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Diritto di Famiglia

Separazione consensuale

Separazione consensuale

La separazione  consensuale  rientra nei  procedimenti  di  volontaria giurisdizione, e rappresenta la scelta migliore per i  coniugi  che vogliano porre fine al  loro  vincolo  coniugale,  conservando  un  rapporto responsabile anche nei  confronti  della prole. Una volta depositato il  ricorso presso la cancelleria del Tribunale le parti dovranno comparire una sola volta davanti  al  giudice che, dato  atto  della loro  volontà, provvederà  ad emettere la sentenza di separazione sulla base del loro  accordo.

Obbligo di convivenza e abbandono del tetto coniugale.

L’obbligo  di  convivenza, tuttavia,  permane fino  a quando  non sia pronunciata la separazione dal  giudice, a meno  che non  si dimostri che prima ancora di tale momento si era verificata la crisi della coppia e i  coniugi non avevano più rapporti.

L’ abbandono  del tetto  coniugale e la violazione del dovere di coabitazione comporta, di  regola,  l’ addebito della separazione nei  confronti di chi lascia la casa familiare,  per violazione dei  doveri  di  assistenza morale  e materiale.

I coniugi,  mediante un  accordo  sottoscritto nel  ricorso  redatto dai loro avvocati, in  cui sarà  possibile regolamentare anche questioni accessorie – che il tribunale giudizialmente non potrebbe risolvere – come per esempio prevedere trasferimenti immobiliari, disciplinano ogni questione relativa alla sospensione del  vincolo matrimoniale sia di carattere patrimoniale, dovendo garantirsi il mantenimento del coniuge debole, sia di carattere personale come l’assegnazione della casa coniugale, il diritto di visita, l’affidamento, l’istruzione ed il mantenimento della prole.

Per l’avvio del procedimento servono specifici documenti per la separazione consensuale e per quanto il Decreto Legge 132/2014 la Legge 55/2015 abbiano introdotte  importanti novità per semplificare le procedure è  sempre opportuno  rivolgersi  ad un  avvocato.

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Modifica condizioni di separazione

Modifica condizioni di separazione

Le condizioni della separazione possono essere modificabili su richiesta della parte interessata qualora intervengano nuove circostanze di fatto e di diritto rispetto al momento in cui i provvedimenti sono stati assunti,  come per esempio nel caso in  cui uno  dei  due coniugi  abbia perso il lavoro, ovvero uno  dei  figli si  sia reso  economicamente indipendente.

Le modalità procedurali auspicabili per addivenire alla modificazione delle condizioni sono il raggiungimento di un accordo stragiudiziale oppure la proposizione di un ricorso giudiziale congiunto. In entrambi i casi, la decisione giudiziale, come disposto  dall’articolo 710 codice di procedura civile, è assunta in camera di consiglio. Il giudice è  tenuto a sentire entrambe le parti, potendo disporre anche l’assunzione di mezzi di prova al fine di accertare le reali esigenze di cambiamento e al termine del  giudizio, provvede  con decreto avente la natura di sentenza.

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Divorzio

Divorzio

Il divorzio, introdotto dalla Legge 898/1970 successivamente modificata dalla Legge  74/1987,  è  l’istituto  giuridico disciplinato dall’articolo 149 del codice civile mediante il  quale, quando sia venuta meno la comunione spirituale e materiale di vita,  i coniugi possono  richiedere lo scioglimento, o la cessazione degli effetti civili del matrimonio,  a seconda che sia stato  contratto  con  rito  civile, o  celebrato con  rito  concordatario.

Divorzio e separazione.

La differenza rispetto  alla separazione legale  è  sostanziale,  poiché con la prima i coniugi non pongono fine definitivamente al rapporto matrimoniale, ma ne sospendono gli effetti potendo vivere separati; mentre soltanto con il  divorzio il vincolo  coniugale cessa di  esistere, venendo meno i diritti e gli obblighi, di  cui  agli  articoli 51, 143 e 149 del  codice civile, discendenti dal matrimonio.

Inoltre,  ai sensi  dell’articolo  171 del  codice civile  termina  la destinazione del fondo patrimoniale dei coniugi,  mentre ai sensi  dell’articolo 230  bis del  codice civile cessa la partecipazione dell’ex coniuge all’impresa familiare.

Tuttavia,  quando dal matrimonio siano nati dei figli, se il divorzio rappresenta  la fine di una progettualità della coppia nell’ambito della vita familiare, certamente non può e non deve esserlo nell’interesse della prole.  

Divorzio congiunto o contenzioso e assegno divorzile.

Il  divorzio può  essere congiunto quando vi sia accordo tra i coniugi su tutte le condizioni relative allo scioglimento/cessazione degli effetti civili del loro matrimonio, oppure contenzioso  quando  manchi  tale accordo.

In sede di divorzio la legge prevede  la possibilità per le parti di scegliere le modalità con cui assolvere all’obbligo patrimoniale che un ex coniuge ha nei confronti dell’altro: con l’assegno divorzile, o, in alternativa, con un’attribuzione in un’unica soluzione che può risolversi o con la corresponsione di una somma di denaro – da non dichiararsi ai fini dell’irpef – o mediante il trasferimento di un bene immobile, o di altro diritto reale. Nel caso di liquidazione “una tantum” è però necessario l’accordo delle parti e l’accertamento del tribunale sulla congruità della somma offerta.
Ogni disposizione della sentenza di divorzio concernente l’affidamento dei figli e le questioni economiche può essere modificata, o revocata, dal Tribunale su istanza di uno dei coniugi divorziati, qualora intervengano nuove circostanze di fatto e di diritto rispetto al momento in cui i provvedimenti sono stati assunti.