli attestati di partecipazione, che potranno costituire…

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Le somme residue restituite al debitore dopo la vendita

Pubblicato su Il Messaggero il 18 ottobre 2009.

I creditori hanno un diritto di prelazione sui beni pignorati, lo stabilisce l’articolo 498 del codice di procedura civile…

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I creditori esercitano sui beni pignorati un diritto di prelazione

Pubblicato su Il Messaggero il 11 ottobre 2009.

L’art. 498 del codice di procedura civile stabilisce che dell’espropriazione devono essere avvertiti i creditori che sui beni…

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Case all’asta, la riduzione del pignoramento

Pubblicato su Il Messaggero il 20 settembre 2009 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati.

La riduzione del pignoramento

L’art. 496 cpc prevede che su istanza del debitore, quando il valore dei beni pignorati sia superiore all’importo delle spese e dei crediti del procedimento esecutivo, il  giudice, sentiti creditore pignorante ed intervenuti, possa disporre la riduzione del pignoramento.

Circa la natura dell’istituto si  è molto dibattuto in  dottrina, propendendo parte di  essa per la tesi che costituisca un rimedio di legittimità, mentre altri sostengono  che si tratti di un rimedio di mera opportunità.

La soluzione dipende spiega l’Avvocato Gianluca Sposato specializzato in diritto immobiliare, dall’inquadramento del pignoramento eccessivo, consentito da una parte della dottrina e ritenuto illegittimo da altri.

Quando è possibile chiedere la riduzione del pignoramento?

Secondo  opinione diffusa al creditore sarebbe sempre consentito il pignoramento immobiliare su beni  di valore superiore all’importo del proprio credito, per evitare il rischio di rimanere insoddisfatto in caso di intervento di altri creditori. 

Coerentemente con tale orientamento nelle case all’asta la riduzione del pignoramento avrebbe natura di mero rimedio di opportunità affidato alla discrezionalità del giudice.

Secondo una opinione meno diffusa, invece, il pignoramento eccessivo sarebbe illegittimo, con la conseguenza che la riduzione in  forza dell’art. 496 acquisterebbe natura di  rimedio  di legittimità.

Termine per chiedere la riduzione del pignoramento immobiliare

Circa il termine iniziale della riduzione, l’opinione tradizionale della dottrina sostiene che l’istanza di  riduzione del pignoramento sarebbe inammissibile se proposta prima dell’udienza di autorizzazione della vendita.

Ciò sulla necessità  di  evitare di frustrare le aspettative dei creditori che fino a quel momento possono tempestivamente intervenire nel processo di esecuzione.

Tale costruzione dottrinale è  stata, tuttavia,  smentita dalla giurisprudenza di legittimità  ( Cass. 8221/1999; Cass. 12618/1999 ) che ha ribadito che non esiste alcun limite temporale alla presentazione dell’istanza di riduzione. 

In caso di pignoramento eseguito su beni di valore eccedente il credito per cui si procede, il debitore deve proporre una domanda al giudice dell’esecuzione per ottenere la liberazione dei beni dal pignoramento, o la sua riduzione.

Impiego del mezzo esecutivo connotato da dolo o colpa grave

In presenza di un eccesso nell’impiego del mezzo esecutivo connotato da dolo o colpa grave, è giustificata non solo l’esclusione dall’esecuzione dei beni pignorati in eccesso, ma anche la condanna del creditore procedente per responsabilità processuale aggravata.

Questo principio valido nelle case all’asta per la riduzione del pignoramento è stato stabilito dalla Suprema Corte di cassazione con Sentenza  n.18533 del  2007.

L’ordinanza con la quale il  giudice dell’esecuzione rigetta l’istanza di  riduzione del pignoramento, se revocabile o  modificabile fino a quando non sia stata eseguita, non è  impugnabile con il  ricorso per Cassazione ex art.  111 Costituzione.

Ma con l’opposizione agli  atti  esecutivi ex art.  617  codice di procedura civile, sia per contestarne la regolarità  formale che l’opportunità  ( Cass. 10998/2003, Cass. 797/1999 ) –  conclude l’Avv. Gianluca Sposato.

 

 

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