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Danno esistenziale

Danno esistenziale

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Cos’è il danno esistenziale? 

Il danno esistenziale è il danno arrecato all’esistenza di una persona a seguito di un fatto illecito, quel danno che si traduce in un peggioramento della qualità della vita, pur non essendo inquadrabile nel danno alla salute.

Viene, pertanto, interpretato come un tertium genus all’interno della responsabilità civile.

Quale insieme ben distinto sia dal tronco del danno patrimoniale, sia da quello del danno morale.

Dunque: una realtà incentrata sul “fare non reddituale” della persona, tale da sconvolgere le sue abitudini di vita, incidendo nella normale estrinsecazione della sua personalità.

Su questa posta di danno, ovvero su tale ulteriore richiesta di liquidazione del danno la giurisprudenza si è mossa molto timidamente.

Dopo le sentenze gemelle di San Martino, che hanno enunciato il principio per cui il danno deve essere risarcito nella sua interezza, ma senza duplicazioni risarcitorie, è raro che i giudici tendano a liquidarlo se si tratta di lesioni lievi, se non in presenza di prove inconfutabili e rigorose.

Le 4 sentenze gemelle n. 26972-26973-26974-26975 delle Sezioni Unite dell’11 novembre 2008, chiamate a dirimere il contrasto sul danno esistenziale hanno confermato e consolidato quanto espresso nel 2003 dalla Suprema Corte con le sentenze 7281, 7283, 8827 e 8828.

Principi confermati dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 233, che ha delineato un quadro ermeneutico a fronte del quale ha assunto particolare rilievo la categoria descrittiva dei pregiudizi esistenziali.

Quando si ha il danno esistenziale?

Il danno esistenziale si ha in tutti quei casi in cui la vita di un individuo è stata stravolta o, comunque, ha subìto radicali cambiamenti in peggio nella sua vita di relazione a seguito di un fatto illecito. 

La Cassazione ha affermato che “il riferimento a determinati tipi di pregiudizio in vario modo denominati, risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il  riconoscimento di distinte categorie di danno”.

In tal modo ha confermato il principio secondo il quale il danno non patrimoniale non è suscettibile di suddivisione in categorie variamente etichettate, riconoscendo al danno biologico portata tendenzialmente omni-comprensiva.

Il nodo da sciogliere rimane il criterio che il giudice deve adottare per la liquidazione del danno dinamico relazionale.

Dovendosi “procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza”. 

Il danno esistenziale incide nella vita di relazione del danneggiato che, per esempio, accusi distimia, umore depresso, disturbi del sonno.

Si è in presenza di un  danno  esistenziale quando il danneggiato non può più avere rapporti intimi con il proprio partner, non è in grado di praticare attività sportive cui  prima dedicava il proprio tempo, ricreative, o ludiche a causa dei danni subìti.

Tutti questi aspetti sono compresi nella definizione del danno esistenziale che devono essere non soltanto provati, ma documentati dal danneggiato che intende richiedere anche tale posta del danno non patrimoniale.

Come si calcola il danno esistenziale?

Nel corso di una costante evoluzione giurisprudenziale oggi al danno esistenziale si è data una nuova connotazione e si preferisce parlare di danno dinamico relazionale.

Circa la relativa quantificazione e, dunque, il criterio di calcolo del danno  esistenziale, vale in linea di massima il discorso relativo al danno morale.

Il calcolo del danno esistenziale rientra nella quantificazione nella ormai comune personalizzazione del danno operata dai giudici la cui forbice è molto ristretta.

Con liquidazione di importi spesso, purtroppo, irrisori rispetto alla gravità dei danni subiti, se non assistiti da un avvocato specializzato in risarcimento danni.

Con la personalizzazione del danno si tende ad incrementare il punto base del danno  biologico in misura percentuale variabile a seconda della gravità delle lesioni riportate.

In altre parole, con la personalizzazione del danno si aumenta l’entità del risarcimento del solo danno biologico fino ad un massimo del 45 % nei casi più gravi e complessi. 

Come provare il danno esistenziale?

La definizione del danno esistenziale accolta dalle Sezioni Unite è quella di danno provocato al fare a reddituale” della persona.

Una tipologia di danno, dunque, che alteri le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno.

Il danno dinamico relazionale si eleva al rango di quella tipologia di pregiudizi che attengono alla dignità della persona e che sono risarcibili in virtù degli  articoli 1, 2, 4 e 35 della Costituzione.

Il danno esistenziale deve essere sempre supportato da prova documentale per avere ragionevole certezza di potere essere liquidato dal giudice, o in via stragiudiziale, all’esito di trattativa con l’assicurazione nel caso di incidente stradale.

Alla prova documentale, segue la prova testimoniale che può essere ammessa nel  corso, per esempio, di un giudizio per responsabilità civile medica o di incidente con feriti, in assenza di capitoli di prova generici, ininfluenti od inammissibili.

I testimoni, che conoscono bene le abitudini del danneggiato, potranno confermare il cambiamento in peggio della vita di relazione di chi reclama, a seguito di un fatto illecito, di  avere riportato danni con ripercussioni nella sua sfera sociale.

Si pensi anche al caso dell’ ingiusta detenzione.     

Risarcimento del danno esistenziale

La Suprema Corte ha affermato che “il pregiudizio di tipo esistenziale è risarcibile entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno”.

In tal modo ha espresso con chiarezza il principio secondo cui tali pregiudizi sono risarcibili quando derivano, anche al di fuori dei casi previsti dalla legge, dalla violazione di un diritto costituzionalmente garantito della persona.

Il risarcimento del danno esistenziale non è necessariamente legato al danno biologico, avendo una sua propria autonomia ed essendo, a volte, sottile e difficile distinguere il confine con il danno morale.

Si pensi al caso di un incidente stradale mortale in cui si ritiene che ai familiari della vittima vadano, senz’altro, ristorati anche gli aspetti relazionali propri del  danno da perdita del rapporto parentale  inteso come danno esistenziale.

In questi casi, quando si è in presenza di un danno esistenziale rilevante, è fondamentale la scelta di un avvocato civilista che conosca bene la materia della responsabilità civile.

Ciò al fine di potere inquadrare correttamente il caso e ricostruirne la vicenda ai fini risarcitori, senza vedere pregiudicati i propri diritti ad ottenere giustizia.

Il danno esistenziale per morte di un familiare

Rispetto al modello delineato dalla Cassazione, il danno esistenziale, che guarda unicamente al cambiamento in negativo del facere, finisce per elevare ad essenza del risarcimento solo la tecnica attraverso cui nel danno alla salute si procede alla personalizzazione del quantum.

Secondo tale prospettiva il danno del genitore che abbia perso un figlio in un incidente stradale dovrebbe misurarsi esclusivamente sul cambiamento della sua esistenza.

Con il rischio che, ove il danneggiato continui a svolgere la precedente grigia esistenza con il mero fardello del lutto, potrebbe ottenere un risarcimento inferiore rispetto al danneggiato vittima di ingiurie che riesca a provare il sacrificio di una precedente e sfavillante vita sociale e relazionale.

Così facendo viola, però, l’esigenza di rispettare la pari dignità dei danneggiati e il principio di uguaglianza formale e fa regredire il sistema alla vecchia logica del danno alla vita di relazione, specchio indiretto del patrimonio del danneggiato.

Che nello sconvolgimento della vita famigliare vi sia un peggioramento oggettivo  dell’esistenza dei soggetti coinvolti è nozione dell’ “id qod plerumque accidit”.

Tuttavia se il pregiudizio esistenziale, non viene documentato non potrà venir concesso.

In quanto non si tratta di danno “in re ipsa” né,  sia mai, di danno evento, bensì di danno conseguenza, che allegato può essere provato anche per presunzione, salva la prova contraria, o salvo una prova di una maggior consistenza rispetto alla normalità.