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Danno tanatologico
- Autore articolo Di SposatoLaw
- Data dell'articolo 27 Agosto 2022
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Danno tanatologico
Il danno tanatologico è il danno connesso alla perdita della vita.
Secondo parte della giurisprudenza sarebbe ingiustificatamente non risarcibile in quanto il soggetto che perde la vita non è in grado di acquistare un diritto risarcitorio, perché finché è in vita non vi è perdita e quando è morto da una parte non è titolare di alcun diritto e dall’altra non è in grado di acquistarne. La cassazione cita addirittura il filosofo greco Epicuro che nella sua lettera sulla felicità all’amico Meneceo, rassicurandolo sulla fine della vita, esorta a non preoccuparsene perché quando c’è lei non ci siamo noi e quando ci siamo noi non c’è lei.
Per sostenere tale impostazione il danno non patrimoniale è considerato danno-conseguenza e non più danno-evento: l’art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge, nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell’illecito civile, che si ricavano dall’art. 2043 c.c.
Le argomentazioni fatte proprie dalla dottrina che invece è propensa a riconoscere la autonoma risarcibilità del danno da perdita della vita sono essenzialmente le seguenti:
– il diritto alla vita, in quanto fondamentale ed imprescindibile diritto dell’uomo, necessita di adeguata tutela: un sistema che riconosce rilevanza a lievi lesioni del diritto alla salute e nega tutela alla lesione del diritto alla vita dà vita ad irragionevoli storture ed iniquità;
– negare la risarcibilità del danno tanatologico porta a concludere che, dal punto di vista del danneggiante, è più conveniente uccidere che ferire;
– la tutela risarcitoria è la tutela minima riconosciuta a qualunque diritto; essa, pertanto, va a maggior ragione riconosciuta al supremo ed inviolabile diritto alla vita.
Si aggiunga che per la cassazione la mera relazione di consanguineità non è da sola sufficiente ad integrare il danno risarcibile, gravando sui congiunti l’onere di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto (Cassazione, Sezione III, n. 12200/2019), in netto contrasto con quanto stabilito dall’art. 32 della Costituzione tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo, stabilendo che la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
In attesa che la Consulta torni a pronunciarsi su questione di tal rilievo, impedendo che si possa deprezzare ulteriormente la vita umana, le elaborazioni dottrinali in materia e gli escamotages giurisprudenziali, architettati al fine di corrispondere un adeguato risarcimento ai superstiti, testimoniano la necessità di ammettere la diretta risarcibilità del bene vita in favore di chi l’ha perduta in conseguenza del fatto illecito altrui.