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Subito all’asta solo i beni deteriorabili

Subito all’asta solo i beni deteriorabili

Avvocato Gianluca Sposato

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Pubblicato su Il Messaggero il 2 giugno 2013 dall’Avvocato immobiliarista Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati

Come avviene la vendita all’asta di beni deteriorabili?

L’articolo 501 del codice di procedura civile, regolando il termine dilatorio del pignoramento, prevede che l’istanza di assegnazione o di vendita dei beni pignorati non possa essere proposta se non sono decorsi dieci giorni dal pignoramento stesso.

Tranne che per le cose deteriorabili, delle quali può essere disposta l’assegnazione o la vendita immediata.

Il pignoramento costituisce semplicemente l’atto iniziale del processo di espropriazione che deve proseguire con la fase di liquidazione del bene pignorato attraverso, alternativamente, la sua vendita o la sua assegnazione.

Chi può proporre l’stanza di vendita?

Subito  all’asta solo i beni deteriorabili: il presupposto è la formulazione di un’istanza che deve rispettare il termine dilatorio dei dieci giorni previsti dall’articolo in commento.

Ad eccezione dell’ipotesi in cui i beni pignorati siano deteriorabili, nel qual caso può essere immediatamente proposta.

La legittimazione a proporre l’istanza di vendita è riservata oltre che al creditore pignorante anche a quelli concorrenti tempestivi muniti di titolo esecutivo.

Mentre l’istanza di liquidazione forzata deve assumere la forma del ricorso recante la sottoscrizione della parte o del difensore munito di delega.

A riguardo la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la mancanza di sottoscrizione produce la invalidità dell’atto da farsi valere dal debitore con l’opposizione agli atti esecutivi (ex plurimis Cass. 1056/1979 ).

Ai sensi dell’art. 497 dello stesso codice di rito l’istanza di vendita deve essere presentata entro il termine acceleratorio di 90 giorni dal compimento del pignoramento, che in difetto perde la sua efficacia.

Come consentire al debitore di evitare la vendita, o l’assegnazione dei beni?

Il termine dilatorio imposto dalla norma in esame  è rivolto a consentire al debitore di evitare la vendita o l’assegnazione dei beni.

Avendo al riguardo la Suprema Corte stabilito che la sua inosservanza dà luogo a nullità sanabile, non rilevabile d’ufficio, né oltre l’udienza fissata per l’autorizzazione alla vendita (Cass. 15630/2002).

In ordine alle funzioni svolte da questo termine in dottrina si è spiegato che, da un lato, consentirebbe agli altri creditori di intervenire nel giudizio.

Dall’altro, assolverebbe all’esigenza di consentire al debitore di reagire al pignoramento attraverso lo strumento dell’opposizione all’esecuzione.

In proposito è da osservare che il codice di rito in ordine alla proposizione dell’stanza di vendita, mentre sanziona espressamente l’inosservanza del termine acceleratorio di novanta giorni con l’inefficacia del pignoramento, nulla stabilisce in ordine alla violazione del termine dilatorio dei dieci giorni.

In via eccezionale ed esclusivamente in relazione all’ipotesi in cui il pignoramento sia caduto su beni deteriorabili, sarà possibile derogare al rispetto del termine dilatorio menzionato.

In via di principio, però, per i soli beni mobili, non riscontrandosi in natura beni immobili, o crediti deteriorabili in dieci giorni.

Con riferimento a quest’ultima fattispecie la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la deteriorabilità di cose pignorate non va fissata per categorie di beni astrattamente considerati in via generale come potenzialmente alterabili.

Ma deve essere concretamente accertata e riconosciuta tenendo conto di tutti gli elementi che nella specifica situazione possono incidere sulla conservazione, facendo perdere alle stesse il loro valore di scambio.

Subito  all’asta solo i beni deteriorabili: l’istanza di immediata liquidazione forzata

Infine, in ordine all’istanza di immediata liquidazione forzata bisogna ricordare che la stessa non può essere formulata nel verbale di pignoramento-

Ma deve necessariamente essere proposta con separato ricorso al giudice dell’esecuzione, con indicazione dei motivi che ne giustificano l’istanza, chiarendo le ragioni di deteriorabilità dei beni.

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Aste, l’aggiudicatario inadempiente

Aste, l’aggiudicatario inadempiente

Avv Gianluca Sposato -risarcimento danno da morte

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Pubblicato su Il Messaggero il 12 maggio 2013 dall’Avvocato immobiliarista Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati

L’articolo 587 del codice di procedura civile stabilisce le conseguenze per l’aggiudicatario inadempiente all’esito della vendita, che può essere disposta con le modalità dell’incanto o senza incanto.

Cosa succede se l’aggiudicatario non versa il saldo prezzo?

Se il saldo prezzo non è depositato nel termine e con le modalità stabilite nell’ordinanza di assegnazione, il giudice dell’esecuzione dichiara la decadenza dell’aggiudicatario.

Pronuncia la perdita della cauzione a titolo di multa, disponendo un nuovo incanto a norma degli articoli 576 e seguenti dello stesso codice di rito.

Se il prezzo che se ne ricava, unito alla cauzione confiscata, risulta inferiore a quello dell’incanto precedente, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto anche al pagamento della differenza.

Dovendosi precisare a riguardo che la decadenza viene dichiarata dal giudice d’ufficio.

Non essendovi concordia sulla possibilità di evitarla, seppur con l’assenso di tutti i creditori sul tardivo versamento del prezzo in ritardo da parte dell’aggiudicatario stesso.

Perdita della cauzione nell’aggiudicazione

Alla dichiarazione di decadenza segue, dunque, la perdita della cauzione, che diviene parte del ricavato dell’espropriazione promossa con il pignoramento immobiliare.

Pur non essendo pacifica l’individuazione del soggetto al quale essa deve essere restituita in caso di estinzione della procedura, o dove vi sia un residuo attivo dopo la distribuzione del ricavato e la soddisfazione per l’intervento dei  creditori.

Parte della dottrina sostiene che l’importo deve essere rimesso, in tali casi, all’aggiudicatario inadempiente, pena l’ingiustificato arricchimento del debitore

Altri ritengono che la perdita della cauzione, concorrendo a formare la somma da distribuire a norma dell’articolo 509 del codice di procedura civile, vada a vantaggio del debitore esecutato.

Aste aggiudicatario inadempiente e nuova vendita all’ incanto

Il prezzo base per il nuovo incanto è fissato nella misura determinata a norma dell’articolo 568 del codice di procedura civile.

Ciò poiché viene ritenuto irrilevante, stante l’inadempimento, il prezzo della precedente aggiudicazione.

Cosa succede nel caso in cui il ricavato della nuova vendita, sommato alla cauzione già incamerata alla procedura, è inferiore al prezzo di aggiudicazione non versato?

L’aggiudicatario risponde personalmente della differenza, che sarà tenuto a versare alla procedura.

A tal fine il giudice dell’esecuzione pronuncia un decreto di condanna ai sensi dell’articolo 177 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.

In caso di mancato pagamento spontaneo, il decreto in questione costituisce titolo esecutivo a vantaggio dei creditori che hanno ottenuto l’attribuzione del credito in sede di distribuzione.

Opposizione contro il decreto di trasferimento dell’immobile

Contro il decreto di trasferimento dell’immobile subastato, che ha natura di provvedimento esecutivo non decisorio, è proponibile opposizione agli atti esecutivi.

Tale azione è consentita in virtù delle norme di cui all’art. 617 del codice di procedura civile e seguenti.

A riguardo è importante chiarire che il debitore esecutato che intende dedurre il mancato versamento del prezzo, nel termine stabilito da parte dell’aggiudicatario, ha l’onere di proporre opposizione agli atti esecutivi solo avverso il decreto di trasferimento, eventualmente pronunciato nonostante la decadenza.

Prima di tale momento può provvedere soltanto a sollecitare il giudice dell’esecuzione affinché dichiari decaduto l’aggiudicatario e venga disposto un nuovo incanto.

Questo principiò è stato ribadito dalla Suprema Corte con sentenza n. 7446 del 2007, precisando che occorrerà attendere il verificarsi del contrasto con le norme procedurali invocate.

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Case all’asta, partecipazione aperta a tutti

Case all’asta, partecipazione aperta a tutti

Avv Gianluca Sposato -risarcimento danno da morte

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Pubblicato su Il Messaggero il 10 marzo 2013 dall’Avvocato immobiliarista Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati

Chi non può partecipare all’asta giudiziaria?

L’articolo 579 del codice di procedura civile dispone che tutti, ad eccezione del debitore, sono ammessi a fare offerte all’incanto.

Le stesse devono essere presentate personalmente, o a mezzo di mandatario munito di procura speciale nella cancelleria addetta del Tribunale ove si tiene la vendita.

Il divieto a carico del debitore di rendersi acquirente dei propri beni in sede di vendita forzata e l’ambito dei soggetti ammessi a partecipare alla vendita coincidono con il disposto di cui all’articolo 571 cpc.

La norma disciplina le modalità delle offerte di acquisto nella vendita con incanto.

Molto si è discusso circa la ragione di questo divieto, individuata nel pericolo di turbativa della libertà della vendita.

Che verrebbe pregiudicata dalla presenza del debitore, per riguardo del quale alcuni partecipanti potrebbero astenersi dal formulare offerte.

Tale divieto opera anche se il debitore effettui offerta per interposta persona, purché vi sia interposizione fittizia ed il terzo sia un mero prestanome.

L’ipotesi di interposizione reale, nel caso in cui il terzo acquisti il bene pagandolo con denaro proprio ed obbligandosi a rivenderlo al debitore, con apposito patto di retrovendita, è stata ritenuta estranea al divieto imposto dalla norma.

Quando è nullo il patto tra debitore esecutato e terzo sul trasferimento dell’immobile?

Case all’asta partecipazione aperta a tutti: la Corte di Cassazione, con sentenza n. 3952 del 1988, ha ritenuto nullo il patto tra debitore e terzo con cui quest’ultimo si obblighi a ritrasferire al primo l’immobile acquistato all’asta.

A meno che non si tratti di mero impegno rispetto ad una eventuale retrocessione da compiersi nel momento in cui il debitore venga a trovarsi nuovamente in condizioni economiche che gli permettano l’acquisto.

Il divieto di partecipare all’incanto vale anche per gli eredi del debitore, mentre non opera per i prossimi congiunti, né per il coniuge, anche se in regime di comunione legale dei beni.

Per le stesse ragioni si ritiene che, in linea di principio, non sia vietato al socio di società di capitali proporsi come offerente per l’acquisto di un immobile che è stato oggetto di pignoramento in danno della società.

Ciò in  considerazione dell’autonomia patrimoniale che caratterizza l’ente rispetto ai singoli soci (Cass. 11258/2007 ).

Secondo l’opinione maggiormente condivisa la violazione del divieto comporterebbe l’impugnabilità dell’aggiudicazione.

Da esperirsi attraverso il mezzo dell’opposizione agli atti esecutivi, decorrendo il relativo termine dalla scoperta dell’accordo fraudolento.

Altri sostengono, più rigorosamente invece, che la sua elusione determinerebbe la radicale nullità dell’offerta e dell’eventuale aggiudicazione.

Offerta all’asta per persona da nominare

Case all’asta partecipazione aperta a tutti: una particolarità della norma in commento, infine, è rappresentata dalla previsione per l’avvocato di poter presentare offerta anche per persona da nominare.

Essendogli consentito di offrire e rendersi aggiudicatario per conto di un terzo da individuarsi mediante dichiarazione da depositarsi in cancelleria nel termine di tre giorni dall’incanto, unitamente al mandato ricevuto.

Al riguardo, bisogna però precisare che qualora l’offerta per persona da nominare avvenga da parte di chi non è avvocato, l’aggiudicazione resterà ferma in capo a colui che ha presentato materialmente l’offerta.

Applicandosi per analogia il disposto dell’articolo 1405 del codice civile, che prevede nel caso in cui la dichiarazione di nomina non sia fatta validamente nel termine stabilito dalla legge o dalle parti, che il contratto produca i suoi effetti tra i contraenti originari.

Tale circostanza è stata ribadita dalla Suprema Corte con sentenza n. 5145 del 1981, non essendo comunque configurabile, nella fattispecie sopra enunciata, alcun vizio dell’aggiudicazione.

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All’asta i beni del terzo proprietario

All’asta i beni del terzo proprietario

Avvocato Gianluca Sposato

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Pubblicato su Il Messaggero il 3 marzo 2013 dall’Avvocato Gianluca Sposato, esperto in diritto immobiliare. Tutti i diritti riservati

Quando il terzo risponde con i propri beni

L’art. 2910 del codice civile, richiamando l’art. 602 del codice di procedura civile, stabilisce che il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può fare espropriare oltre ad i beni del debitore anche, in particolari ipotesi, quelli di un terzo.

Ciò in ossequio del principio per cui l’esecuzione forzata di un diritto è nel contempo mezzo e risultato – spiega l’Avv. Gianluca Sposato, Presidente dell’Associazione custodi giudiziari.

Ricorrono tali fattispecie quando:

  1.  i beni del terzo proprietario sono vincolati a garanzia del credito;
  2. ovvero quando sono oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio, o in frode del creditore.

All’asta i beni del terzo proprietario: i rischi dell’acquisto di immobile ipotecato

Corrispondono al primo caso l’ipotesi del terzo acquirente di immobili ipotecati.

Ciò si verifica quando il debitore, dopo aver concesso ipoteca su un proprio bene a garanzia di un suo debito, aliena ad un terzo la nuda, o piena proprietà, ovvero l’enfiteusi, o la superficie del medesimo bene.

Restano espressamente escluse le altre ipotesi di costituzione di diversi diritti reali limitati.

Esempio tipico è quello del venditore che alla stipula dell’atto di compravendita immobiliare si obbliga, entro un termine, a far liberare l’immobile dalla formalità pregiudizievole relativa al mutuo contratto a sua esclusiva cura e spese.

Senza poi rispettare tale impegno, vedendosi così travolto il terzo acquirente “per contanti”, per l’originario debito altrui.

All’asta i beni del terzo proprietario: la concessione d’ipoteca del terzo proprietario sul proprio bene

Diversa è l’ipotesi del terzo proprietario che concede volontariamente garanzia, a favore del creditore del debitore, mediante diritto d’ipoteca su un proprio bene.

In entrambi i casi si verifica una scissione tra debito e responsabilità.

Limitatamente ai beni individuati nel patrimonio del terzo, non potendosi  applicare il principio generico sancito dall’art. 2740 del codice civile.

Poiché la figura del terzo soggetto all’espropriazione per debito altrui esula da quella del fideiussore che, avendo invece prestato garanzia personale, risponde, anche se in via accessoria, con tutto il suo patrimonio.

Quando può essere esperita l’azione revocatoria?

Il secondo caso previsto dall’articolo in commento ricorre, invece, quando è stata esperita vittoriosamente l’azione revocatoria, o pauliana, da parte dei creditori contro il terzo proprietario.

La giustificazione dell’estensione della responsabilità patrimoniale su beni già usciti dal patrimonio del debitore si deve ravvisare nella necessità di tutelare i creditori da comportamenti viziati da dolo, diretti a sottrarre la garanzia del credito.

A riguardo, è opportuno precisare che, in termini di nullità o annullabilità degli atti cui si riferisce, l’azione revocatoria non  incide sulla loro validità, ma soltanto sull’efficacia dell’atto di disposizione.

Il suo accoglimento, infatti, produce una inefficacia relativa dell’atto pregiudizievole delle ragioni  del creditore.

Con conseguente possibilità di assoggettare ad espropriazione i beni del debitore, anche se entrati a far parte del patrimonio di un terzo avente causa.

Anche il terzo proprietario può proporre opposizione all’esecuzione

Il terzo proprietario assoggettato ad espropriazione  forzata, essendo direttamente  interessato al regolare svolgimento del processo esecutivo, acquisisce diritto di difesa.

Il principio è stabilito dalla Suprema Corte con sentenza n. 4923 del 2000,

Il terzo che subisce l’esproprio, anche nel caso della comproprietà, è legittimato all’opposizione agli atti esecutivi ed anche all’opposizione all’esecuzione.

Ciò, al fine di non restare pregiudicato dal compimento di atti non conformi alla legge, diversamente dal promissario acquirente di bene immobile gravato da ipoteca per debito altrui.

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Vendita all’asta, le proprietà personali dei coniugi

Vendita all’asta, le proprietà personali dei coniugi

Avvocato Gianluca Sposato

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Pubblicato su Il Messaggero il 23 dicembre 2012 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati – vietata la riproduzione.

Comproprietà d’immobili e comunione legale

La comunione legale tra coniugi non rappresenta una normale comproprietà in cui ciascuno è titolare della quota pari al cinquanta per cento.

Trattandosi di comunione particolare senza quote in cui i coniugi sono proprietari del tutto – spiega l’Avvocato Gianluca Sposato – presidente dell’Associazione custodi giudiziari.

Prima della riforma del diritto di famiglia, in vigore dal 20 settembre 1975, il regime imposto, in mancanza di diverso accordo tra i coniugi, era quello della separazione dei beni.

Ma per i beni immobili acquistati a partire da tale data si applica il regime di comunione legale.

A meno che anche uno solo dei coniugi, che ha contratto matrimonio prima dell’entrata in vigore della riforma, non ha optato, durante il periodo transitorio in vigore fino al 16 gennaio 1978, per il regime della separazione dei beni.

Queste considerazioni sono importanti al fine di instaurare correttamente una procedura espropriativa immobiliare.

Dovendosi distinguere se l’esecutato ha acquistato i beni da sottoporre a pignoramento immobiliare in comunione legale tra coniugi o meno, con le relative problematiche interpretative connesse.

Pertanto nella vendita all’asta, le proprietà personali dei coniugi assumono sempre particolare interesse e difficoltà, come nel caso del provvedimento di assegnazione della casa coniugale.

Vendita all’asta, le proprietà personali dei coniugi, quali beni non cadono in comunione? 

A riguardo è indispensabile rammentare che l’art. 179 del codice civile, prevede che alcuni beni non cadono nella comunione legale tra coniugi:

  1. o perché acquistati prima del matrimonio;
  2. o perché provenienti da successione o donazione successivamente al matrimonio, quando nell’atto di liberalità, o nel testamento non sia indicato che sono attribuiti alla comunione.

Inoltre, non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge:

  • quelli di uso strettamente personale ed i loro accessori;
  •  i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge (tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione);
  • i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno, nonché la pensione attinente alla perdita parziale, o totale della capacità lavorativa
  •  i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati, o con il loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.

Nelle vendita all’asta le proprietà personali dei coniugi richiedono un esame preliminare di tutte le vicende illustrate, prima della notifica del pignoramento.

Vendita all’asta, le proprietà personali dei coniugi, l’acquisto di beni immobili

Cosa succede per l’acquisto di beni immobili, o di beni mobili quali navi, aeromobili, autoveicoli, per i quali è prevista la pubblicità, effettuato dopo il matrimonio?

E’ escluso dalla comunione ai sensi delle lettere c), d) ed f) elencati dall’articolo 179 del codice civile quando tale esclusione risulta dall’atto di acquisto, se ha partecipato anche l’altro coniuge.

Un approfondimento particolare merita la lettera f dell’articolo in commento.

La norma non considera sufficiente, perché il bene sia personale, che sia acquistato con il prezzo della cessione, o con lo scambio di un bene già personale.

Viene richiesto che tale circostanza sia oggetto di una specifica dichiarazione del coniuge acquirente.

La giurisprudenza, di fatto, ha interpretato in modo assai restrittivo tale requisito.

Nella vendita all’asta, le proprietà personali dei coniugi possono, dunque, essere oggetto espropriazione immobiliare solo esaminate attentamente le relative disposizioni normative.

Carattere personale del corrispettivo impiegato per l’acquisto

È di assoluto rilievo in proposito ricordare quanto affermato dalla Suprema Corte, con la nota sentenza n. 1556 del 1993.

La Cassazione ha precisato come sia superflua tale dichiarazione nel caso in cui sia obiettivamente certo il carattere personale del corrispettivo impiegato per l’acquisto.

Ciò avviene, per esempio, nel caso in cui uno dei coniugi effettui una compravendita immobiliare  mediante la permuta di un bene personale.

Ricorrendo tale fattispecie, allorquando i coniugi siano sposati in regime di comunione legale dei beni, oca succede?

Ove l’atto derivativo sia una permuta con beni personali, non sarà necessaria la dichiarazione di cui al secondo comma dell’art. 179 del codice civile.

Né, tantomeno, sarà necessaria la presenza dell’altro coniuge alla stipula del relativo rogito, o al preliminare di compravendita.

Infatti il bene permutato ricadrà nella piena proprietà del solo coniuge che ne dispone.

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Processo esecutivo, criticità e aree di miglioramento

Processo esecutivo, criticità e aree di miglioramento

Avvocato Gianluca Sposato

Pubblicato su Il Messaggero il 28 ottobre 2012 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Tutti i diritti riservati.

Con l’innovazione tecnologica procedure più snelle

Lo scorso 22 ottobre si è  tenuto a Roma presso la sala conferenze di Unicredit il convegno “Criticità nelle esecuzioni immobiliari ed aree di miglioramento”.

Organizzato con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e la partecipazione di Piemme concessione pubblicità – racconta l’Avv. Gianluca Sposato, Presidente dell’Associazione custodi giudiziari.

Con l’innovazione tecnologica procedure più snelle, ma restano nodi irrisolti nel processo esecutivo, e devono essere esaminate criticità e aree di miglioramento.

Sono intervenuti numerosi operatori interessati a tematiche inerenti il diritto immobiliare, in considerazione del grande interesse per gli argomenti e del livello dei relatori.

Ha aperto i lavori il Dott. Dino  Crivellari, Amministratore delegato  di Unicredit Credit Managment Bank, società leader nella gestione dei crediti anomali, che ha parlato delle tempistiche e dei costi delle procedure esecutive immobiliari.

Criticità nelle esecuzioni immobiliari ed aree di miglioramento: valore dei pignoramenti immobiliari superiore a 150 miliardi

Il valore dei crediti azionati è aumentato vertiginosamente negli ultimi 5 anni, fino a raggiungere cifre vicine ai 150 miliardi di  euro per il sistema finanziario e bancario italiano.

A segno di un’economia ancora in  crisi e di un sistema che necessita  di soluzioni alternative al pignoramento immobiliare.

Dati allarmanti, se si pensa che da un lato, dopo la riforma del 2005 ed in particolare con l’introduzione della figura del Custode Giudiziario, si è dato impulso alle procedure esecutive.

Riduzione dei tempi delle vendite immobiliari

Con la riforma del processo di esecuzione immobiliare si è ottenuto una notevole riduzione della durata dei processi.

Dall’altro lato, però, i costi sostenuti per il recupero crediti in sede giudiziale risultano spesso eccessivamente alti, se non  sproporzionati, superando a volte l’ammontare stesso del valore  azionato.

A differenza di quanto avviene in altri Tribunali d’Italia, si è chiesto che venga affidata al Custode una delega parziale, piuttosto che una delega piena.

Rimanendo la vendita attività svolta davanti al Giudice dell’Esecuzione ed auspicando, nell’ottica di ulteriore riduzione dei tempi, che anche la vendita, entro breve, possa essere affidata al  delegato.

Questo quanto è emerso nel convegno nel processo esecutivo, criticità e aree di miglioramento.

Criticità nelle esecuzioni immobiliari ed aree di miglioramento: le problematiche del titolo esecutivo

Si sono, poi, affrontate questioni giuridiche non sempre di facile soluzione per gli operatori di diritto interessati alle esecuzioni immobiliari.

In particolare relativamente all’interpretazione del titolo esecutivo con la Dott.ssa Anna Maria Soldi, Giudice della Sezione Fallimentare del Tribunale di Roma.

Per poi discutere sui benefici apportati dall’innovazione tecnologica, nell’ottica di un efficiente funzionamento della Giustizia, con razionalizzazione di tempi e costi delle procedure.

Sull’argomento è intervenuto in prima battuta il Dott. Mauro  Lambertucci, Presidente della Sezione Esecuzioni Mobiliari del  Tribunale di Roma, che per primo ha dato impulso all’informatizzazione del processo civile.

Criticità nelle esecuzioni immobiliari ed aree di miglioramento: l’asta telematica

E’ stata avviata con successo l’asta mobiliare telematica per beni mobili quali autovetture, orologi e gioielli, attraverso l’istituzione di un’ apposita area dedicata sul sito del Tribunale di Roma.

Attraverso lo strumento dell’asta telematica è possibile nell’ambito delle procedure concorsuali procedere in maniera più celere e snella alla vendita di prodotti da stoccaggio di piccoli importi.

Mentre maggiori problematiche si ravvisano allo stato per rendere applicativo il sistema nell’asta immobiliare.

E’ stato evidenziato come vi sia ancora eccessiva diffidenza da parte degli avvocati nei confronti dell’invio telematico degli atti giudiziari,  nonostante i benefici che se ne potrebbero ricavare anche in termini  di miglior impiego del personale di cancelleria.

Un risultato importante frutto del confronto nel processo esecutivo, criticità e aree di miglioramento.

L’intervento dell’Avvocato Gianluca Sposato organizzatore del convegno

In conclusione – ha evidenziato l’Avvocato Gianluca Sposato, organizzatore del convegno, si è riscontrato, ancora una volta, che l’Italia risulta essere indietro rispetto ad altri Paesi della Comunità Europea.

Quali Germania e Spagna, per la durata dei processi con una durata media di oltre 1200 giorni, contro gli appena 380 della Germania e i  circa 500 della Spagna.

Ciò non solo a causa dell’esiguo numero dei Giudici rispetto al  contenzioso in essere, ma anche per la mancanza di adeguati investimenti da parte dello Stato nel sistema Giustizia, che dovrebbe rappresentare il fiore all’occhiello di un Paese garantista.

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Stop alla vendita, il processo esecutivo è estinto

Stop alla vendita, il processo esecutivo è estinto

Avvocato Gianluca Sposato

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Pubblicato su Il Messaggero il 22 luglio 2012 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Riproduzione vietata. Tutti i diritti sono riservati

Quando si estingue il processo esecutivo?

L’art. 629 del codice di procedura civile stabilisce alcune ipotesi in cui il processo esecutivo si estingue.

Ciò può avvenire se, prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, il creditore pignorante e quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo rinunciano agli atti –  spiega l’Avvocato Gianluca Sposato, presidente dell’Associazione custodi giudiziari.

Dopo la vendita occorre, invece, la rinuncia anche di tutti i creditori concorrenti.

Bisogna ricordare che il processo esecutivo può essere dichiarato estinto anche per inattività delle parti, o come introdotto dalla Legge n. 69 del 2009, per mancata comparizione all’udienza.

Stop alla vendita il processo esecutivo è estinto: la rinuncia del creditore procedente

L’estinzione a seguito di rinuncia, che può avvenire anche in sede di opposizione, ivi compresa quella di terzo, si verifica solo con ordinanza del giudice.

Per cui fino a quando non è emesso tale provvedimento, resta consentito l’intervento dei creditori in giudizio, come ribadito dalla Suprema Corte con sentenza n. 6885 del 14 marzo 2008.

L’estinzione per inattività in giudizio può configurarsi come una sanzione per i comportamenti di inerzia delle parti nella prosecuzione, o nella riassunzione del processo.

Opera di diritto, su eccezione di parte o d’ufficio, con ordinanza del giudice alla prima udienza successiva al verificarsi della causa di estinzione.

Stop alla vendita il processo esecutivo è estinto: l’inattività delle parti

Nell’estinzione per inattività rientrano anche i comportamenti omissivi – continua l’Avvocato Sposato, che ha vasta esperienza in diritto immobiliare.

Ciò può verificarsi per la mancata instaurazione del giudizio di divisione nel termine perentorio fissato dal giudice.

L’inattività delle parti determina l’estinzione dell’esecuzione anche per il mancato deposito, o la mancata integrazione della relazione notarile nel termine di cui all’art. 567 del codice di procedura civile.

Dunque stop alla vendita il processo esecutivo è estinto in presenza di quanto sopra.

Ipotesi di estinzione per inattività delle parti si configura anche per la mancata instaurazione del giudizio di merito di opposizione, prevista dal terzo comma dell’art. 624 del codice di procedura civile.

La norma segnatamente stabilisce in caso di sospensione del processo esecutivo, ove non venga instaurato il giudizio di merito di opposizione nei termini, l’estinzione con ordinanza del processo e la cancellazione del pignoramento.

Stop alla vendita: opposizione all’esecuzione ed opposizione di terzo

La novella del 2009 ha previsto che l’estinzione del processo ai sensi dell’art. 624 terzo comma del codice di procedura civile avvenga su rilievo d’ufficio e non più su istanza dell’opponente.

Parte della dottrina ritiene la norma applicabile solamente all’opposizione all’esecuzione ed alla opposizione di terzo.

Ma non all’opposizione a precetto, poiché la norma succitata limita la sua portata al pignoramento.

Mentre altra la ritiene applicabile anche alla opposizione agli atti esecutivi, in base al disposto dell’ art. 617 del codice di procedura civile.

Poiché l’ultimo comma dell’art 624 dello stesso codice di rito richiama l’art 618, che riguarda la sospensione delle esecuzioni agli atti esecutivi.

L’ultima ipotesi di estinzione del processo esecutivo è contenuta nell’art. 631 del codice di procedura civile.

Si verifica con la mancata comparizione per due udienze di tutte le parti, rilevabile d’ufficio, previa comunicazione della cancelleria.

La cancellazione della trascrizione del pignoramento

Contestualmente all’ordinanza di estinzione del processo esecutivo il giudice dell’esecuzione ordina alla Conservatoria dei Registri Immobiliari la cancellazione della trascrizione del pignoramento.

Ma il creditore con lo stesso titolo può iniziare una nuova azione esecutiva, salvo che il titolo non sia stato dichiarato nullo, o annullabile, in sede di impugnazione.

Nel caso in cui l’estinzione avvenga dopo l’aggiudicazione il trasferimento di proprietà si considera, comunque, avvenuto a favore dell’aggiudicatario.

Il debitore in questo caso ha diritto, eventualmente, solo al ricavato a lui distribuito.

La Cassazione Civile, con sentenza n. 25507 del 30 novembre 2006, ha, infatti, stabilito a riguardo, in caso di aggiudicazione, un principio importante con  riferimento a stop alla vendita, il processo esecutivo è estinto.

Se nel periodo intercorrente tra la vendita ed il decreto di trasferimento interviene la rinuncia di tutti i creditori, anche non titolati, l’acquisto da parte dell’aggiudicatario non perde la sua efficacia.

Questo per l’indifferenza dell’aggiudicazione provvisoria e dell’assegnazione all’estinzione.

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Vendite all’asta, l’espropriazione contro il terzo proprietario

Vendite all’asta, l’espropriazione contro il terzo proprietario

Avvocato Gianluca Sposato

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Pubblicato su “Il Messaggero” il 1 luglio 2012 dall’Avvocato immobiliarista Gianluca Sposato. Vietata la riproduzione. Tutti i diritti sono riservati.

In questo articolo viene affrontata la tematica relativa all’espropriazione contro il terzo proprietario di immobile gravato da ipoteca per debito di un comproprietario.

Vendite all’asta: quando è ammessa l’espropriazione contro il terzo proprietario  

L’articolo 602 del codice di procedura civile disciplina l’espropriazione contro il terzo proprietario.

E’ una particolare forma di espropriazione su un bene di proprietà di un terzo gravato da pegno, o da ipoteca per debito altrui, ovvero un bene la cui alienazione è stata revocata per frode.

La responsabilità esecutiva in esame impone che il terzo deve subire l’espropriazione al posto del debitore tutte le volte in cui si trova in un particolare rapporto con il bene.

Casi in cui l’espropriazione avviene nei confronti del terzo al posto del debitore

I casi di vendita all’asta, in cui può avvenire l’espropriazione contro il terzo proprietario sono:

  1. nel caso del terzo acquirente, allorché il terzo abbia acquistato immobile già gravato da pegno o ipoteca;
  2. nel caso del terzo datore d’ipoteca, quando il terzo abbia concesso che venisse costituito sul proprio bene un diritto reale di garanzia per debito altrui;
  3. nel caso in cui il terzo sia divenuto proprietario di beni alienati dal debitore con atto dichiarato inefficace perché in frode ai creditori.

Vendite all’asta, l’espropriazione contro il terzo proprietario: ricorrendo tali casi, il proprietario del bene espropriato, benché estraneo al rapporto debitorio, è gravato da responsabilità per un debito altrui.

In tutti questi casi si  configura una particolare categoria di responsabilità esecutiva senza debito a seguito di un pignoramento immobiliare.

Da qui l’importanza di affidarsi sempre ad un avvocato specializzato in esecuzioni immobiliari, diritti reali e diritto immobiliare.

Vendite all’asta: l’espropriazione contro il terzo proprietario e la garanzia reale per debito altrui

L’espropriazione viene condotta nei confronti di una persona diversa dal debitore in tutti i casi in cui il bene è gravato da ipoteca, pegno, privilegio con diritto di sequela, oggetto di garanzia reale per debito altrui.

Tale responsabilità per debito altrui può avere luogo anche per acquisto già onerato.

Questo avviene nel caso in cui l’alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode, ferma in ogni caso la estraneità del terzo espropriando al rapporto obbligatorio.

Circostanza che lo rende immune dall’aggressione al suo intero patrimonio.

La normativa sull’espropriazione contro il terzo proprietario nelle vendite all’asta

Il fondamento di tale speciale disciplina va individuato nell’articolo 2910 del codice civile.

Tale norma, nel rendere concreta la responsabilità patrimoniale generica del debitore sancita dall’articolo 2740 codice civile, stabilisce al primo comma la soggezione dei beni del debitore all’espropriazione.

I beni  del terzo possano essere espropriati anche quando sono vincolati a garanzia del credito, o quando soano oggetto di un atto che è stato revocato perché compiuto in pregiudizio del creditore.

Vendite all’asta, l’espropriazione contro il terzo proprietario: l’atto di precetto va notificato al debitore e al terzo

In tali casi è opportuno ricordare che l’atto di precetto dovrà essere notificato tanto al debitore che al terzo.

Mentre la sua intimazione dovrà essere rivolta esclusivamente al debitore.

Con l’avvertimento rivolto al terzo, oltre che al debitore, che si intende espropriare un determinato bene di proprietà del terzo di cui l’atto di precetto deve fare espressa menzione.

Il successivo atto di pignoramento, per ovvie ragioni, dovrà essere effettuato nei confronti del terzo e non del debitore.

Tutte circostanze che nelle vendite all’asta, l’espropriazione contro il terzo proprietario, devono essere attentamente considerate.

I diritti del terzo proprietario assoggettato ad espropriazione forzata

Il terzo proprietario assoggettato a espropriazione forzata è, comunque, legittimato all’opposizione agli atti esecutivi.

Ciò in quanto direttamente interessato al regolare svolgimento del processo esecutivo.

Al fine di non rimanere pregiudicato dal compimento di atti non conformi alla legge, come stabilito dalla Suprema Corte con sentenza numero 4923 del 2000.

Parimenti l’opposizione all’esecuzione, avendo a oggetto la contestazione del diritto di promuovere l’esecuzione forzata, è esperibile soltanto dal debitore e dal terzo assoggettato all’esecuzione.

Mentre non è legittimato attivamente all’opposizione il promissario acquirente del bene immobile gravato da ipoteca per un debito altrui che venga sottoposto a esecuzione dal creditore ipotecario.

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Vendite in più lotti, ecco quando arriva lo stop

Vendite in più lotti, ecco quando arriva lo stop

Avvocato Gianluca Sposato

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Intervista all’Avvocato Gianluca Sposato, specializzato in diritto immobiliare, pubblicata su “Il Messaggero” il 12 febbraio 2012. Tutti i diritti riservati.

L’articolo 504 cpc stabilisce che se la vendita è fatta in più volte, o in più lotti deve cessare quando il prezzo ottenuto raggiunge l’importo delle spese e dei crediti di cui all’articolo 495 primo comma dello stesso codice.

La norma in esame consacra l’ovvia corrispondenza tra garanzia patrimoniale ed espropriazione forzata ed è strettamente funzionale a porre rimedio all’eventuale eccesso dell’espropriazione consentito in giurisprudenza.

Ai sensi della disposizione la vendita forzata deve cessare se il prezzo ottenuto raggiunge l’importo delle spese e dei crediti pari alle spese di esecuzione, all’importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti comprensivo del capitale, degli interessi.

Quali sono i crediti nell’esecuzione immobiliare?

Poiché la formula usata dal legislatore prescinde da ogni qualificazione dei creditori concorrenti, sembra valida la tesi maggioritaria secondo cui devono considerarsi i crediti di tutti i creditori che abbiano interesse al processo esecutivo.

Dunque bisognerà esaminare sia l’intervento dei creditori, tanto tempestivamente quanto tardivamente, sia di coloro che ancora non abbiano spiegato intervento, purché abbiano un diritto di prelazione risultante da pubblici registri.

La ratio della disposizione si spiega, d’altronde, in considerazione del pregiudizio che questi ultimi subirebbero.

Con quali modalità deve cessare la vendita nell’esecuzione forzata?

Circa le modalità con cui deve cessare la vendita, l’articolo 163 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile distingue due ipotesi:

  1. a seconda che si sia tenuta davanti al giudice dell’esecuzione
  2. o davanti al professionista delegato, avvocato, notaio o dottore commercialista, così come introdotto dalla riforma del 2006.

In quest’ultimo caso il delegato potrà soltanto disporre la cessazione provvisoria della vendita riferendo immediatamente al giudice che lo ha nominato.

Il giudice, dopo aver sentito tutte le parti, provvederà o confermando il precedente provvedimento, oppure revocandolo e ordinando la prosecuzione della vendita.

Come è stato recentemente ribadito dalla dottrina, in forza del provvedimento di cessazione della vendita, i beni immobili assoggettati all’espropriazione che non siano stati venduti devono essere restituiti al debitore, o al terzo proprietario.

Effetti della cessazione della vendita e vincolo del pignoramento

A riguardo è importante precisare che, poiché il presupposto necessario affinché l’istituto in esame possa operare è costituito dalla effettiva integrale soddisfazione di tutti i creditori concorrenti, l’ordinanza con cui viene disposta la cessazione della vendita non è idonea a liberare i beni dal vincolo del pignoramento.

Occorrerà, infatti, attendere non soltanto il pagamento del prezzo offerto, ma anche la distribuzione del prezzo ricavato.

Ciò significa che, ove in sede di distribuzione qualcuno dei creditori sia rimasto insoddisfatto, il giudice dell’esecuzione potrà disporre che sia avviato nuovamente il procedimento di vendita forzata dei beni ancora assoggettati alla procedura esecutiva.

Ciò ovviamente revocando, in base al disposto dell’articolo 487 del codice di procedura civile, la precedente ordinanza di cessazione della vendita.

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Vendita sospesa se il prezzo offerto é inferiore al giusto

Vendita sospesa se il prezzo offerto é inferiore al giusto

Avv Gianluca Sposato -risarcimento danno da morte

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Pubblicato su Il Messaggero il 27 novembre 2011 dall’Avvocato Gianluca Sposato. Vietata la riproduzione. Tutti i diritti riservati.

L’art. 586 cpc dispone che il giudice dell’esecuzione, pur essendo stato versato il prezzo di aggiudicazione, può sospendere la vendita e non emettere il decreto di trasferimento, quando ritiene che il prezzo offerto è notevolmente inferiore a quello giusto.

La norma è stata introdotta dall’art.19 bis della Legge 203/91 contenente provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata, trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa.

Parte della dottrina, dando valore al suo contenuto letterale, sostiene che il giudice possa esercitare il potere in esame solo una volta avvenuto il pagamento del saldo prezzo.

Vendita sospesa se il prezzo offerto é inferiore al giusto: quando può essere sospesa la vendita immobiliare?

L’orientamento prevalente prevede che tale provvedimento può essere adottato anche nel tempo che intercorre tra l’aggiudicazione ed il pagamento del saldo prezzo.

La vendita sospesa se il prezzo offerto è inferiore al giusto può essere disposta solo fino alla pronuncia del decreto di trasferimento.

Il presupposto del potere di sospensione, data la mancanza di parametri ai quali la valutazione del giudice deve attenersi, è stato sempre oggetto di ampio dibattito.

Si è evidenziato, in primo luogo, la estrema incisività sul procedimento di vendita.

Se trova giustificazione nell’ambito della procedura fallimentare, dove l’interesse da perseguire è quello del maggiore realizzo possibile per la massa, meno si adatta all’esecuzione individuale.

Vendita sospesa se il prezzo offerto é inferiore al giusto: elementi necessari per la sospensione della vendita

Conseguentemente si è ritenuto non idoneo a giustificare il provvedimento de quo ogni evento fisiologico della procedura relativa alle esecuzioni immobiliari.

Quale il mero succedersi dei ribassi, anche se lungo il corso di diversi anni, ovvero l’iniziale insufficienza del prezzo base, al quale dovrebbe ovviarsi attraverso l’aggiornamento della stima dell’immobile.

Quali devono essere allora gli unici elementi fattuali che possono indurre il giudice dell’esecuzione a negare l’emanazione del decreto di trasferimento?

Solo quelli dai quali si desume l’intervento di interferenze illecite nella vendita che ne hanno comportato l’irregolare svolgimento, come ha chiarito la Suprema Corte con la sentenza numero 8464 del 1999.

In ogni caso, l’autorità giudicante dovrà fornire adeguata motivazione dalla quale possano emergere tutti i parametri con i quali ha determinato che la vendita è avvenuta ad un prezzo notevolmente ingiusto.

Verificatasi l’ipotesi che il giudice decida per la sospensione della vendita l’aggiudicatario avrà diritto alla restituzione di tutte le somme versate maggiorate degli eventuali interessi.

La vendita sospesa se il prezzo offerto è inferiore al giusto può, dunque essere disposta solo ricorrendo le condizioni richiamate.

Il provvedimento ha la forma dell’ordinanza, impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi, secondo l’articolo 617 del codice di procedura civile, nonché revocabile e modificabile ai sensi dell’articolo 487 dello stesso codice di rito.

Analoga previsione di sospendere la vendita, anche dopo il versamento del prezzo, è regolata all’art. 108 terzo comma della Legge Fallimentare.