Via flaminia 466

00191 Roma

+39 06 321 7639

Per appuntamenti

Categorie
Rassegna Stampa

Quali sono le quote degli eredi quando non è stato redatto testamento?

Quali sono le quote degli eredi senza testamento

Avv Gianluca Sposato -risarcimento danno da morte

Indice

Abbiamo chiesto all’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente dell’Esame di Stato per Avvocato a Roma, esperto in diritto ereditario, quali sono le quote degli eredi senza testamento.

Quali sono le quote degli eredi senza testamento?

Per comprendere quali sono le quote degli eredi quando non c’è testamento, bisogna tenere conto che i diritti dei discendenti prevalgono sui diritti degli ascendenti.

Il diritto ereditario  regola ogni ipotesi, dando priorità agli eredi in linea retta rispetto agli eredi in linea collaterale.

A meno di cause di indegnità a succedere, i familiari della persona deceduta godono di piena tutela.

Infatti, i familiari del de cuius non possono essere pretermessi, o subire riduzione della quota legittima di eredità nel testamento con l’apertura della successione testamentaria.

L’eredità senza testamento viene divisa tra i familiari del defunto, che la legge chiama “legittimari”, o “eredi legittimi” ed, in loro  assenza va ai familiari più prossimi.

Chi sono gli eredi legittimi?

Gli eredi legittimi sono coloro ai quali  spetta l’eredità senza testamento: il coniuge, i figli ei parenti fino al 6° grado.

In mancanza di testamento, solo se il defunto non aveva figli, oltre al coniuge, hanno diritto a una quota di eredità anche i fratelli.

Se non  ci sono figli, poi,  oltre ai fratelli hanno diritto all’eredità anche i genitori se ancora in vita, fermo restando quanto prevede l’istituto della rappresentazione ereditaria.

Eredi legittimi sono i parenti più prossimi della persona che è venuta a mancare cominciando dai suoi discendenti in linea retta.

Dunque, gli eredi legittimi sono il coniuge i figli  e i genitori cui, in mancanza di altri eredi, viene devoluta l’intera eredità, secondo quote prestabilite dalla legge.

Quando spetta ai fratelli l’eredità?

Qualora  il “de cuius” non abbia moglie e figli, subentrano gli ascendenti nell’eredità e, quindi, eredi legittimi sono i genitori, i fratelli ed i nonni.

In mancanza sia del coniuge che di figli, dei genitori, dei fratelli e dei nonni, l’eredità spetta ai parenti più prossimi della persona deceduta.

Quando mancano eredi con un grado di parentela più vicino alla persona deceduta, senza un testamento che disponga diversamente, l’eredità spetta agli zii, i cugini e nipoti entro il sesto grado.

Chi sono gli eredi senza testamento?

Quando la persona deceduta non ha fatto testamento, per la ripartizione dell’eredità tra gli eredi legittimi, bisogna tenere conto di queste regole.

Anche in presenza di testamento,  se ci sono eredi legittimi, coniuge, figli, genitori, il de cuius può devolvere ad altri eredi solo una parte del suo patrimonio.

Il de cuius ha una quota disponibile, ma non può pregiudicare il diritto dei legittimari e la quota di riserva loro attribuita per legge.

La quota disponibile e la quota di riserva variano a seconda di quanti eredi rientrano nell’asse ereditario, come nello schema sotto riportato.

Quali sono le quote ereditarie del coniuge e dei figli?

Il coniuge gode di maggiore tutela rispetto agli altri eredi.

Ciò a prescindere che sia intervenuta separazione dei coniugi o meno, poiché solo con il divorzio viene rotto il vincolo ereditario.

In mancanza di figli, fratelli e/o genitori, il coniuge è l’unico erede e conserva il diritto di abitare la casa coniugale con il relativo mobilio.

Se il defunto è sposato e ci sono figli l’intera eredità è divisa in parti uguali tra il coniuge e il figlio, se è solo uno.

Mentre se i figli sono più di uno, al coniuge spetta 1/3 e la quota restante di 2/3 viene divisa tra tutti i figli.

Viceversa, se la persona che viene a mancare è priva di coniuge e ci sono solo i figli sono loro ad ereditare, in misura uguale ciascuno.

Quali sono le quote ereditarie dei fratelli e delle sorelle?                                          

I fratelli e le sorelle rientrano nell’asse ereditario solamente se il loro fratello deceduto non ha lasciato figli.

In tal caso concorrono all’eredità con il coniuge, se il fratello morto era sposato.

Quando il defunto era sposato, ma non ci sono figli ed oltre al coniuge ci sono dei fratelli al coniuge spettano 2/3 dell’asse ereditario ed ai fratelli 1/3.

Se la persona deceduta lascia, oltre al coniuge ed ai fratelli, anche i genitori la quota di ¼ è riservata a loro, a meno che non c’è rinuncia all’eredità in favore dei figli.

Quali sono le quote ereditarie dei genitori e dei fratelli?

In mancanza di discendenti l’eredità viene devoluta agli ascendenti, dunque ai genitori in parti uguali, se non ci sono fratelli e sorelle.

Se invece il de cuius lascia oltre ai genitori anche fratelli, ai genitori spetta ½ dell’eredità.

La restante metà dell’eredità viene divisa tra tutti i fratelli che ereditano in parti uguali.

Schema delle quote ereditarie senza testamento

  •  solo il coniuge a lui va tutta l’eredità
  • coniuge ed un figlio spetta metà eredità ciascuno
  • coniuge e due figli spetta 1/3 ciascuno
  • coniuge e più di 2 figli 1/3 va al coniuge e 2/3 vengono ripartiti tra i figli
  • coniuge fratelli e sorelle 2/3 al coniuge ed 1/3 ai fratelli (se ci sono anche genitori a loro è riservata la quota di ¼)
  • solo un figlio a lui va tutta l’eredità
  • solo figli l’eredità viene divisa in parti uguali tra di loro
  • solo un genitore a lui va tutta l’eredità
  • entrambi i genitori l’eredità viene divisa in parti uguali tra di loro
  • genitori fratelli e sorelle ½ va ai genitori e ½ viene diviso tra i fratelli
  • fratelli e sorelle l’eredità viene divisa in parti uguali tra di loro
  • solo nonni, bisnonni o altri ascendenti l’eredità viene divisa in parti uguali tra di loro (il parente più  vicino entro il sesto grado esclude gli altri nell’asse ereditario)

L’Avv. Gianluca Sposato dell’ISLEIstituto per la Documentazione gli Studi Legislativi esperto in diritto ereditario segue successioni ereditarie importanti in tutta Italia.

Categorie
Rassegna Stampa

Incidente stradale mortale, gli importi da liquidare agli eredi

Incidente stradale mortale, gli importi da liquidare agli eredi

Avvocato Gianluca Sposato

Indice

Quali sono gli importi per gli eredi negli incidenti stradali mortali?

In questo articolo spieghiamo quali sono gli importi da liquidare agli eredi in caso di morte per incidente stradale e cosa dice la legge a riguardo.

Abbiamo intervistato l’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente dell’Associazione Difesa Infortunati Stradali, tra i massimi esperti a livello nazionale in risarcimento danni per incidenti stradali mortali.

L’Avvocato Gianluca Sposato, fa parte del Gruppo “Danno  alla Persona”  dell’Osservatorio nazionale sulla Giustizia Civile, che elabora ogni anno le Tabelle di liquidazione del danno da morte.

Cosa bisogna fare quando un proprio familiare muore in un incidente stradale?

“Il supporto medico e terapeutico ai familiari delle vittime della strada sono fondamentali.

Fondamentale è, poi, avere un avvocato con molti anni di esperienza in diritto delle assicurazioni e responsabilità civile da circolazione stradale.

La materia è molto difficile e tecnica, sono in pochi a sapere come muoversi per tutelare pienamente i diritti di chi ha riportato un lutto familiare in conseguenza di un omicidio stradale.

La ricostruzione dell’incidente mortale è importante per l’attribuzione delle responsabilità, evitando errori che possono costare cari in termini di giustizia e liquidazione del danno da morte.

La scelta dell’avvocato non può prescindere dal suo curriculum e dalla sua preparazione specifica per risarcimento danni per incidenti mortali.

Ciò tenuto conto dell’evoluzione costante del diritto su tematiche relative al danno patrimoniale, al danno non patrimoniale e danno da perdita parentale“.

In che misura i familiari hanno diritto al risarcimento del danno da morte?

“Con il Gruppo Danno alla Persona dell’Osservatorio Nazionale sulla Giustizia stiamo lavorando a criteri omogenei di  liquidazione ai familiari delle vittime della strada.

Per il danno non patrimoniale per la perdita del rapporto affettivo, ovvero del danno morale per l’uccisione di un familiare, esistono variabili che devono essere valutate correttamente dal giudice.

Come Avvocato che assiste chi ha perso un familiare in un incidente stradale devo dire che non esiste ristoro economico che può colmare il dolore per la perdita affettiva di un proprio caro.

Elementi come il grado di parentela, la convivenza, l’età del congiunto deceduto e l’età del familiare superstite sono richiamati dalla Cassazione.

Questi criteri vengono presi come riferimento per determinare l’aumento degli importi da corrispondere a titolo di risarcimento del danno morale al familiare superstite.

Bisogna, poi, valutare a parte il danno patrimoniale.

La perdita di apporto economico alla famiglia per l’uccisione del proprio congiunto, nel caso in cui il proprio caro provvedeva al mantenimento del nucleo familiare.

Il massimale di polizza assicurato per legge non può essere inferiore a 6.000.000,00 di euro, potrebbe non coprire tutti i danneggiati in caso di strage stradale“.

Come si calcola l’importo che spetta per la morte di un familiare?

“Bisogna, innanzi tutto, distinguere il danno patrimoniale da quello non patrimoniale per l’uccisione di un familiare.

Lo schema delle Tabelle del danno da morte che è stato elaborato dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano per l’anno 2021, prevede importi standardizzati.

Anche le Tabelle del danno da morte del Tribunale di Roma, pubblicate nel mese di dicembre 2023, tengono del legame di parentela e dell’età ai fini delle somme da attribuire agli eredi.

Gli importi da liquidare agli eredi in caso di incidente stradale mortale avvengono in base ad un calcolo su criteri  elaborati da queste Tabelle.

Somme riconosciute per la morte di un figlio, o genitore, in un incidente stradale

Incidente stradale mortale questi sono gli importi da liquidare agli eredi in base alle tabelle del danno da morte.

A favore di ciascun genitore per morte di un figlio l’ importo può variare da un minimo di € 168.250,00 fino ad un massimo di € 336.500,00 a seconda del verificarsi di determinate condizioni.

Lo stesso importo è riconosciuto a favore del figlio per morte di un genitore e a favore del coniuge non separato, o del convivente sopravvissuto per la morte del proprio congiunto.

Somme riconosciute per la morte di un fratello, o di una sorella, in un incidente stradale

A favore del fratello per morte di un fratello in un incidente stradale il divario del risarcimento è più ampio e varia da un minimo di € 24.350,00 fino ad un massimo di € 146.120,00.

Gli stessi importi vengono riconosciuti in favore del nonno per la morte del nipote in un incidente stradale.

Fermo restando l’onere di provare l’intensità del vincolo affettivo, richiesto dalla giurisprudenza, quale condizione per avere diritto al risarcimento del danno.

Per non avere liquidazioni irrisorie è importante essere assistiti, fin da subìto, da avvocati che trattino in via esclusiva il danno per la perdita del rapporto parentale, anche in Cassazione”.

Chi paga per l’omicidio stradale?

“Bisogna distinguere l’azione civile da quella penale.

L’articolo 589 bis del codice penale stabilisce la pena per chi ha compiuto un omicidio stradale, con le relative attenuanti e aggravanti.

L’articolo 2043 del codice civile obbliga il conducente del veicolo che ha provocato la morte a rispondere per il risarcimento ai familiari.

L’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile automobilistica garantisce la manleva dell’assicurazione.

L’assicurazione è obbligata in solido al pagamento del risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, ai  familiari delle vittime della strada nel caso di omicidio stradale.

Una procedura a parte è prevista nel caso di incidente stradale mortale causato da veicolo non assicurato, o da pirata della strada.

In questo caso la richiesta di risarcimento deve essere inviata all’impresa designata territorialmente dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada.

Tempistiche del risarcimento per morte in un incidente stradale

Le tempistiche del risarcimento per la morte di un familiare in un incidente stradale  variano in base a diversi fattori.

Possono essere veloci, se non ci sono dubbi sulla responsabilità di chi ha causato la morte del familiare nell’incidente stradale, come nel caso del trasportato.

Dubbi non dovrebbero sorgere anche sull’entità dell’importo da corrispondere agli eredi legittimi: il coniuge, i figli, i fratelli, i genitori ed i nonni.

E’ sempre possibile, comunque, chiedere una provvisionale, o trattenere le somme in acconto.

Quando la ricostruzione dell’incidente mortale non chiarisce le responsabilità, con presunzione di concorso di colpa i tempi per il  risarcimento si allungano.

In caso di rifiuto dell’assicurazione a risarcire gli eredi di chi è morto in un incidente stradale i tempi sono quelli di un giudizio civile e variando mediamente da 4 a 5 anni in primo grado”.

Morte per incidente stradale, come scegliere l’avvocato?

La scelta di un avvocato nel caso di morte per incidente stradale non è mai facile.

L’errore più comune è quello di subire pressioni dall’esterno, o affidarsi ad un avvocato penalista.

Solo un avvocato civilista con lunga esperienza nella ricostruzione di incidenti stradali mortali e danno da morte può affrontare e risolvere tutte le difficoltà che implica il caso.

L’Avvocato Gianluca Sposato è stato eletto migliore avvocato per risarcimento di danni gravi e danno da morte da Top Legal, premiato per l’impegno a promuovere la sicurezza stradale.

Per l’attività in ambito istituzionale, come Presidente di Adism – Associazione Difesa Infortunati Stradali, ha ricevuto l’apprezzamento della Presidenza del  Consiglio dei Ministri.

Ha pubblicato il Manuale “Le 50 parole del danno stradale più usate nelle aule di  Giustizia i cui proventi sono devoluti in beneficenza per promuovere la legalità e la sicurezza stradale.

E’ Rappresentante di Interessi alla Camera dei Deputati, dove svolge attività di monitoraggio sull’attività legislativa del Parlamento in tema di sicurezza stradale e danno alla persona

Per affidare un incarico relativo ad un incidente stradale mortale, l’Avvocato Gianluca Sposato risponde al numero diretto 06.3217639, o per urgenze al numero 347.8743614.

Categorie
Rassegna Stampa

Eredità tra fratelli nella successione legittima e testamentaria

Eredità tra fratelli nella successione legittima e testamentaria

Avvocato eredità successioni

Indice

Parliamo dell’eredità tra fratelli con l’Avvocato Gianluca Sposato esperto in diritto di famiglia e diritto ereditario, Rappresentante di Interessi alla Camera dei Deputati.

Presidente di Commissione dell’ultima sessione dell’Esame di Stato per Avvocato a Roma, ha affrontato e risolto questioni ereditarie in tutta Italia e all’Estero nel corso della sua lunga carriera.

Quando i fratelli e le sorelle hanno diritto  all’eredità?

Le contese ereditarie tra fratelli, oltre che frequenti, sono sempre spiacevoli da gestire nell’ambito dei rapporti familiari.

I fratelli e le sorelle, se esaminiamo l’eredità in linea retta e dunque, rispetto all’asse ereditario dei genitori, sono legittimari e non possono mai essere estromessi dall’eredità.

Se esaminiamo, però, l’eredità non in linea retta, ma in linea collaterale, i fratelli non sono legittimari e, non avendo una quota riservata per legge sull’eredità del fratello, possono essere esclusi dal testamento.

I fratelli e le sorelle subentrano nell’eredità del fratello, o della sorella, premorti solo in due casi:

  1. se vengono citati nel testamento;
  2. oppure, in assenza di testamento, se il fratello defunto non aveva figli, o il coniuge

L’eredità del fratello deceduto senza figli e senza coniuge, pertanto, spetta ai legittimi eredi più prossimi del de cuius e, dunque, ai fratelli, tranne nel caso in cui vi sia un testamento che li esclude.

Chi eredita se un fratello muore senza lasciare famiglia?

Quando muore un fratello senza moglie e figli si deve distinguere a seconda che si apre la successione legittima, o la successione testamentaria.

Se il fratello deceduto non ha redatto testamento, in base all’articolo 570 del codice civile il fratello superstite, o i fratelli, erediteranno il patrimonio ereditario in parti uguali, in mancanza di altri eredi legittimi.

Se il fratello è deceduto senza fare testamento e non ha figli ma, nell’asse ereditario  ci sono altri legittimari, ovvero il coniuge, i genitori, o i nonni, i fratelli concorrono per le quote ereditarie loro riservate per legge.

Quando il fratello morto non ha figli, ai fratelli superstiti spetta 1/3 dell’eredità se concorrono con il coniuge, o 2/12 quando nell’asse ereditario sono presenti il coniuge ed i genitori.

I fratelli e le sorelle unilaterali conseguono, però, la metà della quota che la legge riserva ai fratelli e le sorelle germani.

Nella successione legittima, in presenza di figli del de cuius ai fratelli non spetta l’eredità perché sono i figli a subentrare nell’asse ereditario con il genitore superstite.

Nel caso di eredità  senza testamento cosa succede quando unico erede legittimo è un fratello e si procede all’apertura della successione legittima?

Il fratello superstite, mancando i figli del defunto e in assenza di altri legittimari,  erediterà tutto il patrimonio del fratello. o della sorella deceduta.

Infatti, solo in presenza di un testamento che esclude il fratello superstite, erede potrà essere qualsiasi altra persona, anche non parente del fratello morto, quando non sono presenti legittimari nell’asse ereditario.

Il fratello può essere estromesso dal testamento?

I fratelli non sono legittimari, a differenza del coniuge, dei figli e dei genitori.

I fratelli, essendo parenti in linea collaterale, non hanno una quota ereditaria riservata loro per legge sull’eredità del fratello defunto.

Tant’è che nel caso il fratello ha redatto un testamento che estromette il fratello, o la sorella, questi non possono impugnarlo.

A meno che il testamento è stato estorto con la forza, o con l’inganno al fratello o, alla sorella deceduta.

Il testamento è, altresì, nullo quando si dimostri che il testatore non era lucido e capace di intendere e volere al momento in cui lo ha redatto.

Sotto il profilo formale, per carenza dei requisiti richiesti dalla legge, ove trattasi di testamento olografo non sottoscritto o privo della data, ovvero non è stato redatto di proprio pugno dal testatore.

Pertanto, un fratello che non ha figli e coniuge quando fa testamento è libero  di nominare unico erede un nipote, aprendosi in tale ipotesi l’eredità verso i nipoti, o una persona a lui cara, senza pregiudicare i diritti del fratello.

Per prenotare un appuntamento con l’Avvocato Gianluca Sposato, esperto in successioni ereditarie, informazioni su costi e servizi nell’area Assistenza Legale24h.

Categorie
Rassegna Stampa

Donazione indiretta e lesione della quota legittima degli eredi

Donazione indiretta e lesione della quota legittima degli eredi

Avvocato eredità successioni

Indice

L’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente dell’ultima sessione per l’Esame di Avvocato a Roma, rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati, spiega all’Agenzia Parlamentare cosa è la donazione indiretta e lesione della quota legittima degli eredi.

Cosa è la donazione indiretta?

Sono donazioni indirette quelle liberalità fatte sotto la forma di un negozio giuridico diverso dalla donazione, in modo però che l’attribuzione patrimoniale sia acquisita al patrimonio della persona che si vuole beneficiare.

Sono dette, perciò, anche donazioni per via obliqua.

La donazione indiretta può qualificarsi come un negozio giuridico in cui si attua l’impoverimento di un soggetto ed il corrispondente arricchimento di un altro.

Il donante attua la liberalità ricorrendo ad un diverso mezzo giuridico che non rappresenta il contenuto dell’atto, pur producendone il risultato.

Dunque, vi si ricomprendono tutti quegli atti di liberalità che non si possono qualificare come donazione diretta.

Esempi di donazione indiretta

L’acquisto di un bene immobile costituisce donazione indiretta quando lo si intesta a una terza persona che appare come acquirente, mentre il contratto è concluso ed il prezzo pagato da chi ha operato per donare.

La remissione di debito con cui si estingue l’obbligazione, poiché il creditore non pretende più l’adempimento da parte del debitore, producendo l’impoverimento di un soggetto e l’arricchimento di un altro, rientra pure nella fattispecie.

Così anche il pagamento di un debito altrui, l’espromissione gratuita, il contratto  a favore di un terzo, la costituzione di una rendita vitalizia, o l’assicurazione a vantaggio di un terzo.

Tutti questi casi costituiscono donazione indiretta e possono produrre lesione della quota legittima degli eredi.

Donazione indiretta, cosa è la legittima?

Nel diritto ereditario si trovano in conflitto tra loro i due poli del diritto privato.

L’autonomia dei soggetti che vi domina e la subordinazione all’interesse della collettività propria del diritto di famiglia, di cui il  diritto ereditario rappresenta una naturale evoluzione.

La libertà di disporre e l’interesse della famiglia trovano una loro coesistenza nell’istituto della “legittima” riservata ad alcune categorie di successibili.

I discendenti legittimi e naturali, il coniuge e, qualora manchino i discendenti  legittimi, anche gli ascendenti, nel momento dell’apertura della successione acquistano diritto ad una quota parte del patrimonio del de cuius.

Il patrimonio ereditario si calcola aggiungendo al relictum, cioè a quanto il defunto ha lasciato alla sua morte, il donatum, cioè i beni usciti per effetto di donazioni durante la sua vita.

Per questo è sempre consigliato farsi assistere da un avvocato per eredità, se si è in presenza di donazione indiretta e lesione della quota legittima degli eredi.

Infatti, se nella divisione del testatore è pretermesso uno degli eredi legittimari l’atto è completamente nullo.

Se, invece, ne deriva solo una lesione del diritto di legittima, il legittimario eserciterà l’azione di riduzione contro i coeredi.

La rescissione per lesione, esperibile da ogni condividente contro gli altri, presuppone soltanto il fatto della lesione oltre il quarto al valore della porzione che avrebbe avuto il diritto di conseguire ex art. 763 del codice civile.

Donazione indiretta, lesione della quota legittima degli eredi e valore dell’eredità

Il primo compito dell’avvocato specializzato in diritto ereditario è la ricostruzione del patrimonio ereditario e delle vicende familiari per determinate le quote ereditarie con e senza testamento, spettanti a ciascun erede.

Bisogna tenere presente che nella massa ereditaria ricadono non soltanto i beni lasciati in eredità dal de cuius, ma anche le donazioni indirette.

Il valore dell’eredità è dato anche da quei beni che sono stati oggetto di donazione nel corso della vita da parte del defunto, o da atti che abbiano leso la quota ereditaria di taluno dei legittimari.

Gli atti di liberalità tra vivi possono rendere vana l’aspettativa dei legittimari di ricevere quanto a loro è riservato.

Ma poiché il loro è solo un diritto ereditario,  durante la vita non hanno mezzi per impedire le donazioni, né azioni contro i donatari.

La ricostruzione del patrimonio ereditario è, in presenza di atti di liberalità, un’operazione complessa inerente aspetti di conflittualità tra donazioni ed eredità.

Accade frequentemente, per evitare imposte di successione o tassazione su secondi immobili, che il defunto ha acquistato con proprio denaro ed intestato fittiziamente un immobile ad un altro familiare.

In tal modo privilegiandolo rispetto ad altri venendo, così, a ledere la quota legittima di altri eredi.

Una volta ricostruita la massa ereditaria composta dal relictum e dal donatum, si procederà alla ripartizione delle quote tra gli eredi, con o senza conguagli, tenuto conto, per quanto possibile, delle rispettive richieste.

Donazione indiretta, avvocato specializzato in successioni ereditarie

L’Avvocato esperto in successioni ereditarie, oltre ad una preparazione civilistica consolidata deve avere grandi doti di diplomazia per non pregiudicare la possibilità di una transazione e divisione ereditaria.

Allo stesso tempo l’Avvocato a cui affidarsi per una problematica ereditaria deve avere autorevolezza ed esperienza per dirimere situazioni con donazioni indirette.

Le vicende ereditarie, spesso, sono dettate da legami affettivi o risentimenti familiari, che possono degenerare impedendo lo scioglimento della comunione ereditaria.

I clienti che si rivolgono al mio Studio Legale fondato nel 1949 specializzato in  diritto ereditario hanno appena subìto un lutto familiare.

Questo significa essere poco lucidi e disorientati, per il fatto di dovere affrontare una perdita ed un cambiamento importanti nella loro vita, oltre che dovere gestire rapporti familiari ed economici con gli altri eredi.

Hanno bisogno di sentirsi protetti ed al sicuro, di sapere di essersi affidati al migliore avvocato per eredità.

Comprendere a livello giuridico ogni aspetto, sia che si tratti di successione legittima o di  successione testamentaria, contenendo costi e spese relativi anche alle imposte di successione.

Per consulenza in materia successoria con l’Avvocato Gianluca Sposato è possibile consultare i costi nell’area Assistenza Legale24h.

Categorie
Rassegna Stampa

Testamento, quando può essere impugnato?

Testamento, quando può essere impugnato?

Avv Gianluca Sposato -risarcimento danno da morte

Indice

Il testamento si può impugnare se provoca una lesione di legittima, ovvero se le quote ereditarie riservate ai legittimari non sono state rispettate dal de cuius.

Chi fa testamento può disporre solo di una quota del proprio patrimonio liberamente, quando nell’asse ereditario sono presenti legittimari.

Se non lo fa gli eredi pretermessi possono impugnare il testamento.

Il testamento può essere impugnato anche per vizi di forma e quando è l’effetto di errore, violenza, o dolo.

In questa intervista all’Agenzia Parlamentare, l’Avvocato Gianluca Sposato, specializzato in diritto successorio ed eredità, spiega quando si può impugnare il testamento.

Chi può impugnare il testamento?

Il testamento può essere impugnato da qualsiasi erede che vi ha interesse.

Ogni erede che ritiene di essere stato ingiustamente escluso dall’asse ereditario, o che reclama di avere ricevuto una quota ereditaria minore di quella che la legge gli attribuisce, può impugnare il testamento.

Inoltre, l’articolo 624 del codice civile dichiara espressamente impugnabili, per violenza, o per dolo, le disposizioni testamentarie.

Infatti il testamento può essere impugnato dagli eredi legittimi per vizi di forma, o sostanziali, per esempio quando se non ha la data, o la firma nel caso del testamento olografo.

I vizi di forma si verificano quando si ritiene che la volontà del testatore non è genuina.

In questi casi bisogna dare preferenza alle delazione legittima e si apre la successione senza testamento, dovendosi ritenere le disposizioni testamentarie inefficaci.

Termine per impugnare il testamento

Il termine per impugnare un testamento decorre dalla data di apertura della successione, ovvero dalla data del decesso del de cuius.

Per impugnare un testamento, se la trattativa con gli altri eredi e la negoziazione assistita sono falliti, bisogna citare in giudizio in Tribunale tutti gli eredi ed i legatari testamentari.

Per stabilire la validità del testamento e delle disposizioni testamentarie, i termini variano a seconda che si tratti di nullità formali, sostanziali, assolute o che ricorra vizio per dolo, errore, violenza.

Per impugnare il testamento  quando lede i diritti e non rispetta le quote degli eredi, per la lesione di legittima, l’azione di riduzione va esercitata nel termine di 10 anni dalla successione.

Il testamento può essere impugnato nel termine di 5 anni in presenza di cause di annullabilità, come un  vizio di forma per mancanza della data, o della firma autografa.

Mentre, nel caso di nullità assoluta l’azione concessa agli eredi per impugnare il testamento è imprescrittibile.

Dunque riassumendo: mentre l’azione di nullità è imprescrittibile, quella di annullabilità deve essere esercitata e si prescrive nel termine di 5 anni e quella per la lesione di legittima in 10 anni.

Quali sono i casi di invalidità del testamento?

I casi di invalidità del testamento, o delle singole disposizioni testamentarie, sono espressamente previsti dalla legge.

Occorre a riguardo precisare, però, che il legislatore ha voluto limitare l’applicazione di conseguenze irrimediabili.

Ciò in considerazione della irripetibilità dell’atto da parte di chi è morto.

Esistono casi di nullità e casi di annullabilità, che hanno effetti sulle disposizioni testamentarie.

Il testamento è nullo per vizi di forma, se nel testamento mancano la data e la sottoscrizione.

E’ nullo anche per violenza fisica quando la volontà del testatore ha subìto coercizione.

L’articolo 590 del codice civile stabilisce i casi in cui la nullità della disposizione testamentaria non può essere fatta valere.

Questo quando l’erede danneggiato, conoscendone la causa, ha confermato la disposizione, o dato ad essa volontaria esecuzione, per esempio a seguito di una transazione ereditaria.

Il testamento è annullabile in tutti gli altri casi, quando lede i diritti degli eredi  legittimari e può essere impugnato.

Impugnare il testamento quando viola le quote ereditarie

Nella successione testamentaria non possono essere violate le quote riservate ai legittimari, ovvero al coniuge e ai figli ed, in assenza di questi ultimi, anche ai genitori.

Né il testatore può eccedere per atti di liberalità la quota disponibile a lui riservata per legge, che varia a seconda della composizione del nucleo familiare.

Pertanto, il testatore nel redigere l’atto di ultima volontà deve considerare la composizione dell’asse ereditario ed eventuali donazioni compiute in vita.

Infatti, in nessun caso, possono essere violate le quote spettanti per legge al coniuge, ai figli, ai genitori e altri ascendenti.

Altrimenti il testamento quando lede i diritti degli eredi legittimari può essere impugnato da chiunque vi ha interesse.

Nel redigere testamento si deve, inoltre, tenere conto di eventuali atti di liberalità compiuti in vita che costituiscono un anticipo di eredità e devono essere conferite alla massa ereditaria.

Il rapporto tra donazioni ed eredità è operazione frequente all’apertura della successione, al fine del computo delle quote ereditarie, per effetto di donazioni indirette che abbiano  avvantaggiato alcuni eredi in danno di altri.

Impugnare il testamento per donazioni indirette

In tutti i casi in cui vi siano donazioni indirette che hanno avvantaggiato alcuni eredi in danno di altri è possibile impugnare il testamento.

Le donazioni indirette sono donazioni simulate, che nascondono un altro atto giuridico, come sovente una compravendita immobiliare.

Si tratta di negozi giuridici che hanno impoverito una persona a vantaggio di un’altra, come nel caso di acquisti fatti in favore dell’erede dal de cuius con proprio denaro.

Si pensi all’intestazione fittizia di un immobile ad un figlio, anche solo per usufruire delle agevolazioni prima casa e non pagare le imposte di successione.

La donazione viene considerata come un impoverimento del patrimonio ereditario in favore di uno solo degli eredi.

Per tale ragione, per effetto della collazione, va imputata alla massa ereditaria.

Impugnare il testamento: l’azione di riduzione

Ai familiari, in qualità di legittimari, spetta una quota di riserva anche nell’ipotesi in cui si apra la successione all’eredità senza testamento nella successione legittima.

Nel caso in cui si dia luogo alla successione testamentaria saranno molteplici gli elementi da analizzare.

A cominciare dalla capacità di intendere e volere del testatore.

Per verificare se il testamento non rispetta i diritti dei legittimari occorre verificare la validità del testamento, che produce effetto dal momento della pubblicazione.

L’articolo 554 del codice civile dispone che le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione.

Ciò può avvenire nei limiti della quota medesima, attraverso l’esperimento dell’azione di riduzione dinanzi il Tribunale competente.

Tale azione si rende necessaria per la reintegra nell’eredità, quando l’erede è stato escluso nel testamento, o gli è stata attribuita una quota ereditaria minore di quella che la legge gli riconosce. 

Ciò quando è fallito il tentativo di ricomporre la controversia ereditaria con una transazione ereditaria, con bilanciamento delle quote spettanti a ciascun erede.

Quali sono le quote nel testamento?

La quota disponibile varia a seconda del numero dei legittimari.

In ogni caso non può mai essere inferiore ad ¼ del patrimonio del testatore.

Diversamente il testamento quando lede i diritti degli eredi legittimari può essere impugnato.

Il testatore può disporre di ¼ del suo patrimonio come vuole, destinandolo anche a soggetti diversi dai propri familiari e parenti, o privilegiando uno di loro rispetto ad altri.

Se non ci sono eredi legittimari, il coniuge, i figli, i genitori o i nonni, il testatore può disporre liberamente dell’intera quota del proprio patrimonio.

Quale è la quota disponibile nel testamento?

Se il testatore è sposato bisogna distinguere a seconda che ci siano figli, o meno.

Se non ci sono figli, ma solo il coniuge la sua quota disponibile è di ½, dunque l’altro ½ rappresenta la quota di riserva del coniuge.

Se oltre al coniuge ci sono anche dei figli la quota disponibile è di 1/3 se il figlio è uno solo e di ¼ se i figli sono più di uno.

In presenza di figli il coniuge avrà, diritto quando concorre con un figlio ad 1/3 e nel caso di più figli ad ¼ dell’asse ereditario.

E’ sempre fatto salvo l’uso della casa coniugale e del suo mobilio.

Se il testatore alla sua morte lascia solo figli la quota disponibile sarà di ½ se ha un solo figlio e di 1/3 se lascia più di un figlio, essendo riservata a loro la restante quota nell’una e nell’altra ipotesi.

Quote nel testamento con genitori

Se il de cuius non è sposato e non ha figli ma, nell’asse ereditario sono presenti ascendenti e, dunque, genitori o nonni, la quota loro destinata a titolo di riserva è di 1/3.

Nel caso in cui l’erede è deceduto prima della dichiarazione di successione possono agire per rappresentazione ereditaria i discendenti.

La quota disponibile del testatore è di 2/3 che se non rispettata nel testamento e lede i diritti degli eredi legittimari può essere impugnato.

Non è prevista invece alcuna quota di riserva per i fratelli.

Dunque, se il fratello o la sorella sono sposati ed hanno figli non è possibile impugnare il testamento che esclude i fratelli.

Pertanto, il testamento quando lede i diritti degli eredi legittimari può essere impugnato, ma non dai fratelli.

Schema quota di riserva e disponibile 

  • Se il testatore lascia solo il coniuge la quota disponibile è ½ (quota riserva coniuge 1/2)
  • Se sopravvive coniuge e un figlio la quota disponibile è 1/3 (quota riserva coniuge 1/3, figlio 1/3)
  • Se sopravvive coniuge e più di un figlio quota disponibile 1/4 (quota riserva coniuge ¼, figli ½)
  • Se rimane solo un figlio la quota disponibile è ½ (quota riserva figlio ½)
  • Se rimane più di un figlio la quota disponibile è 1/3 (quota riserva figli 2/3)
  • Se lascia coniuge e ascendenti disponibile ¼ (quota riserva coniuge ½, ascendenti 1/4)
  • Se lascia solo ascendenti disponibile 2/3 (quota riserva ascendenti 1/3)

Per prenotare un appuntamento e sottoporre una questione ereditaria all’Avvocato Gianluca Sposato, esperto in materia testamentaria consultare la pagina Legale24h dove sono indicati anche i costi.

Categorie
Rassegna Stampa

Problematiche frequenti legate alle compravendite immobiliari

Problematiche frequenti legate alle compravendite immobiliari

Preliminare di compravendita

Indice

Intervista all’Avvocato Gianluca Sposato, Direttore del Network  Legale24h, sulle problematiche frequenti legate alle compravendite immobiliari.

La compravendita immobiliare tra privati

Nelle compravendite immobiliari  tra privati è importante distinguere ruoli e attività: avvocato, agenzia immobiliare e notaio hanno compiti e svolgono funzioni differenti.

Rivolgersi ad una agenzia immobiliare per l’acquisto di un immobile tra privati non sempre garantisce l’acquirente da rischi per evizione e formalità perente.

Come nel caso di ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli che risultano non essere state cancellate ed impediscono il rogito notarile, con tutte le conseguenze per l’adempimento al preliminare di compravendita.

Per contro, pensare che il Notaio possa garantire i termini di esecuzione dell’obbligazione contrattuale, risolvendo ogni situazione di intralcio nella compravendita immobiliare tra privati, non è corretto.

Perché la sua funzione è quella di eseguire l’effetto traslativo dell’immobile effettuando le annotazioni nei pubblici registri immobiliari e garantire la corresponsione delle imposte al Fisco.

L’assistenza dell’avvocato immobiliarista è, dunque, fondamentale per la buona riuscita della compravendita immobiliare tra privati.

Assistenza dell’avvocato nelle compravendite immobiliari

L’assistenza di un avvocato esperto in diritto immobiliare viene spesso trascurata dagli acquirenti, i quali per il solo fatto di essersi rivolti ad una agenzia, o ad un notaio, la ritengono un costo superfluo.

In realtà la presenza di un legale alla stipula è imprescindibile per curare ogni dettaglio e aspetto contrattuale, garantendo l’acquirente in tutte le fasi, ma meglio ancor prima di formalizzare l’offerta di acquisto.

Infatti, una volta formalizzata la proposta di acquisto e versata la caparra, possono verificarsi brutte sorprese, sia per l’acquirente che per il venditore, che si sarebbero potute conoscere e risolvere se assistiti da un avvocato immobiliarista.

Problematiche frequenti legate alle compravendite immobiliari: il regolamento di condominio

E’ buona prassi conoscere anche il regolamento condominiale prima di formalizzare la proposta di acquisto di un immobile.

Atteso che molto spesso vi  sono limitazioni alla proprietà contenenti espressi divieti che, se regolarmente trascritti, hanno piena validità legale.

Come nel caso in cui sia vietata la destinazione di appartamenti ad uffici pubblici, attività di tipo turistico ricettivo come case vacanza o bed and breakfast.

Ma il regolamento condominio può contenere divieti  anche per attività come palestre, scuole di musica, scuole di canto e di ballo, ambulatori medici o sanitari per malattie contagiose.

Situazioni poco chiare, prospettate come affari a prezzi vantaggiosi, sono quasi sempre da evitare, poiché causa di problematiche frequenti legate alle compravendite immobiliari.

Compravendita di immobile tra privati e per asta giudiziaria

Solo gli acquisti per asta giudiziaria sono garantiti dal tribunale, che con effetto purgativo trasferisce la proprietà di un immobile libero da vizi.

Nella compravendita privata le situazioni occulte alla compravendita che possono verificarsi sono molteplici.

Dall’acquisto di quote, in cui non si è rispettato il diritto di prelazione di altri soggetti, alla vendita di immobili gravati da garanzie reali.

Particolare attenzione, poi, bisogna prestare agli appartamenti che risultano essere pervenuti per donazione venendo a ledere la quota di riserva degli eredi legittimari.

Una ulteriore problematica è rappresentata dagli immobili ancora privi delle necessarie autorizzazioni urbanistiche e abitative.

Come non si possono escludere persino azioni volte a rivendicare la proprietà di un immobile per avvenuta usucapione.

Se il libero mercato offre maggiori opportunità di scelta, le aste immobiliari garantiscono l’acquirente, che abbia effettuato il saldo del prezzo nei termini di cui all’ordinanza di vendita, da eventuali rischi di evizione e dalla cancellazione di tutte le formalità pregiudizievoli.

Tuttavia, anche in questo settore, a prescindere dalle possibilità concrete di aggiudicazione, l’assistenza legale, dati i tecnicismi e la complessità della materia è indispensabile ed è bene diffidare dai tanti intermediari.

Libera contrattazione e problemi in sede di rogito notarile

In sede di acquisto di un immobile i rischi possono essere molteplici.

Qualora l’immobile sia ancora da costruire, per esempio, il rilascio di una fideiussione a garanzia dello stato di insolvenza del costruttore non è l’unico elemento da considerare.

Sono frequenti anche problemi con agenzie immobiliari particolarmente invadenti che operano scorrettamente, non solo per acquisire un mandato di vendita, ma anche non comunicando situazioni che, se conosciute, non avrebbero portato a formalizzare l’offerta di acquisto.

Tuttavia, il mercato immobiliare in ambito privato, con l’assistenza di un  avvocato esperto in compravendite, è del tutto sicuro e oltre ad offrire maggiori soluzioni adatte alle proprie richieste ed esigenze immobiliari, offre il vantaggio della contrattazione libera.

Tenuto conto del sovraffollamento delle aste giudiziarie con l’interessamento di intermediari anche in quel settore, ove non  sarebbe dovuta alcuna provvigione di intermediazione, con relative incertezze in ordine alla possibilità di aggiudicazione dell’immobile.

Categorie
Rassegna Stampa

Casa coniugale: quando è possibile venderla?

Casa coniugale: quando è possibile venderla?

Avvocato Gianluca Sposato

Indice

La casa coniugale in assegnazione alla moglie a seguito di separazione, può essere venduta quando i coniugi sono d’accordo sulla ripartizione del ricavato dalla vendita.

La casa coniugale in assegnazione ad uno dei coniugi, a seguito di separazione, spesso può dare luogo a situazioni giuridiche difficili da affrontare, sia che sia in comproprietà  che di proprietà esclusiva del coniuge non assegnatario.

Ne parliamo con l’Avvocato Gianluca Sposato, Direttore del Network Legale24h che collabora con l’Agenzia Parlamentare.

Separazione: il coniuge smette di pagare il mutuo

E’ una tematica frequente e dolorosa perché secondo un orientamento della Cassazione l’iscrizione ipotecaria sull’immobile, anche se successiva alla trascrizione della sentenza di assegnazione della casa coniugale, deve considerarsi  prevalente.

Con la conseguenza che l’immobile deve ritenersi libero e privo di vincoli per l’acquirente tramite asta giudiziaria.

Non è questione semplice e sotto il profilo giuridico la presenza di minori non può non trovare tutela normativa, ma il rischio di un contrasto di giudizi tra giudice dell’esecuzione e giudice di famiglia è frequente, con liti familiari e contenziosi aperti su più fronti.

In questi casi rivolgersi ad un avvocato civilista con comprovata esperienza nel diritto di famiglia è fondamentale per comprendere la situazione e potere prendere le scelte più adeguate.

Vendita della casa coniugale

Una situazione sicuramente  vantaggiosa può essere quella di trovare un accordo, sia in sede di separazione giudiziale che di  separazione consensuale, o divorzio e vendere la casa coniugale.

Ponendo un limite alle proprie richieste ai fini di limitare i danni, nell’ ottica di porre fine a contrasti e liti familiari, prendendo di comune accordo la decisione di ripartire il ricavato della vendita della casa coniugale.

Questa soluzione che consente di ripartire il ricavato della vendita della casa coniugale secondo accordi ben precisi e garanzie, può rivelarsi utile ad entrambi i coniugi.

La soluzione è utile quando, per esempio, la casa coniugale è diventata ingestibile per i suoi costi, o troppo grande perché i figli, ormai autonomi, vivono indipendentemente.

Avvocato civilista per la vendita della casa coniugale

Quando si raggiunge una decisione di questo tipo, che rappresenta un cambiamento radicale anche delle proprie abitudini di vita ed un taglio netto con il passato, bisogna essere assistiti da un avvocato civilista.

Il legale cui affidarsi deve avere esperienza non soltanto in ambito familiare ma anche nell’area dei diritti  reali e del diritto immobiliare, per garantire la corretta esecuzione di tutti i passaggi  necessari a garantire la riuscita dell’operazione.

Per sottoporre il vostro caso e richiedere un appuntamento potete compilare il modulo di richiesta al link Legale24h dove sono indicati anche i costi della consulenza legale.

L’Avvocato Gianluca Sposato risponderà personalmente al vostro  caso risolvendo ogni  dubbio prima di assumere l’incarico per tutelare i vostri diritti ed interessi.

Categorie
Rassegna Stampa

Amministratore di sostegno, poteri e revoca

Amministratore di sostegno, poteri e revoca

Avvocato Gianluca Sposato

Indice

Amministratore di sostegno poteri e revoca i vantaggi per il beneficiario ed i problemi che può comportare negli equilibri familiari quando è un estraneo.

L’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente dell’ultima sessione per l’Esame di Stato di Avvocato a Roma, ne parla all’ISLE Istituto per gli Studi e la Documentazione Legislativa.

Cosa è l’amministratore di sostegno?

L’amministrazione di sostegno è un istituto giuridico introdotto con la Legge 6/2004 con l’intento di tutelare persone che hanno menomazioni fisiche, o psichiche, come gli anziani, i disabili, gli alcolisti ed i tossicodipendenti.

L’istituto è volto a garantire la cura della persona e del patrimonio di soggetti ritenuti dall’ordinamento giuridico più deboli e vulnerabili, che spesso hanno una pensione di invalidità e accompagno e si trovano nell’impossibilità di provvedere a tutelare i propri interessi.

Amministratore di sostegno poteri e revoca: esaminiamo quali sono i poteri dell’amministratore di sostegno ed in quali casi è possibile chiedere la sua sostituzione, o cessazione dell’attività.

Nomina dell’amministrazione di sostegno

La nomina dell’amministratore di sostegno avviene da parte del giudice tutelare, a seguito della presentazione di un ricorso da parte dell’interessato, di un suo familiare, o affine.

Nella scelta della persona da nominare, il giudice deve preferire, se non sorgono contestazioni, il coniuge, o la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio il fratello, la sorella, o il parente entro il quarto grado.

Di fatto, purtroppo, solo in rari casi avviene così ed è assai frequente, dati i contrasti familiari che spesso portano irresponsabilmente a questa scelta, che la nomina ricada su un professionista, di regola un avvocato, nominato dal giudice tutelare, che dovrà essere retribuito.

I poteri dell’amministratore di sostegno possono dettare contrasti con i familiari, o con lo stesso amministrato che intenda chiedere la revoca del suo amministratore.

Amministratore di sostegno poteri e revoca: quando deve essere richiesta la nomina di un amministratore di sostegno?

Non vi è una regola per ricorrere all’istituto, se non quella di salvaguardare gli interessi economici e la cura della persona di chi è chiamato a beneficiare dell’istituto, nei casi in cui ricorra urgenza di adottare questa misura.

Poniamo il caso di un soggetto affetto da schizofrenia paranoide che non sia in grado di provvedere alle esigenze quotidiane della propria vita e di gestire autonomamente il proprio patrimonio.

Sarà difficile individuare azioni poste in essere contro la sua libertà personale, o il suo patrimonio da parte di suoi familiari, o conviventi, lesivi della sua persona e/o delle sue finanza.

O il caso dell’anziano che si trovi a vivere da solo con la badante e non sia in  grado di prendersi autonomamente cura della sua persona e delle sue finanze, esponendosi al rischio anche di depauperamento dei suoi beni.

Ricorrere all’amministrazione di sostegno è una scelta meno radicale rispetto alla domanda di inabilitazione o interdizione, essendo volta a garantire i diritti più elementari come l’accesso alle cure mediche, ad attività formative, scolastiche e ricreative.

Con rendicontazione economica al giudice tutelare che valuterà l’adozione dei relativi provvedimenti, assecondando i desideri del soggetto interessato dal provvedimento.

Quali sono le problematiche legate all’amministrazione di  sostegno?

La principale problematica dell’istituto, quando l’amministratore di sostegno non è un familiare che si prenda cura della persona malata, è legata ai contrasti che possono sorgere con il professionista nominato dal tribunale.

Ciò perché, essendo un  estraneo, difficilmente avrà la capacità e la sensibilità di cogliere la personalità della persona malata e comprendere a fondo le sue effettive necessità.

Senza tener conto che, ove l’amministratore non ascolti i familiari, o vi sia aperto contrasto con questi, avrà difficoltà ad intraprendere le scelte migliori nell’interesse del proprio assistito.

Si aggiunga, inoltre, che il patrimonio dell’amministrato, con la nomina di un amministratore, è sottoposto a gestione e controllo del giudice tutelare che autorizza ogni singola spesa.

Il problema principale spesso è relativo  al fatto che vengono stabiliti gli importi mensili di cui il beneficiario può disporre, limitando di fatto la sua autonomia e quelle che possono essere le sue scelte.

Infine bisogna tener conto che il professionista incaricato non svolge la sua attività a titolo gratuito ed il relativo compenso annuale è a carico dell’amministrato.

Questo, anche in relazione ai poteri dell’amministratore di sostegno, molto spesso costituisce un motivo per i familiari per volerne richiedere la revoca al giudice.

Gli atti compiuti da persona sottoposta ad amministrazione di sostegno sono validi?

L’art. 409 del codice civile prevede che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva la propria capacità d’agire per tutti gli atti che non  richiedono la rappresentanza dell’amministratore di sostegno.

Dunque gli  atti necessari a soddisfare le proprie esigenze della vita quotidiana possono essere compiuti dall’amministrato  e sono validi.

La persona sottoposta all’amministrazione di sostegno, infatti, non perde del tutto la propria capacità di agire, potendo anche, se capace di intendere e volere, sposarsi, riconoscere i propri figli e fare testamento.

Mentre per quanto riguarda la possibilità di fare una donazione, tale capacità potrebbe trovare un limite da parte del giudice tutelare, su indicazione dei familiari.

Infatti, proprio per tutelare i suoi interessi, nel decreto di nomina del giudice tutelare saranno i familiari stessi a richiedere ed indicare per quali atti debba essere assistito e rappresentato dall’amministratore di sostegno.

Così potrà essere stabilito nel suo esclusivo interesse, per esempio, che non possa compiere atti di compravendita, o negoziazione di titoli finanziari superiori ad un determinato importo.

Quando è possibile la revoca dell’amministratore di sostegno?

Non è semplice porre rimedio a chi abbia, a cuor leggero, richiesto l’adozione di tale provvedimento, di  qui i maggiori problemi legati all’amministratore di sostegno con poteri e revoca.

L’interessato, o i suoi familiari e affini, possono presentare istanza al giudice tutelare chiedendo la sostituzione dell’amministratore di sostegno in casi di inadempimento grave da parte di questi.

E’ possibile, invece, chiedere che venga cessata l’attività di amministrazione di sostegno soltanto non ricorrendo più le condizioni per l’amministrato di averne bisogno

Circa i motivi da addurre non è sufficiente indicare ragioni generiche, ma presupposto affinché l’istanza di revoca dell’amministratore di sostegno possa trovare accoglimento da parte del giudice tutelare devono essere ragioni  specifiche.

Motivi per la revoca possono essere la cessazione dello stato di infermità del soggetto tutelato, perché ha seguito un percorso di disintossicazione, o è  guarito.

Mentre risulta a volte difficile chiedere la revoca dell’istituto per aperto contrasto di vedute con il beneficiario, o con un suo familiare che pregiudichi gli interessi della persona malata e sconvolga equilibri familiari.

Un motivo grave per la revoca dell’amministratore di  sostegno è una cattiva gestione economica da parte dell’amministratore, in presenza di gravi  inadempienze e rendicontazione lacunosa, o parziale.

L’istituto cessa, poi, quando viene presentata la misura restrittiva più rigida con la domanda di interdizione, o inabilitazione e viene nominato un tutore.

Per richiedere un parere in relazione ad una vicenda familiare potete chiamare l’Avvocato Gianluca Sposato, patrocinante in Cassazione, al numero 347.8743614. Non si presta assistenza legale gratuita.

Categorie
Rassegna Stampa

Pignoramento immobiliare, come impedire la vendita della casa all’asta?

Pignoramento immobiliare, come impedire la vendita della casa all’asta?

Avvocato Gianluca Sposato

Indice

L’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente Emerito dell’Associazione Custodi Giudiziari e Delegati alle Vendite Immobiliari, esperto in diritto immobiliare ed esecuzioni  immobiliari, spiega dopo il pignoramento immobiliare, come impedire la vendita della casa all’asta. Sono in  aumento i pignoramenti  di  case che vengono messe in vendita all’asta giudiziaria a causa della crisi economica.

Spesso i costi della procedura esecutiva immobiliare superano addirittura l’ammontare del debito che non si è potuto pagare.

Ciò a causa del complesso meccanismo delle aste giudiziarie e del numero di ausiliari di cui il giudice dell’esecuzione si avvale nella procedura esecutiva immobiliare.

Pignoramento immobiliare, come impedire la vendita della casa all’asta e contenere i costi?

L’errore più comune quando viene notificato un pignoramento immobiliare è gettarsi nello sconforto e non volere affrontare la situazione.

Ciò equivale a subire passivamente l’espropriazione immobiliare con un crescendo di spese e oneri da affrontare nelle varie fasi del giudizio.

A cominciare da quelle per il custode giudiziario e per il perito estimatore dell’immobile, finendo poi con quelle per il concessionario pubblicitario e del professionista delegato alla vendita immobiliare.

La prima cosa da fare è affidarsi subito ad un avvocato esperto in esecuzioni immobiliari per esaminare se il pignoramento immobiliare è stato eseguito correttamente e discutere insieme le varie possibilità previste dal codice di procedura civile.

Pignoramento immobiliare, come impedire la vendita della casa all’asta: conversione del pignoramento e custodia immobile.

La prima soluzione per evitare la vendita della casa all’asta ricorrendo la  possibilità è di chiedere la conversione del pignoramento immobiliare.

In taluni casi, poi, è possibile fare richiesta al giudice dell’esecuzione per essere nominato custode dell’immobile, non essendo previsto alcun limite normativo  affinché il debitore esecutato possa svolgere gli adempimenti del custode giudiziario.

Come opporsi alla vendita dell’immobile all’asta?

Con l’opposizione all’ esecuzione disciplinata dall’articolo 615 del codice di procedura civile, si contesta il diritto del creditore perché, per esempio, il titolo esecutivo è inficiato da fattispecie espressamente previste dall’art. 474 dello stesso codice di rito.

Dopo il pignoramento immobiliare, per capire come impedire la vendita della casa all’asta è importante esaminare se l’immobile pignorato risulta gravato da un fondo patrimoniale, o da un trust.

O ancora verificare quando il credito è illegittimo per tasso usuraio.

L’ opposizione agli atti esecutivi, è volta a contestare singoli atti della procedura esecutiva immobiliare e non  sempre ha come rimedio finale quello  di impedire la vendita.

Un errore comune che commette chi subisce una espropriazione immobiliare è quello di rivolgersi a società di consulenza del credito.

Oppure ad un avvocato senza esperienza documentata nel campo dei diritti reali e delle procedure espropriative immobiliari, che difficilmente, dati i tecnicismi e la difficoltà della materia esecutiva, riuscirà ad impedire la vendita per asta dell’immobile pignorato.

Scelta e costo dell’avvocato esperto in esecuzioni immobiliari

Il DM n. 55 del 2014, che disciplina le Tariffe Forensi, ed è un parametro di facile consultazione per il cliente che, affidandosi in buone mani, trarrà solo vantaggio dall’onorario corrisposto per farsi assistere da un bravo avvocato nel contenzioso immobiliare.

Un consiglio spassionato che mi sento di dare a chiunque si trovi in una situazione di difficoltà economica e abbia ricevuto la notifica di un pignoramento immobiliare è quello di riporre fiducia in un professionista con molti anni di esperienza.

Esaminare il suo curriculum, concordando il preventivo di spesa in modo da potere rispettare gli impegni per i singoli adempimenti necessari, dopo la notifica del pignoramento, a capire come impedire la vendita della casa all’asta.

Nella mia lunga carriera di avvocato e relatore congressuale esperto in contenzioso immobiliare e pignoramenti immobiliari ho risolto molti casi difficili ed evitato la vendita per asta giudiziaria della casa di tanti miei clienti, che ancora mi sono grati e riconoscenti per questo.

In un settore così delicato, dove si rischia di perdere la casa all’asta, non è mai una buona idea rivolgersi ad un avvocato senza esperienza ed approfondita conoscenza della materia.

Se avete subìto un pignoramento immobiliare, o la vostra casa sta per essere venduta all’asta L’Avvocato Gianluca Sposato, è disponibile ad accettare un incarico per assistervi nella procedura esecutiva immobiliare a Roma ed in tutta Italia ai fini di evitare la vendita all’asta dell’immobile pignorato.

Per appuntamenti e conferimento di incarico chiamare 06.3217639. Non si presta consulenza telefonica gratuita.

Categorie
Risarcimento del Danno

Malattia professionale

Malattia professionale

Indice

Cos’è la malattia professionale?

La malattia professionale si ha quando il lavoratore si ammala progressivamente per la costante interazione nello svolgimento dell’attività lavorativa.

Avviene, pertanto, per una cosiddetta causa lenta che nel tempo incide sulla salute del lavoratore, come nel caso dell’esposizione all’amianto, al benzene, o all’aldeide formica.

Secondo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è qualsiasi stato morboso che possa essere posto in rapporto causale con lo svolgimento di una attività lavorativa.

Malattia professionale Inail

La copertura assicurativa Inail ricomprende malattie tabellate.

Ovvero malattie riconosciute e assistite da una presunzione di collegamento con l’attività professionale svolta.

In questi casi, il lavoratore dell’erogazione dell’indennizzo, dovrà soltanto dimostrare di aver svolto mansioni direttamente ricollegabili a quelle tipiche comportanti la specifica malattia.

L’Inail indennizza i danni provocati prevedendo prestazioni di carattere economico, sanitario e riabilitativo.

Il lavoratore deve denunciare la malattia al proprio datore di lavoro entro il termine di 15 giorni dalla sua manifestazione, altrimenti perde il diritto all’indennizzo per il tempo antecedente la denuncia, allegando il certificato medico

Il certificato medico consente all’Inail di avviare il procedimento per accedere alle prestazioni economiche, sanitarie e riabilitative previste in caso di accoglimento della domanda.

Onere probatorio nella malattia professionale

Nel caso in cui, invece, il lavoratore contragga una malattia professionale non tabellata, per poter ottenere le prestazioni Inail, è chiamato ad assolvere il più gravoso onere probatorio.

Questo deve essere attinente alla dimostrazione in concreto del nesso causale tra la patologia accusata e le condizioni di lavoro.

Lo Studio Legale Sposato, grazie all’ausilio di medici legali e primari ospedalieri in convenzione, tutela i diritti del danneggiato valutando i casi in cui ricorrano le condizioni per intraprendere azione di risarcimento danni.