Categoria: Rassegna Stampa

Nella scorsa puntata abbiamo analizzato la situazione dei tribunali italiani, in particolare nei settori delle aste giudiziarie e fallimentari, dove si concentra il maggior movimento di denaro e ruotano interessi finanziari e abbiamo appreso dalle rivelazioni del celebre Avvocato romano Gianluca Sposato, che è stato fondatore e Presidente dei Custodi Giudiziari e Delegati alle Vendite Immobiliari e, per oltre 5 anni, ha collaborato con la Rubrica “Legalmente” del Messaggero, con oltre 100 pubblicazioni sui principali argomenti in materia di procedure esecutive immobiliari, concorsuali e fallimentari, le ragioni delle sue dimissioni e la sua esclusione dalla sezione del tribunale, dove lavorava come custode e delegato alle vendite immobiliari per avere denunciato un sistema di corruzione e collusione tra magistrati ed ausiliari conosciuto da molti e mai raccontato per paura di ritorsioni.
“Sentire parlare un giudice dell’esecuzione di ‘appetibilità’ dell’immobile sul mercato piuttosto che di garanzia dei diritti delle parti processuali, pur con le dovute differenze sostanziali tra creditore procedente e debitore esecutato esistenti nel processo di esecuzione immobiliare, è stato il principio di un fenomeno che ha sconvolto le regole del diritto stridendo con quella funzione di terzietà ed imparzialità che ogni giudice dovrebbe garantire al cittadino. Che esista un sistema di potere che prende le decisioni economiche, a cominciare dalla scelta degli interlocutori, come il concessionario della pubblicità, la banca, o gli ausiliari a cui affidare gli incarichi maggiormente remunerativi, che ruotano intorno al mondo delle aste e dei fallimenti è sotto gli occhi di tutti. I benefici sono per pochissimi raccomandati sui cui rapporti stretti con i giudici occorrerebbe indagare. Chi denuncia viene automaticamente escluso, trovandosi dopo avere investito nella professione e specializzazione, senza possibilità di lavorare in questo settore”.
A seguito dell’esposto dell’avvocato Gianluca Sposato abbiamo presentato un interpello al neo Ministro della Giustizia Carlo Nordio affinché si apra un fascicolo di inchiesta volto a fare luce su un sistema spesso nell’occhio del ciclone per fenomeni di corruzione legati al giro di soldi che circola nel settore, che scredita la magistratura e lede diritti costituzionalmente garantiti.
“E’ inspiegabile come certi giudici avanzino velocemente di carriera fino ad arrivare in Cassazione, o diventano Presidenti di Tribunale senza particolari meriti (a volte come nell’interland della capitale anche a seguito di scandali di molestie sessuali archiviati) e altri che, pur lavorando onestamente, non facciano scatti in avanti.” – racconta ancora l’Avvocato Gianluca Sposato da sempre impegnato in battaglie a favore della giustizia e della collettività. “Possibile che all’interno della magistratura vi sia un sistema di raccomandazioni dettato dalla posizione e appartenenza a diverse fazioni, che decide assegnazioni con criteri diversi dai meriti? La magistratura deve rimanere indipendente e garantire imparzialità di giudizio, oltre che disinteresse alle questioni trattate”.
E’ sul principio di affermazione della legalità, che non può prescindere da alcuna riforma della giustizia, con la separazione delle carriere per i magistrati, che vogliamo porre risalto perché se esistono mele marce nel modo della giustizia vengano allontanate subito dai loro incarichi.
Non solo corruzione, ma anche norme poco agili, se non che stridono con principi costituzionalmente garantiti, che tutelano interessi di potere e finanza a scapito dei cittadini, che comunque non sempre restano a guardare.
Come nel caso delle aste gestite dall’Istituto Vendite Giudiziarie del Tribunale di Milano che nel 2022 ha visto diciannove persone condannate da uno a undici anni e due mesi di carcere all’esito di un processo per una serie di aste giudiziarie truccate, che già nel settembre 2020 aveva portato a sei patteggiamenti e a tre condanne in rito abbreviato per corruzione, turbativa d’asta e falso ideologico.
Insomma il mondo della Giustizia, da cui deve ripartire il nostro Paese per ridare vita all’economia e credibilità agli investitori esteri e nazionali, che cercano garanzia nei diritti e non incertezza ed instabilità, avrà un bel da fare anche con il nuovo Governo, soprattutto se non ricorrerà all’ausilio di tecnici specializzati a livello istituzionale e legislativo, come ha sottolineato l’Avvocato Gianluca Sposato cresciuto nell’ambiente dell’ISLE – Istituto per la Documentazione e gli Studi Legislativi che opera sotto l’alto Patronato del Presidente della Repubblica.
Fonte dell’intervista: Agenzia Parlamentare, 27 ottobre 2022; https://agenparl.eu/2022/08/27/lo-scandalo-mai-raccontato-delle-aste-giudiziarie-e-fallimentari-prima-puntata/
Un sistema chiuso che non presta alcuna garanzia al debitore, gestito da un numero ristretto di professionisti legati da rapporti consolidati con i giudici, nel quale sono state soppresse anche le forme pubblicitarie tradizionali, rendendo più difficile e trasparente la partecipazione a tutti.
Case vendute a prezzo ulteriormente ribassato rispetto a quello fissato nel giro di pochi mesi, ordine di liberazione dell’immobile anticipato alla vendita, obbligo di corresponsione di una indennità di occupazione per i familiari dell’esecutato che occupano l’immobile, termine per proporre opposizione non oltre la vendita e costi di procedura esorbitanti: sono solo alcune delle modifiche introdotte negli ultimi anni alle procedure esecutive immobiliari, in un sistema che non presta alcuna tutela al debitore esecutato che voglia salvare il proprio immobile.
In un sistema dove di tanto in tanto scoppia qualche scandalo per l’assegnazione degli incarichi e gestione dei fallimenti con professionisti e giudici che finiscono dietro le sbarre, ci siamo chiesti come è possibile che il legislatore non intervenga. Abbiamo voluto sentire il racconto del noto avvocato e giurista Gianluca Sposato dell’ISLE Istituto per la Documentazione e gli Studi Legislativi, cresciuto nel mondo associazionistico che è stato fondatore e presidente dell’Associazione Custodi Giudiziari e Delegati alle vendite Immobiliari.
“ Ho lasciato l’Associazione Custodi e Delegati alle vendite da diversi anni ormai, sia perché per me sono arrivate proposte di lavoro più interessanti ( oggi l’Avvocato Sposato è Presidente dell’Adism Associazione Difesa Infortunati Stradali, che ha ricevuto l’apprezzamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’attività a sostegno dei danneggiati da gravi incidenti per l’attività svolta in ambito assicurativo ), sia perché ero stufo di quello che vedevo e nessuno voleva denunciare”.
Può raccontarci a cosa fa riferimento precisamente?
“ Ricordo che il pomeriggio negli ultimi tempi in cui ero ancora in carica arrivavano telefonate dalla Cancelleria del Tribunale al mio studio con convocazioni immediate a porte chiuse negli ambienti giudiziari di Viale Giulio Cesare cui partecipavano oltre ai giudici e ai loro ausiliari, avvocati e commercialisti ben radicati nel sistema del conferimento degli incarichi, i principali interlocutori nel mondo delle aste e dei fallimenti, concessionarie pubblicitarie e rappresentanti di vertice di banche e finanza.”
Cosa accadeva in questi incontri segreti in tribunale?
“ Ricordo in una occasione che l’allora presidente del Tribunale, per il tramite di un giudice suo interlocutore molto attivo, che poi anche ha fatto strada, impose l’ingresso della BCC Banca di Credito Cooperativo nel sistema della aste giudiziarie e fallimentari, giustificando la decisione con la spiegazione che non si poteva più operare in regime di monopolio ( a Roma storicamente negli ambienti giudiziari ha sempre operato la Banca di Roma, oggi Unicredit ). La cosa singolare è che dopo qualche mese il Presidente del Tribunale è andato in pensione ed è diventato membro del consiglio direttivo della banca BCC. Occorre tenere presente che si parla di un giro di affari di svariate centinaia di milioni di euro, essendo ogni procedura legata ad un conto corrente, ove transitano tutte le operazioni disposte dal giudice, che oggi vengono ripartite tra Unicredit e BCC.”
Presidente Sposato ricorda altri episodi particolarmente gravi che si sono verificati in questi incontri a porte chiuse ?
“ In questi incontri le rappresentazioni di vertice della finanza, con il pieno assenso dei giudici e dei presenti, ad eccezione del sottoscritto, che all’epoca partecipava in rappresentanza di categoria dei Custodi Giudiziari e Delegati alle Vendite Immobiliari, ha posto le basi e dettato le regole di quella che è stata poi la riforma del 2008, con vendite a prezzi ulteriormente ribassati rispetto quelli fissati, liberazione anticipata dell’immobile per renderlo maggiormente appetibile, un unico gestore degli incarichi di custodia e limiti a proporre l’opposizione all’esecuzione per il debitore esecutato “.
Lei ha denunciato questi fatti? Cosa è accaduto ?
“Di fronte alla possibilità di maggiore guadagno per tutti, rifiutando di far parte di un sistema che poi ha dato alla luce quello che è risaltato ai media come ‘ scandalo Palamara’, mi sono trovato solo ed escluso. Ho cominciato a non ricevere più alcun incarico o, peggio ancora, ha ricevere incarichi punitivi, come il pignoramento di 2/24 di immobile abusivo di borgata occupato abusivamente da rom, con acconto di 400 euro e tutte le responsabilità e difficoltà del caso, rimettendo tempo e lavoro; mentre gli ausiliari più vicini ai giudici della sezione – spesso visti sotto Natale per i corridoi del Tribunale con pacchetti regalo ( quando non agiscono con più discrezione ) per cancellieri e giudici ricevevano come nel caso del genero del Presidente del Tribunale acconti di 1 milione di euro per arbitrati.”
Cosa l’ha spinta a non proseguire nella sua battaglia per la giustizia e la legalità e portato a rassegnare le dimissioni da Presidente dell’Associazione Custodi Giudiziari che aveva fondato?
“La mia Associazione era nata con l’unico intento di fare formazione continua gratuita, per garantire elevati standard di preparazione ed operatività, rivendicando l’autonomia degli ausiliari. Negli anni in cui ho mantenuto la presidenza dell’ ACG mi sono occupato di organizzare convegni sulle principali tematiche inerenti le procedure esecutive, concorsuali e fallimentari formando oltre 3.000 professionisti. La possibilità che il Tribunale potesse mettere mano sull’Associazione di categoria indirizzandone le scelte era evidente e concreta. Prima di rassegnare le mie dimissioni ho scritto una lettera aperta all’allora Presidente di sezione del Tribunale richiamandolo al suo ruolo istituzionale e di esempio di legalità e giustizia. Per contro non ho mai ricevuto risposta, ma ho saputo da alcuni colleghi che ero stato bandito dalla sezione del Tribunale come persona non gradita e che non avrei più ricevuto alcun incarico, cosa che peraltro già avveniva da qualche anno, vista la mia riluttanza a condividere scelte prive di ogni etica e morale, oltre che contrarie alla legge”.
Fonte dell’intervista: Agenzia Parlamentare, 27 agosto 2022; https://agenparl.eu/2022/08/27/lo-scandalo-mai-raccontato-delle-aste-giudiziarie-e-fallimentari-prima-puntata/

Danno da perdita del rapporto parentale: la prova della sofferenza per l’uccisione del proprio familiare viola principi costituzionalmente garantiti? La guerra intestina su quantificazione e prova del danno da morte e la questione di legittimità costituzionale sollevata relativamente alla sentenza 11200/19 della Cassazione.
Potrebbe sembrare assurdo per i non addetti ai lavori, ma è così: se un proprio congiunto viene ucciso in un incidente stradale i familiari della vittima devono documentare la loro sofferenza per la perdita del rapporto parentale per avere diritto al risarcimento del danno per l’uccisione del proprio caro; altrimenti possono anche non avere diritto ad alcun risarcimento.
Facciamo un esempio per essere più chiari: se il fratello di una persona uccisa mentre attraversava sulle strisce pedonali da un automobilista ubriaco chiede sic et simpliciter il risarcimento del danno per la perdita del rapporto parentale, potrebbe non avere diritto a vedersi riconoscere alcun risarcimento, o ad ottenere un indennizzo in misura ridotta rispetto minimi e massimi che fanno riferimento all’intensità del rapporto con la vittima e alla dimostrazione del dolore per la perdita subìta. Occorre precisare che, seppur ancora non se ne è parlato, con riferimento alla prova relativa alla sofferenza per il danno conseguente la perdita del rapporto parentale è stata sollevata una questione di legittimità costituzionale in un giudizio di rinvio (dopo due passaggi in Cassazione) inerente la sentenza 11200/19 per violazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione della Repubblica italiana con riferimento agli articoli 2043 e 2059 del codice civile, nella parte in cui la sentenza di cui sopra afferma che: “ la mera relazione di consanguineità non è da sola sufficiente ad integrare il danno risarcibile, gravando sui congiunti l’onere di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto”.
Il giudizio è ancora in corso, in fase decisionale, e non sappiamo se gli atti verranno trasmessi alla Consulta, o meno, per dirimere tanti dubbi e rispondere ai quesiti sollevati da chi scrive. Questa e altre sentenze di legittimità, a seguito dell’involuzione giurisprudenziale che ha elaborato la teoria del danno conseguenza a discapito del danno evento affermano che: “la liquidazione del danno non patrimoniale subìto dai congiunti in conseguenza dell’uccisione del familiare non integra un danno in re ipsa ma deve essere provato in concreto dal danneggiato”. Tuttavia, come ben noto alla medicina legale, che sul punto si è autorevolmente espressa con i suoi maggiori studiosi e rappresentanti, non può non evidenziarsi che il sentimento, il dolore, è qualcosa di interiore che può facilmente desumersi nel caso di perdita del rapporto parentale per fatto illecito, esprimendo perplessità su modalità standard assunte quali relativi mezzi di prova. Autorevoli giuristi e studiosi del danno sostengono, poi, che l’onere della prova dovrebbe, semmai, incombere su chi intenda dimostrare un fatto che si discosti dal sentire umano e sociale, ovvero che si qualifichi come situazione eccezionale, come il non provare dolore, o provare un sentimento di sollievo, se non addirittura di gioia e felicità, per l’uccisione di un proprio familiare.
Illogicità, incoerenza e arbitrarietà delle motivazioni per cui la sofferenza per l’uccisione di un familiare non è “in re ipsa”.
La giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale individua quali criteri che valgono come indici dell’eccesso di potere legislativo quello dell’assoluta illogicità, incoerenza od arbitrarietà delle motivazioni della legge, o dell’atto ad esso equiparato e quello della irragionevolezza delle statuizioni legislative rispetto alla realizzazione concreta del fine.
A prescindere dal valore e dal contenuto delle presunzioni legali, sembra che i giudici non vogliano tenere contro di quella che è la norma quando si deve affrontare la morte violenta di un proprio familiare, ovvero: sofferenza, dolore, vuoto incolmabile, sconforto, perdita della voglia di vivere per l’uccisione del proprio caro e come ogni diversa interpretazione e convincimento sia in contrasto e leda i princìpi sanciti negli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.
L’articolo 2 garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, mentre l’articolo 3 afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge: dovere dimostrare lo sconvolgimento della propria vita per l’uccisione di un familiare è in contrasto con tali principi, violando la dignità sociale che si manifesta anche nel rispetto dell’altrui dolore che non deve essere calpestato, o trasformato in fenomeno da circo, né, tantomeno può, senza riserva, costituire oggetto di prova nella generalità dei casi, attesa la natura interiore e strettamente personale del sentimento.
Ciò a prescindere dal fatto che un sentimento, come l’amore, l’amicizia, il dolore, non può essere provato, proprio perché indice di una spontaneità interiore caratterizzata dalla riservatezza ed esclusività e che qualunque mezzo di prova rappresenta, piuttosto, una coercizione ed una violenza al rispetto della riservatezza e del dolore per chi subisca quanto di più atroce la vita possa riservare all’essere umano: la privazione dell’affetto di un proprio caro a causa della morte violenta per un fatto illecito.
Quali documenti dovrebbe fornire la vittima di un reato per provare il dolore per l’uccisione di un suo familiare?
A prescindere dal fatto che è in corso un aspro e ampio dibattito tra giuristi su quantificazione e prova del danno da morte, occorre evidenziare che le ultime pronunce della Cassazione sembrano volere ristabilire un equilibrio a favore del danneggiato.
A cominciare dalla ordinanza n. 7748/2020 che ha chiarito come il pregiudizio patito dai prossimi congiunti sia configurabile come danno diretto e non riflesso, potendo desumersi presuntivamente, come è logico che sia, anche dal legame parentale la sofferenza, lo sconvolgimento della propria esistenza per quanto di più triste possa capitare ad una persona: sopravvivere al mondo senza l’affetto di chi amava. Qualcuno ha, poi, paragonato alla sentenze di San Martino, per importanza ed impatto con l’attuale sistema risarcitorio in tema da danno da perdita parentale, le 3 sentenze della Suprema Corte Cass. 10579/21, Cass. 26300/21, Cass. 26301/21 nelle quali è stato, speriamo definitivamente, chiarito quali sono i criteri per determinare gli importi da liquidare a titolo risarcimento danno per la perdita del rapporto parentale agli eredi della vittima di un fatto illecito, con un richiamo esplicito ad abbandonare quanto contenuto nelle Tabelle Milanesi.
Con le pronunce sopra richiamate, ma anche con le successive 33055/21 e 38077/21, la Suprema Corte ha voluto ricordare che per determinare le somme da corrispondere a ciascun congiunto della vittima di un fatto illecito si deve fare riferimento non soltanto al grado di parentela ed alla convivenza, o meno, con la vittima, ma anche all’età del defunto e all’età del congiunto superstite.
Tali criteri, sconvolti solo dalle Tabelle milanesi che, con il Gruppo Danno alla Persona dell’Osservatorio sulla Giustizia Civile, auspichiamo corra ai ripari per lo meno sul divario della forbice prevista per gli importi da liquidare ai fratelli, come indicato nelle ultime Tabelle di liquidazione del danno del Tribunale di Roma, risalenti al 2019 sono gli unici da applicare per determinare gli importi da liquidare a ciascun erede per la morte di un proprio familiare: coniuge, figlio, genitore, fratello, nonno, nipote. Infatti, non può non tenersi conto di quanto affermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 26301 del 2021, che ha voluto sottolineare come: “Il vero danno nella perdita del rapporto parentale, è la sofferenza non la relazione.
E’ il dolore, non la vita che cambia, se la vita è destinata, si, a cambiare, ma, in qualche modo, sopravvivendo a se stessi nel mondo”. Si tratta di una pronuncia che non lascia dubbi interpretativi e, richiamando il principio, già più volte invocato, delle presunzioni legali nell’ambito della prova dello sconvolgimento della vita a causa di un fatto illecito per la morte di un proprio familiare, chiarisce anche come la sofferenza per la perdita del rapporto parentale deve essere provata e valutata dal giudice per avere diritto al risarcimento del danno ed in quale misura: “La sofferenza morale allegata e poi provata, anche a mezzo di presunzioni semplici, costituisce l’aspetto più significativo del danno. Esiste, infatti, una radicale differenza tra il danno per la perdita del rapporto parentale e quello per la sua compromissione dovuta a macro lesione del congiunto rimasto in vita in cui è la vita di relazione a subire profonde modificazioni in peggio”.
La prova del dolore per l’uccisione di un familiare costituisce una violazione del rispetto della persona?
Non può, infine, non richiamarsi l’art. 32 della Costituzione, secondo cui la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività e la legge non può, in nessun caso, violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Viene da chiedersi se costringere un genitore, che ha perso un figlio trasportato in auto in un incidente stradale, che a seguito di questa tragedia si chiuda in sé stesso e non voglia più parlare con nessuno, a fornire una prova del suo dolore non rappresenti una violazione del rispetto della sua persona, della sua privacy, una intrusione sgradita nel suo lutto familiare.
Ma vi è di più: vi è da chiedersi se questo gioco perverso che calpesta i diritti del danneggiato, possa portare nel circo delle aule di giustizia ad indagini ed accertamenti peritali pericolosi ed inutili ai fini dell’equità e garanzia dei diritti, tenuto conto che la legge deve garantire uguaglianza e non disparità. Il principio secondo cui il danno per la perdita di un familiare non è “in re ipsa“ si appalesa in netto contrasto e violazione della norma costituzionale richiamata. La perdita di un familiare rappresenta il più grande sconvolgimento che possa abbattersi nella vita di un essere umano, ponendo spesso fine alla voglia di vivere, una mancanza ed un dolore non sanabile nel tempo.
Una situazione che non si augura a nessuno: solo chi ha vissuto un lutto familiare può comprendere come la salute risenta del vuoto incolmabile provocato dalla mancanza di un proprio caro e come ciò incida negativamente sulla qualità della propria esistenza, venendo meno la voglia di vivere e divenendo la vita un dolore continuo e costante. Per tale ragione il nostro legislatore ha previsto il risarcimento di un danno di carattere morale per determinate categorie di congiunti a seguito del decesso di un familiare (finanche i nonni, i cugini e gli zii nelle ultime tabelle di liquidazione del danno elaborate dal tribunale di Roma 2019) cagionato da fatto illecito, non rappresentando l’assenza di convivenza, nel mondo in cui viviamo e con le tecnologie a disposizione, un ostacolo alla pienezza del rapporto affettivo tra consanguinei, tant’è vero che il giudice può ridurre (può, non deve) l’importo riconosciuto a titolo di danno da perdita parentale fino alla metà.
Negare che l’uccisione di un proprio familiare costituisca violazione dei diritti, e dunque, dei danni, perlomeno non patrimoniali, dei congiunti superstiti è nozione contraria ai principi basilari del sentire sociale e del diritto che è chiamato a tutelare tali beni supremi: la salute, la piena dignità sociale e l’uguaglianza sostanziale dell’individuo di fronte alla legge; così come anche non riconoscere che il dolore possa essere provato e manifestato in maniera differente e soggetto a valutazione equitativa da parte di organi giudicanti differenti e con propri distinti convincimenti.
D’altronde il caos generato sui danni non patrimoniali da uccisione di un congiunto, con l’elaborazione della teoria del “danno conseguenza” a scapito del “danno evento” non tengono conto dell’unica considerazione meritevole di tutela e cioè che: la vita e la salute sono beni preziosi ed irrinunciabili costituzionalmente protetti e garantiti e che l’evento e la conseguenza si identificano nel danno stesso, non potendo avere distinta collocazione quali espressioni racchiuse nel dettame dell’articolo 2058 del nostro codice civile.
Negare che l’uccisione di un figlio non abbia ripercussioni nella vita e sulla salute dei genitori, che la morte di un fratello non sconvolga l’esistenza dei familiari superstiti è principio che contravviene al sentire sociale e a quelle nozioni comuni proprie di uno Stato che voglia definirsi garantista e di diritto.
Avvocato Gianluca Sposato Gruppo Danno alla Persona Osservatorio Sulla Giustizia Civile.
Abbiamo intervistato l’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente di ADISM l’Associazione nazionale che difende gli infortunati stradali, tra i massimi esperti a livello nazionale in risarcimento danni per incidenti stradali mortali ai familiari delle vittime della strada.
Avvocato Gianluca Sposato, Lei fa parte del Gruppo danno alla persona dell’Osservatorio nazionale sulla Giustizia che elabora ogni anno le Tabelle di liquidazione del danno per la perdita parentale. Cosa bisogna fare quando un proprio familiare, marito, moglie, figlio, genitore, fratello muore in un incidente stradale?
Il supporto medico e terapeutico ai familiari delle vittime della strada sono fondamentali al pari di un avvocato con molti anni di esperienza in diritto delle assicurazioni e responsabilità civile da circolazione stradale. La materia è molto difficile e tecnica e benché siano in molti a volersene occupare, sono in pochi a sapere come muoversi per tutelare pienamente i diritti di chi ha riportato un lutto familiare in conseguenza di un omicidio stradale, a cominciare dalla corretta ricostruzione e dai rilievi dell’incidente mortale, essendo imprescindibile comprenderne la dinamica per l’attribuzione delle relative responsabilità, evitando errori che possono costare cari in termini di giustizia e liquidazione del danno alle vittime della strada. La scelta dell’avvocato non può prescindere dal suo curriculum e dalla sua preparazione specifica di risarcimento danni per incidenti mortali, tenuto conto dell’evoluzione costante del diritto su tematiche relative al danno patrimoniale e non patrimoniale e sul danno da perdita parentale.
I parenti delle vittime della strada hanno diritto al risarcimento del danno per la morte del proprio familiare nella stessa misura?
Con il Gruppo Danno alla Persona dell’Osservatorio nazionale sulla giustizia stiamo lavorando a criteri omogenei di liquidazione ai familiari delle vittime della strada, tenuto conto che limitatamente al danno non patrimoniale per la perdita del rapporto affettivo danno morale per l’uccisione di un familiare esistono delle variabili che devono essere valutate dal giudice. Come Avvocato che ha assistito ed assiste numerose persone che hanno perso un familiare in un incidente stradale devo dire che non esiste ristoro che possa colmare il dolore per la perdita affettiva di un proprio caro. Elementi come il grado di parentela, la convivenza, l’età del congiunto deceduto e l’età del familiare superstite sono stati richiamati di recente dalla Cassazione come criteri per determinare l’aumento degli importi da liquidare a titolo di risarcimento del danno morale al familiare superstite. Bisogna poi valutare a parte il danno patrimoniale, ovvero la perdita di apporto economico alla famiglia per l’uccisione del proprio congiunto, ove questi provvedeva al mantenimento del nucleo familiare, poiché il massimale di polizza assicurato da chi ha commesso l’omicidio stradale, che per legge non può essere inferiore a 6.000.000,00 di euro, potrebbe non coprire tutti i danneggiati in caso di strage stradale.
Come si calcola l’importo che spetta a titolo di risarcimento danni per la morte di un familiare?
Bisogna, innanzi tutto, distinguere il danno patrimoniale da quello non patrimoniale. Lo schema delle Tabelle del danno non patrimoniale che è stato elaborato dall’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano per l’anno 2021, prevede a favore di ciascun genitore per morte di un figlio un importo che può variare da un minimo di € 168.250,00 fino ad un massimo di € 336.500,00 a seconda del verificarsi di determinate condizioni, lo stesso importo è riconosciuto a favore del figlio per morte di un genitore e a favore del coniuge non separato, o del convivente di fatto sopravvissuto per la morte del proprio congiunto. Mentre a favore del fratello per morte di un fratello a favore del nonno per morte di un nipote il divario è molto più ampio, variando da un minimo di € 24.350,00 fino ad un massimo di € 146.120,00. Va da sé l’importanza per tutelare al meglio i propri diritti e non vedersi riconoscere liquidazioni irrisorie di essere assistiti fin da subìto da avvocati che trattino in via esclusiva la materia civilistica anche in Cassazione.
Chi paga in caso di omicidio stradale?
Bisogna distinguere l’azione civile da quella penale. L’articolo 589 bis del codice penale stabilisce la pena per chi ha compiuto un omicidio stradale con le relative attenuanti e aggravanti; mentre l’articolo 2043 del codice civile obbliga il conducente del veicolo che ha provocato la morte a rispondere in sede civile per il risarcimento dei danni arrecati ai familiari della vittima della strada. L’istituto dell’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile automobilistica garantisce la manleva dell’assicurazione, obbligata in solido al pagamento del risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, ai familiari delle vittime della strada.
Una procedura a parte è prevista nel caso di incidente stradale mortale causato da veicolo non assicurato, o da pirata della strada, la cui domanda di risarcimento andrà correttamente inviata all’impresa designata territorialmente dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada.
In che tempi avviene la liquidazione del danno per le morti stradali?
I tempi possono essere molto veloci se non ci sorgono dubbi sulla responsabilità da parte di chi ha provocato la morte del familiare nell’incidente stradale, come nel caso del trasportato e sull’entità dell’importo da corrispondere agli eredi legittimi aventi diritto: il coniuge, i figli, i fratelli, i genitori ed i nonni; essendo sempre possibile, comunque, chiedere una provvisionale, o trattenere le somme in acconto.
Nei casi più complessi, in cui la ricostruzione dell’incidente non chiarisce del tutto le responsabilità, nel caso di presunzione di concorso di colpa e diniego da parte dell’assicurazione a liquidare gli eredi delle vittime della strada i tempi sono quelli di un giudizio civile, variando mediamente da 4 a 5 anni in primo grado.
Ringraziamo l’Avvocato Gianluca Sposato per l’impegno a promuovere la sicurezza stradale e l’incessante attività a livello istituzionale per la quale, come Presidente di Adism, ha ricevuto l’apprezzamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il fattivo contributo volto a tutelare i soggetti danneggiati da incidenti stradali e la pubblicazione del Manuale “Le 50 parole del danno stradale più usate nelle aule di giustizia” i cui proventi sono devoluti in beneficenza per promuovere la legalità e la sicurezza stradale.
Per prenotare un appuntamento e sottoporre la vostra questione potete contattare l’Avv. Gianluca Sposato al numero 06.3217639
Parliamo dell’eredità tra fratelli con l’Avvocato Gianluca Sposato esperto in diritto di famiglia ed ereditario e Presidente di Commissione dell’ultima sessione dell’esame di Stato per Avvocato a Roma, che ha affrontato e risolto numerose questioni ereditarie nel corso della sua lunga carriera.
Avvocato Gianluca Sposato cosa succede se un fratello muore senza famiglia, ovvero senza lasciare il coniuge, genitori, o figli e l’unico erede è uno, o sono più fratelli?
Nell’ipotesi in questione bisogna distinguere a seconda che si abbia successione legittima, o testamentaria.
Se il fratello che è deceduto non ha redatto un testamento, in base al disposto di cui all’articolo 570 del codice civile il fratello, o i fratelli, erediteranno tutto il patrimonio in parti uguali, in mancanza di altri eredi legittimi, o meglio di legittimari, quali il coniuge, i genitori, o altri ascendenti, nel qual caso concorreranno, invece, rispettivamente nella misura rispettivamente di 1/3, ove sia presente solo il coniuge, o di 2/12, ove siano presenti il coniuge ed i genitori, con la precisazione che i fratelli e le sorelle unilaterali, conseguono la metà della quota che conseguono i germani.
Invece, in presenza di figli della persona venuta a mancare, ai fratelli non spetta nulla nella successione legittima perché sono questi a subentrare nell’asse ereditario, eventualmente con l’altro genitore superstite.
Dunque, nell’ipotesi in cui unico erede legittimo sia un fratello e si proceda alla successione legittima, in quanto non vi è un testamento che escluda il fratello superstite, questi erediterà tutto il patrimonio del fratello deceduto.
Il fratello superstite ha sempre diritto ad ereditare, o può essere estromesso dal testamento, se non ci sono altri eredi legittimi?
I fratelli, a differenza del coniuge, dei figli e dei genitori, non sono eredi legittimari, non avendo una quota loro riservata per legge sull’eredità del fratello defunto.
Tant’è che nel caso in cui sia stato redatto un testamento che li estrometta, non possono impugnarlo, a meno che il testamento non sia stato estorto con la forza o con l’inganno al testatore; ovvero questi non fosse lucido e capace di intendere e volere al momento in cui lo ha redatto, o ancora sia nullo sotto il profilo formale, per carenza dei requisiti richiesti dalla legge, ove trattasi di testamento olografo non sottoscritto o privo della data, ovvero non sia stato redatto di proprio pugno dal testatore.
Pertanto, un fratello che non abbia figli e coniuge facendo testamento potrà nominare unico erede un nipote, o una persona a lui cara, senza pregiudicare i diritti del fratello, in quanto fratelli e sorelle subentrano nell’eredità solo in due casi: se vengono citati nel testamento; oppure, in assenza di testamento, se il defunto non aveva figli, o il coniuge.
Per prenotare un appuntamento e sottoporre la vostra questione ereditaria potete contattare l’Avvocato Gianluca Sposato, esperto in materia testamentaria e diritto ereditario a Roma, al link di seguito Legale24h

La materia ereditaria è molto complessa e richiede una conoscenza giuridica approfondita in particolare del libro secondo del codice civile – Delle Successioni – del libro terzo – Della Proprietà – e del libro sesto – Della Tutela dei Diritti – per questioni connesse alla proprietà immobiliare ed eventuali azioni poste in vita dal defunto per favorire alcuni eredi a discapito di altri.
“L’avvocato che tratta questioni ereditarie oltre ad una preparazione civilistica consolidata deve avere grandi doti di diplomazia al fine di non pregiudicare la possibilità di una transazione e divisione ereditaria, autorevolezza ed esperienza nell’affrontare situazioni che spesso, dettate da legami affettivi o risentimenti familiari, possono degenerare pregiudicando la possibilità di un accordo di divisione dei beni ereditari” – spiega l’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente dell’ultima sessione per l’Esame di Avvocato a Roma, che nel corso della sua lunga carriera ha affrontato e risolto positivamente numerose questioni legate al diritto successorio e testamentario sia a Roma che in tutta Italia.
“ I clienti che si rivolgono al mio studio hanno appena subìto un lutto familiare, questo significa essere molto spesso poco lucidi e disorientati per il fatto di trovarsi a dovere affrontare una grave perdita nella loro vita e gestire rapporti familiari ed economici. Hanno bisogno di sentirsi protetti ed al sicuro, di sapere di essersi affidati al migliore avvocato per risolvere la loro questione ereditaria e di comprendere a livello giuridico ogni aspetto connesso alla situazione, affinché possa essere gestita al meglio, tutelando i loro diritti ed interessi, oltre che contenendo costi e spese relativi alle imposte di successione.”
Il primo compito dell’avvocato è la ricostruzione delle vicende familiari e dell’asse ereditario, tenuto conto che nella massa ereditaria ricadono non soltanto i beni lasciati in eredità dal de cuius, ma anche le donazioni indirette, ovvero quei beni di valore che sono stati oggetto di lascito nel corso della vita da parte del defunto, il quale, per esempio, per evitare imposte di successione o tassazione su secondi immobili, ha acquistato con proprio denaro ed intestato fittiziamente un immobile ad un altro familiare privilegiandolo rispetto ad altri e venendo, così, a ledere la quota di legittima di altri eredi.
Una volta ricostruita la massa ereditaria composta dal relictum e dal donatum, si procederà alla ripartizione delle quote tra gli eredi, con o senza conguagli, tenuto conto, per quanto possibile, delle rispettive richieste e sempre che non vi sia lesione della quota legittima spettante agli eredi anche per volontà del testatore.
Per richiedere un parere in relazione ad una vicenda ereditaria potete compilare il form che segue o prenotare un appuntamento tramite il servizio legale24h.

Il testatore nel redigere l’atto di sua ultima volontà deve tenere conto sia della composizione dell’asse ereditario e, dunque, delle quote spettanti per legge ai legittimari (coniuge, figli, genitori e altri ascendenti), sia di quanto compiuto a titolo di liberalità in vita a favore di questi, per esempio attraverso donazioni indirette, potendo disporre solo di una quota del suo patrimonio liberamente, spiega l’Avvocato Gianluca Sposato, Ceo di Legale24h, specializzato in diritto successorio ed ereditario a Roma.
Quota di riserva, quota disponibile ed azione di riduzione
Ai legittimari spetta una quota di riserva di cui abbiamo parlato in un precedente articolo esaminando l’ipotesi in cui la successione all’eredità si apra senza che sia stato redatto un testamento.
Nel caso in cui si dia luogo, invece, alla successione testamentaria saranno molteplici gli elementi da analizzare, a cominciare dalla capacità di intendere e volere del testatore al momento della redazione del testamento, alla validità del testamento, che produce effetto dal momento della sua pubblicazione e, non da ultimo, alla lesione della quota di riserva destinata per legge ai suoi familiari e parenti, o alla pubblicazione di un testamento falso.
Infatti l’art. 554 del codice civile dispone che le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione nei limiti della quota medesima, attraverso l’esperimento dell’azione di riduzione dinanzi il Tribunale competente, ove sia fallito il tentativo di ricomporre la controversia ereditaria con una transazione ereditaria con bilanciamento delle quote spettanti a ciascun erede.
Quali sono le quote di cui il testatore può liberamente disporre nel testamento?
La quota disponibile varia a seconda del numero dei legittimari ma, in ogni caso, non può mai essere inferiore ad ¼ del patrimonio del testatore: questo significa che il testatore sarà sempre libero di disporre di ¼ del suo patrimonio come vuole, destinandolo anche a soggetti diversi dai propri familiari e parenti, o privilegiando uno di loro rispetto ad altri.
Ovviamente se non ci sono eredi legittimari, dunque il coniuge, i figli, i genitori o i nonni, il testatore può disporre liberamente dell’intera quota del proprio patrimonio.
Quale è la quota disponibile se il testatore è sposato o ha dei figli?
Se il testatore è sposato bisogna distinguere a seconda che ci siano figli, o meno.
Se non ci sono figli, ma solo il coniuge la sua quota disponibile è di ½, dunque l’altro ½ rappresenta la quota di riserva del coniuge.
Se oltre al coniuge ci sono anche dei figli la quota disponibile è di 1/3 se il figlio è uno solo e di ¼ se i figli sono più di uno, tenuto conto che il coniuge avrà, comunque, diritto nel primo caso ad 1/3 e nel secondo caso ad ¼ dell’asse ereditario, oltre all’uso della casa coniugale e del suo mobilio.
Se il testatore alla sua morte lascia solo figli la quota disponibile sarà di ½ se ha un solo figlio e di 1/3 se lascia più di un figlio, essendo riservata a loro la restante quota nell’una e nell’altra ipotesi.
Qual è la quota disponibile se il testatore non è sposato e non ha figli?
Se il testatore, invece, non è sposato e non ha figli ma, nell’asse ereditario sono presenti ascendenti e, dunque, genitori o nonni, che possono agire anche per rappresentazione, la quota loro destinata a titolo di riserva è di 1/3 e dunque la disponibile del testatore è di 2/3. Non è prevista invece alcuna quota di riserva per i fratelli.
SCHEMA QUOTA DI RISERVA E QUOTA DISPONIBILE SUCCESSIONE TESTAMENTARIA
- Se il testatore lascia solo il coniuge la quota disponibile è ½ (quota riserva coniuge 1/2)
- Se lascia coniuge e un figlio la quota disponibile è 1/3 (quota riserva coniuge 1/3, figlio 1/3)
- Se lascia coniuge e più di un figlio quota disponibile 1/4 (quota riserva coniuge ¼, figli ½)
- Se lascia solo un figlio la quota disponibile è ½ (quota riserva figlio ½)
- Se lascia più di un figlio la quota disponibile è 1/3 (quota riserva figli 2/3)
- Se lascia coniuge e ascendenti disponibile ¼ (quota riserva coniuge ½, ascendenti 1/4)
- Se lascia solo ascendenti disponibile 2/3 (quota riserva ascendenti 1/3)
Per prenotare un appuntamento e sottoporre la vostra questione ereditaria potete contattare l’Avvocato Gianluca Sposato, esperto in materia testamentaria e diritto ereditario a Roma, al link di seguito Legale24h

Abbiamo intervistato l’Avvocato Gianluca Sposato, Direttore del Network Legale24h, che nel corso della sua lunga carriera ha trattato ogni questione inerente le compravendite immobiliari, organizzando tavole rotonde e congressi cui hanno partecipato i maggiori esperti di diritto, rilasciando attestati di formazione professionale ad avvocati a Roma ed in tutta Italia.
Consulenza immobiliare e attività di intermediazione
“Nelle compravendite immobiliari è, prima di tutto, importante distinguere ruoli e attività: avvocato, agenzia e notaio hanno compiti e svolgono funzioni differenti” – spiega l’Avvocato Gianluca Sposato.
Rivolgersi ad una agenzia immobiliare per l’acquisto di un immobile non sempre garantisce l’acquirente da rischi per evizione, formalità perente, come ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli che risultano non essere state cancellate e rappresentano ostacolo al rogito notarile, con tutte le conseguenze in termini di adempimento contrattuale.
Per contro, pensare che il Notaio possa garantire i termini di esecuzione dell’obbligazione contrattuale, risolvendo ogni situazione di intralcio alla compravendita immobiliare, non è corretto, perché la sua funzione è quella di eseguire l’effetto traslativo dell’immobile effettuando le annotazioni nei pubblici registri immobiliari.
L’assistenza dell’avvocato è fondamentale per la buona riuscita della compravendita immobiliare
“L’assistenza di un avvocato esperto in diritto immobiliare viene spesso trascurata dagli acquirenti, i quali per il solo fatto di essersi rivolti ad una agenzia, o ad un notaio, la ritengono superflua, ma in realtà è imprescindibile per curare ogni dettaglio e aspetto contrattuale, garantendo l’acquirente in tutte le fasi, prima di formalizzare l’offerta di acquisto” – prosegue l’Avvocato Gianluca Sposato.
Infatti, una volta formalizzata la proposta di acquisto e versata la caparra, possono verificarsi brutte sorprese, sia per l’acquirente che per il venditore, che si sarebbero potute conoscere e risolvere se assistiti da un legale con esperienza in materia di proprietà immobiliare e obbligazioni contrattuali.
“E’ buona prassi conoscere anche il regolamento condominiale prima di formalizzare la proposta di acquisto di un immobile – dice l’Avvocato Gianluca Sposato – atteso che molto spesso vi sono limitazioni alla proprietà contenenti espressi divieti che, se regolarmente trascritti e hanno piena validità legale, come nel caso in cui sia vietata la destinazione di appartamenti ad uffici pubblici, attività di tipo turistico ricettivo come case vacanza o bed and breakfast, palestre, scuole di musica, di canto e di ballo, ambulatori medici o sanitari per malattie contagiose”.
Situazioni poco chiare, prospettate come affari a prezzi vantaggiosi, sono quasi sempre da evitare
Mentre gli acquisti per asta giudiziaria sono garantiti dal tribunale, che con effetto purgativo trasferisce la proprietà di un immobile libero da vizi; nella compravendita privata le situazioni occulte alla compravendita che possono verificarsi sono molteplici: dall’acquisto di quote, in cui non si è rispettato il diritto di prelazione di altri soggetti, alla vendita di immobili gravati da garanzie reali, o che risultano essere pervenuti per donazione venendo a ledere la quota di riserva degli eredi legittimari, o ancora privi delle necessarie autorizzazioni urbanistiche e abitative, persino azioni volte a rivendicare la proprietà di un immobile per avvenuta usucapione.
“Se il libero mercato offre maggiori opportunità di scelta, le aste immobiliari – sottolinea l’Avvocato Gianluca Sposato – garantiscono l’acquirente, che abbia effettuato il saldo del prezzo nei termini di cui all’ordinanza di vendita, da eventuali rischi di evizione e dalla cancellazione di tutte le formalità pregiudizievoli legate alla procedura. Tuttavia, anche in questo settore, a prescindere dalle possibilità concrete di aggiudicazione, l’assistenza legale, dati i tecnicismi e la complessità della materia è indispensabile ed è bene diffidare dai tanti intermediari”.
Libera contrattazione e problemi in sede di rogito notarile
In sede di acquisto di un immobile i rischi possono essere molteplici.
Qualora l’immobile sia ancora da costruire, per esempio, il rilascio di una fideiussione a garanzia dello stato di insolvenza del costruttore non è l’unico elemento da considerare.
Sono frequenti anche problemi con agenzie immobiliari particolarmente invadenti che operano scorrettamente, non solo per acquisire un mandato di vendita, ma anche non comunicando situazioni che, se conosciute, non avrebbero portato a formalizzare l’offerta di acquisto.
Tuttavia, il mercato immobiliare in ambito privato, con l’assistenza di un avvocato esperto in compravendite immobiliari, è del tutto sicuro e oltre ad offrire maggiori soluzioni adatte alle proprie richieste ed esigenze immobiliari, offre il vantaggio della contrattazione libera, tenuto conto del sovraffollamento delle aste giudiziarie con l’interessamento di intermediari anche in quel settore (ove non sarebbe dovuta alcuna provvigione di intermediazione) con relative incertezze in ordine alla possibilità di aggiudicazione dell’immobile all’esito di un’asta e del relativo prezzo di acquisto finale.
Per acquistare il vostro immobile in totale sicurezza consigliamo di rivolgervi all’Avvocato Gianluca Sposato, esperto in problematiche connesse a diritti reali e proprietà immobiliare, che tutelerà i vostri diritti ed interessi per un investimento immobiliare che si riveli un acquisto sicuro e solido nel tempo.