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Collazione ereditaria

Collazione ereditaria

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L’Avvocato Gianluca Sposato, rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati, è considerato tra i migliori avvocati in diritto ereditario a livello nazionale.

In questo articolo affronta l’istituto della collazione ereditaria, che rappresenta un momento di grande importanza nella divisione tra eredi.

Lo Studio Legale Sposato, fondato nel 1949, è la scelta migliore per il cliente con questioni ereditarie importanti, come dimostrano tante testimonianze di gratitudine per casi di rilievo nazionale risolti.

Cos’è la collazione ereditaria?

L’istituto della collazione tende ad attuare il principio della parità di trattamento tra i figli o discendenti del defunto.

Collazione è obbligo reciproco e diritto che lega i discendenti chiamati alla successione del proprio ascendente, per cui ciascuno deve conferire nella massa da dividere le donazioni ricevute dal de cuius.

La collazione ereditaria consiste nell’aggiunta all’eredità delle donazioni fatte in vita dal defunto per garantire agli eredi il rispetto della quota di legittima.

Lo scopo è ripartire tra i coeredi il valore del bene donato dal de cuius, che la legge considera un anticipo di eredità.

In presenza di legittimari si deve determinare la quota legittima di ciascun erede, tenuto conto che la massa ereditaria è costituita da relictum e donatum.

Al momento dell’apertura della successione, pertanto, si deve tenere conto di eventuali restituzioni da imputare alla massa ereditaria.

I legittimari, ai sensi dell’art.737 c.c., devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione, direttamente, o indirettamente.

E’ fatto salvo il caso in cui il defunto li abbia espressamente dispensati, tenuto conto che la dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della disponibile.

Cosa garantisce la collazione ereditaria?

La collazione garantisce la parità di trattamento dei legittimari, dovendo conferirsi all’eredità quanto ricevuto come anticipo di eredità attraverso donazioni.

L’obbligo di collazione consiste nel rimettere nel patrimonio del de cuius i beni usciti attraverso donazioni per tenerne calcolo nella valutazione dell’asse ereditario e formazione delle quote ereditarie.

In sede di collazione devono essere prese in considerazione le donazioni ricevute dai figli, dai loro discendenti e dal coniuge.

Il problema legato alle donazioni ed eredità va analizzato con attenzione, ai fini dell’applicabilità dell’istituto della collazione.

Se coniuge e figli hanno ricevuto dalla persona deceduta atti di liberalità, somme di denaro o donazioni, devono restituire il valore alla massa ereditaria.

Infatti nelle successioni ereditarie nessun legittimario deve avere di più rispetto alla quota legittima e disponibile, se non nei limiti e con le modalità consentite.

La collazione garantisce quote uguali per tutti i coeredi, anche in presenza di disposizioni testamentarie che violano la legittima.

Dunque la collazione opera se il genitore venuto a mancare ha intestato un immobile di maggior valore ad un figlio, rispetto che ad un altro.

Oppure se un figlio ha usufruito di rendite durante la vita del padre, mentre l’altro figlio non ha avuto gli stessi vantaggi.

Ciò poiché chi dona, trasferendo in altri il dominio dei beni donati, diminuisce il suo patrimonio che va ricostruito alla sua morte.

Quando si ha collazione nella massa ereditaria?

Il nostro ordinamento giuridico attribuisce ai legittimari, come parenti più prossimi del de cuius, una speciale tutela giuridica.

Si ha diritto alla collazione quando si è coeredi discendenti di un  ascendente e uno degli eredi ha conseguito più degli altri attraverso donazioni del de cuius.

Tuttavia, se la donazione non eccede il valore della disponibile e quello della legittima dovuta al donatario le ragioni dei coeredi legittimari non sono lese.

La collazione si ha quando concorrono all’eredità coniuge e figli, con la riunione alla massa ereditaria, sul relictum  del donatum, per garantire il rispetto delle quote ereditarie.

Il coniuge ed i figli e, ove manchino i genitori, in quanto legittimari, non possano essere esclusi dall’asse ereditario, nè ricevere meno di quanto la legge gli riconosce.

Anche i nipoti, se agiscono in rappresentazione ereditaria di un figlio morto prima del padre o della madre, non possono essere esclusi dall’eredità.

Chi ha contratto matrimonio non può violare le quote ereditarie che sono riservate al coniuge non separato e ai discendenti o, al loro posto, agli ascendenti.

Chi è sposato, se fa testamento, è libero di lasciare in eredità i suoi beni anche a persone diverse dai suoi figli e dal coniuge, ma solamente nella misura consentitagli dalla legge.

Il testatore può sempre disporre liberamente di ¼ del proprio patrimonio, senza intaccare la quota di legittima che è riservata ai legittimari.

Nulla vieta al testatore di favorire un figlio, o il coniuge, con donazioni e dispensa dall’obbligo di collazione, purchè non sia lesa la quota di legittima degli altri eredi.

Ricostruzione della massa ereditaria e calcolo delle quote ereditarie

La massa ereditaria non è costituita soltanto quello che resta al momento dell’apertura della successione relictum, o parte relitta dell’eredità.

L’eredità comprende anche beni di cui il defunto ha disposto in vita, in favore di alcuni eredi ed in danno di altri – donatum, o parte donata dell’eredità.

I coeredi che hanno beneficiato di disposizioni oltre la legittima devono conferire il relativo valore alla massa ereditaria.

Questo per riequilibrare il valore delle quote dei legittimari che hanno ricevuto meno e lamentano una lesione della legittima.

Il valore dei beni oggetto di collazione deve essere restituito pro quota a figli e coniuge che concorrono alla successione legittima, ove lesivi della legittima.

La quota di riserva di coniuge e figli deve essere rispettata tanto nella successione legittima, quanto nella successione testamentaria.

Il testatore può decidere liberamente solo nel rispetto della quota disponibile.

E’ sempre possibile impugnare il testamento nel caso di lesione di legittima, o istituzione di erede universale.

La dispensa da collazione opera limitatamente alla quota disponibile.

Quando opera la collazione ereditaria?

L’istituto della collazione tende ad attuare il principio della parità di trattamento tra i discendenti del defunto.

Collazione è obbligo e diritto che lega gli eredi discendenti chiamati alla successione del medesimo ascendente a conferire alla massa quanto ricevuto in vita dal de cuius.

In virtù del principio di uguaglianza tra legittimari ciascuno deve conferire nella massa da dividere le donazioni ricevute dal defunto.

L’obbligo di conferire non lega che i soli eredi e discendenti tra di loro, con la riduzione e gli istituti collaterali della imputazione e della riunione fittizia.

Quest’ultima è un’operazione preliminare preordinata a stabilire qual’ è la quota disponibile e quale la quota di riserva dei legittimari.

Il fine è di accertare se le donazioni fatte dal de cuius sono state mantenute nei limiti della disponibile.

La riunione fittizia consiste nel formare una massa di tutti i beni del defunto al tempo della morte, detraendo i debiti e riunendo all’asse ereditario i beni donati.

Sull’asse ereditario si calcola quale è la disponibile e si accerta se vi è stata lesione della quota di riserva per effetto delle donazioni.

Riunione fittizia nella collazione ereditaria

La riunione fittizia è meramente ideale, poiché non serve che al calcolo e lascia al donatario la piena proprietà dei beni.

Effettiva e reale è, invece, la riunione che si opera con la collazione.

Accertato che il defunto ha disposto oltre i limiti della quota disponibile, si fa luogo alla riduzione.

A riduzione sono soggette, in primo luogo, le disposizioni testamentarie, proporzionalmente, senza distinguere tra eredi e legatari.

La riduzione spetta ad ogni legittimario, mirando a tutelare la integrità della quota di riserva e può esperirsi contro qualunque donatario

Collazione per imputazione 

L’imputazione è un modo con cui si fa la collazione.

Può operarsi col presentare il bene in natura, o col calcolarne il valore, in diminuzione della propria porzione.

L’imputazione, dunque, è un calcolo per conferire i beni soggetti a collazione e procedere allo scioglimento della comunione ereditaria.

Si calcola quanto gli eredi hanno ricevuto dal defunto, sia per donazioni che per legato.

Per i beni immobili donati la collazione si fa col rendere il bene in natura, o con l’imputazione del valore alla propria porzione, ai sensi dell’articolo 746  c.c..

L’imputazione, in sostituzione dell’adempimento diretto, si realizza col metodo dei prelevamenti, o con l’assegnazione fittizia.

In sede di conteggio divisorio, viene addebitato tutto, o parte del valore del bene donato con il valore della quota spettante al donatario.

Collazione e reintegra nella quota pretermessa

La reintegra nella quota pretermessa si esercita con l’azione di riduzione.

L’azione si propone con atto di citazione, dopo avere esperito la mediazione, obbligatoria in materia ereditaria.

L’azione di riduzione va esperita quando l’erede legittimo intende ripristinare la quota legittima che ritiene lesa da donazioni, o disposizioni testamentarie.

L’azione di riduzione presuppone l’accettazione dell’eredità e si prescrive nel termine ordinario di 10 anni.

L’articolo 553 del codice civile detta le regole da seguire per la riduzione delle porzioni degli eredi legittimi in concorso con i legittimari.

La norma stabilisce che le quote si riducono proporzionalmente nei limiti della quota di riserva.

Collazione ereditaria e azione di riduzione 

L’azione di riduzione ereditaria è lo strumento che la legge concede ai legittimari per ottenere la reintegrazione della legittima, o quota di riserva.

L’articolo 533 del codice civile concede ampia tutela giuridica all’erede legittimo che riceve in eredità meno di quanto gli spetta per legge.

L’erede legittimo può chiedere il riconoscimento della sua quota ereditaria contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari, per ottenere la restituzione dei beni medesimi.

La reintegra nell’eredità si attua mediante la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni eccedenti la quota di cui il testatore poteva disporre. 

L’azione va esercitata anche contro le donazioni eccedenti la quota disponibile e le donazioni indirette, o vendite simulate, dagli eredi legittimi.

E’ lo strumento da far valere anche contro l’erede universale e può essere azionata finanche a seguito di riconoscimento di paternità postumo.

La riduzione nelle donazioni e nelle disposizione lesive della legittima, ai sensi dell’articolo 557 c.c., è consentita solo ai legittimari, ai loro eredi ed aventi causa.

Per  esercitare l’azione di riduzione e chiedere di essere reintegrato nella quota ereditaria, occorre accettare l’eredità con beneficio di inventario, ai sensi dell’articolo 564 c.c..

Riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni  

L’articolo 554 del codice civile chiarisce quali sono le regole da seguire per la riduzione delle disposizioni testamentarie oltre la disponibile.

Per la riduzione delle donazioni, invece, è l’articolo 555 del codice civile la norma di riferimento.

La legge stabilisce che le donazioni il cui valore eccede la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione fino alla quota medesima.

La reintegra può avvenire in natura conferendo il bene all’eredità, o in denaro con conguagli in favore dell’erede svantaggiato, per riequilibrare la sua posizione.

Il donatario, infatti, è obbligato a conferire il bene donato in natura o, potendo fare ricorso all’imputazione, nei limiti del valore della propria quota.

Collazione immobile donato   

La donazione di immobile al figlio è frequente, anche per evitare il pagamento di imposte di successione.

L’intestazione fittizia di un immobile al coniuge, o al figlio, costituisce una donazione indiretta.

La regola è che le quote degli eredi legittimi devono tenere conto della collazione ereditaria.

Pertanto le disposizioni compiute in vita dal de cuius devono confluire nella massa ereditaria per il relativo computo.

L’asse ereditario, si è detto, è composto dal relictum e dal donatum.

Ai fini del calcolo della massa ereditaria, bisogna tenere conto non solo di quanto resta alla morte del defunto.

L’eredità è costituita anche dalle donazioni che il defunto ha disposto in vita a favore di altri eredi, chiamati alla restituzione.

La collazione opera se nel corso della sua esistenza il de cuius ha compiuto negozi giuridici che hanno avvantaggiato un erede rispetto ad altri.

Ciò avviene con l’acquisto di un immobile per il coniuge, o per il figlio, con denaro proprio, con le donazioni indirette che rientrano nella massa ereditaria.

A meno che non risulti la dispensa dalla collazione ereditaria, nel rispetto dei limiti della quota disponibile e senza che sia intaccata la quota di riserva.

Dispensa dalla collazione ereditaria

Con la dispensa dalla collazione il de cuius, nei limiti della disponibile, può avvantaggiare un erede rispetto ad altri.

L’articolo 737 c.c. stabilisce che il coniuge, i figli ed i loro discendenti, devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto in donazione.

A meno che non siano stati espressamente dispensati.

La dispensa dalla collazione per non dare problemi interpretativi deve risultare nel testamento, nella donazione, o in altro atto redatto successivo.

In ogni caso la dispensa non può operare se non nei limiti della quota disponibile del de cuius.

La dispensa può essere fatta anche successivamente alla donazione, o alla redazione del testamento pubblico.

Il nostro ordinamento giuridico riconosce valore anche alla dispensa tacita dalla collazione.

Deve, però, risultare chiaramente l’intenzione della persona deceduta di assegnare il bene donato come beneficio in più rispetto alla quota ereditaria, nei limiti della disponibile.

Per verificare la validità della dispensa da collazione è bene affidarsi a un avvocato per eredità, prima della divisione dei beni ereditati.

Quali spese non rientrano in collazione?

Occorre tenere presente che esistono spese esenti dalla collazione.

Non rientrano nella collazione ereditaria:

  • le spese di mantenimento e di educazione
  • gli esborsi relativi a spese sostenute per malattia
  • i costi ordinari fatti per abbigliamento e le spese nuziali, purché non eccedenti le possibilità economiche del defunto
  • le donazioni fatte per riconoscenza, o per i servizi resi
  • le spese di beni periti per cause non imputabili al donatario, come per esempio un’opera d’arte che è stata rubata, o un appartamento distrutto da un terremoto.

Collazione: quota disponibile e quota di riserva  

L’istituto della collazione ereditaria garantisce la parità di trattamento degli eredi e, dunque, è subordinato all’accertamento della quota disponibile e quota di riserva.

La quota disponibile è quella parte di eredità di cui il de cuius può disporre liberamente, se decide di fare testamento.

La quota disponibile del de cuius si calcola ai sensi dell’articolo 556 del codice civile e non può essere mai inferiore ad ¼ del patrimonio ereditario.

Alla massa ereditaria, tuttavia, devono essere computati tutti i beni del defunto, sia le donazioni da questi compiute in vita, che i debiti.

Chi fa testamento, se ha moglie e figli, o genitori in vita, non può disporre liberamente di tutto il suo patrimonio, ma deve rispettare le quota di riserva, o di legittima.

In nostro ordinamento giuridico riconosce ai legittimari sempre quote di eredità prestabilite.

Le quote ereditarie variano a seconda della composizione del nucleo familiare, prendendo il nome di quota di riserva, o quota di legittima. 

Schema della quota di riserva e della quota disponibile

Quota RiservaQuota Disponibile
Coniuge senza figli e ascendenti 
Quota riserva coniuge 50%Testatore dispone 50% massa ereditaria
Coniuge ed un figlio 
Quota legittima 1/3 ciascunoDe cuius dispone 1/3 massa ereditaria
Coniuge e più figli 
Al coniuge spetta sempre 1/4
e 1/2 si divide tra tutti i figli
Chi fa testamento dispone 1/4 massa ereditaria
  
  
Consorte senza figli con ascendenti 
1/2 spetta al coniuge
e 1/4 agli ascendenti (genitori)
Chi fa testamento dispone 1/4 massa ereditaria
Un solo figlio senza coniuge 
Quota di legittima figlio 50%Testatore dispone 50% massa ereditaria
Due o più figli senza coniuge 
Quota riserva figli 2/3 massa ereditariaDe cuius dispone 1/3 massa ereditaria
Genitori ascendenti senza coniuge 
Quota legittima 1/3 massa ereditariaChi fa testamento dispone 2/3 massa ereditaria
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Diritto Ereditario

Divisione ereditaria

La divisione ereditaria

Avvocato eredità successioni

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La divisione ereditaria è l’atto mediante il quale ciascun coerede può porre fine alla comunione ereditaria.

Quando all’apertura della successione ci sono più eredi, sia che si tratti di successione legittima o successione testamentaria è consigliato procedere alla divisione ereditaria.

La divisione ereditaria, infatti, oltre a mettere al riparo dai rischi legati alla comproprietà di beni, è utile anche a fini pratici e gestionali.

In questo articolo, nella mia lunga esperienza di Avvocato esperto in successioni ereditarie, fornisco una guida utile agli eredi che devono procedere a porre fine alla comunione ereditaria

Tipologie di divisione ereditaria

La divisione ereditaria può essere di  tre tipi e avvenire con 3 modalità:

  • divisione consensuale: si ha quando gli eredi sono d’accordo su come dividere l’eredità e si perfeziona con la sottoscrizione di un accordo di divisione ereditaria;
  • divisione giudiziale, si ha a seguito di una sentenza del tribunale, quando non è stato possibile raggiungere un accordo di divisione ereditaria amichevole;
  • divisione testamentaria, si ha quando la divisione dei beni è stata effettuata dal testatore, sempre che il testamento non violi la quota dei legittimari.

Divisione ereditaria consensuale

La divisione consensuale in ambito ereditario si perfeziona con l’accordo di divisione ereditaria che sottoscritto dagli eredi e autenticato dagli avvocati, ha forza di legge.

Gli eredi, in tal modo, rilasciandosi ampia e liberatoria quietanza, rinunciano ad eventuali azioni di riduzione e restituzione per la collazione ereditaria.

La divisione ereditaria consensuale è sempre possibile quando ci sono da dividere solo somme di denaro su conti correnti e deposito titoli, anche operando una divisione ereditaria parziale.

Come procedere alla divisione ereditaria consensuale?

Se tutti gli eredi sono d’accordo sulle modalità con cui dividere l’eredità si procede a formalizzare la loro volontà stipulando un contratto di divisione consensuale tra eredi.

Con l’accordo di divisione consensuale gli eredi si danno atto di avere definito tra di loro la divisione del patrimonio ereditario.

In tal modo si accordano per assegnarsi ed attribuirsi i beni mobili ed immobili di cui al compromesso ereditario e non avere null’altro a pretendere gli uni dagli altri.

La divisione consensuale in ambito ereditario rappresenta la forma più veloce e vantaggiosa per gli eredi.

Può essere facilmente raggiungibile quando non vi è litigiosità e ci si affida ad avvocati con lunga esperienza nel ramo del diritto successorio.

Divisione ereditaria giudiziale

Ove i coeredi litighino sui beni ereditari da ripartirsi, è necessario procedere alla divisione giudiziale.

La divisione ereditaria giudiziale si ha, pertanto, quando gli eredi non sono riusciti a trovare un accordo in via amichevole sui beni ereditari da ripartirsi.

Quando anche la mediazione ereditaria si è conclusa senza accordo, non resta altra strada che ricorrere al giudice del tribunale del luogo dove si è aperta la successione ereditaria.

Il diritto a domandare la divisione dell’eredità non può essere limitato dal testatore se non per i cinque anni successivi all’apertura della successione.

Come avviene la divisione ereditaria giudiziale?

L’istanza di divisione giudiziale in ambito successorio si promuove con  atto di citazione ex art. 713 del codice civile e 784 del codice di procedura civile che deve essere notificato a tutti gli eredi.

Il tribunale, una volta determinato il valore della massa ereditaria, provvede all’attribuzione delle quote ai singoli eredi con differenti modalità.

Per fare ciò il giudice si avvale di un consulente tecnico d’ufficio esperto estimatore e, se del caso, procede all’assegnazione, o alla vendita all’incanto dei beni ereditari.

Questo tipo di situazioni, non solo richiede molto tempo per giungere ad una soluzione, spesso non desiderata per gli eredi, ma comporta diversi esborsi da sostenere.

Divisione in natura dei beni

La divisione in natura in ambito successorio, è facilmente percorribile quando è possibile attribuirsi uno o più beni, con o senza conguagli.

Ciò è possibile quando gli eredi hanno attribuito un valore concorde proporzionale alla quota loro spettante per legge.

Quando è possibile la divisione in natura, perché esistono più unità immobiliari e somme di denaro, è percorribile per il singolo erede anche il consolidamento della proprietà.

Questa può aver luogo con, o senza, conguagli in denaro.

Atteso che, ai sensi dell’art. 718 del codice civile, ciascun coerede può richiedere la sua parte in natura dei beni mobili e immobili dell’eredità.

La divisione in natura dei beni è percorribile sempre rispettando le quote ereditarie con e senza testamento spettanti agli eredi.

Sia che si proceda alla divisione ereditaria consensuale, che nell’ambito di un giudizio civile.

Eredità di beni indivisi

Quando la divisione dei beni ereditari in natura non è percorribile, perché non è possibile formare le quote da attribuire a ciascun erede è possibile chiedere l’assegnazione del bene, o la vendita.

Se manca del tutto un accordo tra i coeredi in ordine alla attribuzione dei beni, non resta che la vendita all’incanto.

La vendita all’incanto può avvenire solo con incarico a professionista delegato per le operazioni di vendita immobiliari.

Successiva alla vendita, detratte le spese di procedura, gli eredi potranno soddisfarsi con la distribuzione del ricavato.

Quando gli eredi sono d’accordo a vendere l’immobile, il ricavato della vendita può essere tra di loro ripartito pro quota, sia che si tratti di successione legittima, che di successione testamentaria

Immobile occupato da un erede

Nel caso in cui l’immobile caduto in successione ereditaria è occupato da un erede diverso dal coniuge, si configura un diverso scenario.

E’ sempre possibile chiedere da un lato l’assegnazione e, dall’altro, una indennità di occupazione da parte degli altri eredi cui venga impedito l’utilizzo del bene.

L’erede non titolato che utilizzi abitualmente il bene indiviso, infatti, è tenuto a corrispondere una indennità di occupazione in base al valore di mercato per la quota non di sua spettanza.

Questo nel caso di disaccordo con gli altri eredi sulla possibilità di rilevare la loro quota per consolidare la proprietà, o mettere in vendita il bene.

L’indennità di occupazione di immobile nell’eredità, però, è dovuta, per giurisprudenza consolidata, solo quando vi è un uso esclusivo da parte di uno degli eredi.

Il coerede che utilizza in via esclusiva il bene che è anche degli altri eredi, dunque, è tenuto ad una indennità di occupazione solo se ne impedisce l’uso ed il godimento agli altri coeredi.

Divisione ereditaria con immobili

La divisione ereditaria con immobili si può attuare o con la vendita e distribuzione del ricavato pro quota tra gli eredi, o con l’ assegnazione degli immobili, con o senza conguagli in denaro.

Se tutti gli eredi sono d’accordo a vendere gli immobili, il ricavato della vendita viene ripartito tra di loro pro quota.

La regola, quando nell’asse ereditario sono presenti proprietà immobiliari e diritti reali, è procedere per prima cosa alla valutazione immobiliare.

Se i coeredi non sono d’accordo sulle stime immobiliari ci si può affidare congiuntamente ad un tecnico.

Diversamente si provvede alla comparazione delle stime fatte redigere da ciascun erede, per poi procedere alla relativa attribuzione.

Divisione ereditaria prima della dichiarazione di successione

Quando gli eredi presentano la denuncia di successione diventano proprietari per l’intero di una quota indivisa dell’eredità.

Con la divisione ereditaria consensuale, è possibile risparmiare sulle imposte di successione quando l’accordo è raggiunto prima di presentare la dichiarazione di successione.

Infatti, quando i chiamati all’eredità sono d’accordo su come ripartirsi l’eredità, il Notaio, prima di presentare la denuncia di successione, prende atto della loro volontà.

Conseguentemente presentando la denuncia di successione i coeredi  si ripartiscono il patrimonio immobiliare procedendo alla divisione dei beni secondo l’accordo di divisione ereditaria sottoscritto.

Nella divisione testamentaria gli eredi non vanno incontro al problema della divisione perché è stata già operata dal testatore.

Casi di impedimento alla divisione ereditaria

Nel caso in cui vi sia un concepito la divisione non potrà avvenire fino al momento della nascita.

Cosa succede quando è pendente un giudizio sulla legittimità, o sulla filiazione naturale?

Il giudice, in caso di esito favorevole del giudizio per il chiamato all’eredità, può sospendere la divisione per un termine massimo di cinque anni.

Nel caso di eredità con minorenni il testatore può disporre che non si faccia luogo alla divisione prima che sia trascorso un anno dalla maggiore età dell’ultimo nato.

Il legittimario pretermesso non fa parte della comunione ereditaria, fino a quando non ha esperito vittoriosamente l’azione di riduzione.

Infatti, solamente a seguito della sentenza egli acquista la qualità di erede.

Divisione ereditaria e mediazione

La mediazione ereditaria, oltre ad essere una condizione di procedibilità, rappresenta un utile strumento per prevenire il contenzioso giudiziario.

La mediazione richiede l’assistenza obbligatoria di un avvocato per le parti è può avvenire anche in modalità telematica.

La mediazione in materia ereditaria può concludersi con un verbale di mancato accordo tra gli eredi.

Oppure, quando ha esito favorevole, con un verbale di accordo tra eredi che determina le modalità di divisione dei beni tra coeredi che ha valore di legge.

Accertamento della massa ereditaria

Lo Studio Legale Sposato, grazie ad accessi privilegiati a banche dati e conti correnti del defunto, è in grado di garantire con celerità lo svolgimento di tutte le indagini necessarie.

L’attività che svolgiamo, come studio legale specializzato in diritto ereditario, fin dal 1949, non si incentra soltanto sulla ricostruzione della massa ereditaria da dividere.

Non tralasciamo alcun aspetto e verifichiamo sempre che non esista un testamento, onde procedere con tranquillità allo scioglimento della comunione ereditaria.

La ricostruzione del patrimonio ereditario riguarda l’individuazione degli immobili e del loro valore, il rintraccio di conti correnti, fondi, deposito titoli e beni della persona deceduta.

Oltre alle poste attive occorre verificare sempre che non sussistano debiti ereditari ed obbligazioni, o imposte e tributi, che riducano il valore dell’asse ereditario.

Quali sono le quote nella divisione ereditaria?

Per ricostruire le quote nella divisione ereditaria occorre tenere conto degli atti dispositivi compiuti in vita dalla persona deceduta.

Le donazioni, per effetto della collazione devono essere imputate e restituite alla massa ereditaria.

Le quote ereditarie devono sempre tenere conto delle disposizioni di cui all’articolo 536 del codice civile e delle persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità: coniuge, figli e ascendenti.

Espletiamo le pratiche successorie, al fine di non incorrere in errori e sanzioni per la presentazione della denuncia di successione, con notaio convenzionato in sede.

Quote da rispettare nella divisione ereditaria

Solo il coniuge
1/1
Consorte più un figlio
1/2 al consorte e 1/2 al figlio
Consorte e più due o più figli1/3 al consorte e 2/3 ai figli
Coniuge e ascendenti o fratelli/sorelle2/3 al coniuge e 1/3 ad ascendenti o fratelli/sorelle
Solo un figlio1/1 al figlio
Più figli1/1 ripartito in parti uguali
Solo ascendenti1/2 linea paterna – 1/2 linea materna
Solo fratelli e sorelle1/1 ripartito in parti uguali

 

Quanto costa la divisione ereditaria? 

I costi della divisione ereditaria variano in base al valore dell’eredità ed alle attività da compiere.

Possono essere contenuti quando gli eredi sono d’accordo sulle modalità di ripartizione tra di loro della massa ereditaria. 

I costi della divisione ereditaria aumentano con la litigiosità dei chiamati a succedere.

Se è necessario effettuare perizia di stima dei beni ereditari, attivare la mediazione obbligatoria ed iscrivere a ruolo la causa per la divisione giudiziale.

Gli onorari dell’avvocato per la divisione ereditaria sono dovuti in base al DM 55/14 per l’attività stragiudiziale, per la mediazione e per le varie fasi di giudizio e vengono sempre prima illustrati al cliente.

Avvocato divisione ereditaria  

Quando si deve procedere ad una divisione ereditaria diventa di fondamentale importanza, per la propria tranquillità, affidarsi ad un avvocato specializzato in diritto ereditario

Lo Studio Legale Sposato, dal 1949, è specializzato in diritto successorio e opera tutelando importanti asset ereditari sia nella fase stragiudiziale, che per la gestione del contenzioso ereditario.

L’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente della XIX Sottocommissione dell’esame di Stato per Avvocato 2023 a Roma, è rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati.

Assiste eredi che devono procedere alla divisione ereditaria, privilegiando accordi e transazioni ereditarie, con elevata percentuale di successo e risparmio di tempi e costi dell’eredità.

Per prenotare un appuntamento chiamare in orario di studio, o visitare l’area Assistenza Legale24h.

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La successione testamentaria

La successione testamentaria

Avvocato eredità successioni

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La successione testamentaria riguarda i casi di eredità nei quali è stato redatto un testamento olografo, pubblico o segreto, le cui disposizioni di ultima volontà devono essere rispettate, a meno che non siano contrarie e violino la legge. 

Quando il testamento non rispetta le quote riservate ai legittimari può essere impugnato con l’azione di riduzione, che è soggetta al termine di prescrizione ordinaria di dieci anni dall’apertura della successione.

I limiti della successione testamentaria

La libertà che ognuno ha di disporre dei propri beni mediante testamento è limitata dalla legge, la quale dispone che una parte dell’eredità deve essere obbligatoriamente riservata a determinati membri della famiglia.

E’ questa una limitazione che la legge non può conseguire durante la vita di una persona, bensì dopo la morte, quando i nuovi soggetti, che subentrano nella titolarità dei rapporti giuridici, sono noti.

Solo allora si può stabilire se gli eredi testamentari sono parenti del defunto e se appartengono a quella speciale categoria cui la legge garantisce speciali diritti, anche contro la volontà del defunto.

I membri della famiglia appartenenti a questa categoria privilegiata di eredi si individuano nel consorzio familiare con il nome di legittimari.

Ai sensi  dell’articolo 536 del codice civile le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli e gli ascendenti.

Quando esistono dei legittimari, il testatore può disporre soltanto di una parte dei suoi beni, detta quota disponibile.

L’altra parte dei beni ereditari, detta quota di riserva, o indisponibile, deve essere assegnata ai legittimari, che hanno sempre diritto a quote ereditarie loro riconosciute per legge.

I diritti dei legittimari non possono mai essere lesi, al punto che la legge ha posto accanto alla quota di riserva la quota di legittima, con la quale il legittimario viene a trovarsi al riparo da liberalità lesive del suo diritto a conseguire un utile netto sull’eredità.

Quali sono le caratteristiche del testamento?

Di tutti i negozi giuridici patrimoniali nessuno sopravanza il testamento per l’importanza degli effetti che è destinato a produrre.

Lo stesso dicasi per la solennità delle forme che lo accompagnano, per la particolare cura di cui la legge circonda la dichiarazione di volontà e con cui mira ad attuare il supremo volere del defunto.

Il testamento è un atto revocabile, con il quale una persona maggiorenne capace di intendere e volere dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze, o di parte di esse.

È un negozio giuridico unilaterale, in quanto esprime la sola volontà del testatore ed è personale, poiché chi fa testamento è l’unico soggetto legittimato a porlo in essere, non essendo ammessa nessuna forma di rappresentanza.

Il testamento è un atto non ricettizio, ma revocabile e formale, poiché si deve redigere in una delle forme previste dalla legge, a pena di nullità.

Quanti tipi di testamento esistono?

La successione testamentaria prevede 3 tipi di testamento:

  1. il testamento olografo quando è scritto di pugno dal testatore
  2. il testamento pubblico redatto dal notaio
  3. il testamento segreto se è stato consegnato in busta chiusa al notaio.

Da notare che il testamento segreto può essere scritto anche con mezzi meccanici, o da un’altra persona, essendo richiesta per la validità solo la firma autografa del testatore su ogni foglio.

Le disposizioni di ultima volontà nella successione testamentaria possono prevedere anche solo disposizioni di carattere non patrimoniale, come previsto dall’articolo 587 del codice civile.

Inoltre il testatore può disporre un onere testamentario, ovvero un obbligo a carico dell’erede, o del legatario, nel legato testamentario, come previsto dall’articolo 647 del codice civile.

L’articolo 588 del  codice civile, che regola la successione testamentaria, permette a chi redige testamento di fare disposizioni a titolo particolare, o disposizioni a titolo universale.

Nelle successioni testamentarie è ammessa la delazione anche a favore di non concepiti, purchè figli di persona che sia vivente al momento della morte di chi ha redatto il testamento.

Si può fare testamento da un avvocato?

La consulenza in materia ereditaria per il testamento olografo da parte di un avvocato esperto in successioni ereditarie è sempre di grande utilità.

L’avvocato per eredità, esamina la composizione dell’asse ereditario, le donazioni fatte in vita, il patrimonio ereditario e illustra quali sono le quote riservate agli eredi legittimi, da rispettare.

In tal modo l’avvocato per eredità chiarisce qual’ è la quota di riserva dei legittimari e la quota disponibile del testatore, illustrando la possibilità di inserire nel testamento la dispensa dalla collazione ereditaria.

Alla domanda su quando può essere impugnato il testamento può rispondere  soltanto un avvocato specializzato in successioni ereditarie, mettendo in condizione il testatore di evitare dopo la sua morte liti tra eredi.

Cos’è il testamento pubblico?

Il testamento pubblico, regolato dall’articolo 603 del  codice civile, è ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni e contiene le disposizioni di ultima volontà del de cuius.

Il testatore dichiara al notaio la sua volontà, che viene trascritta a cura del notaio, rubricata e depositata nell’archivio notarile, ai fini dell’apertura della successione testamentaria.

Nelle successioni ereditarie, se chi fa testamento non può sottoscriverlo, o può farlo solo con grave difficoltà, deve dichiararne la causa e il notaio è tenuto a menzionare questa dichiarazione.

Il testamento redatto dal notaio, sotto l’aspetto formale, è il più sicuro e quello che meno si presta all’ impugnazione del testamento.

Nondimeno, un testamento olografo redatto successivamente al testamento pubblico ne annulla le disposizioni, rendendolo di fatto non più valido. 

Il testamento pubblico non può essere impugnato per vizi di forma, poiché privo di falsificazioni e manipolazioni, in quanto redatto dal notaio in veste di pubblico ufficiale. 

Tuttavia, sebbene sotto il profilo formale è inattaccabile, il testamento pubblico può essere impugnato quando lede la legittima, ovvero viola la quota di riserva dei legittimari.

Il notaio, infatti, non è tenuto ad accertare se il testatore è capace di intendere e di volere, né può intervenire in  alcun modo sulla volontà del testatore se il testamento lede le quote legittime degli eredi.

Per la validità del testamento pubblico, poi, il notaio deve provvedere alla trazione, inviandolo in busta chiusa con sigillo all’archivio notarile, entro dieci giorni dalla sottoscrizione.

I termini per impugnare il testamento pubblico sono quelli ordinari: 5 anni dalla pubblicazione, per incapacità del testatore; ovvero 10 anni dalla pubblicazione, per lesione della legittima.

Cos’è il testamento segreto?

Nella successione testamentaria è prevista anche la forma del testamento segreto.

Il testamento segreto è quel particolare tipo di testamento consegnato personalmente dal testatore in busta chiusa sigillata al Notaio. 

Il deposito di un testamento in busta chiusa presso il Notaio può avvenire esclusivamente a cura del testatore, poiché nessuno è titolato a chiedere il deposito del testamento altrui.

Quando il testamento è depositato in busta chiusa presso un Notaio, la sua pubblicazione deve avvenire a cura del Notaio che lo ha tenuto in custodia.

La particolarità del testamento segreto è che può anche non essere scritto personalmente dal testatore, dattiloscritto, o redatto per uso di mezzi meccanici, come la carta stampata.

Per la validità formale del testamento segreto è richiesta, oltre alla data certa, la firma di ogni foglio da parte del testatore e che lui stesso lo consegni al Notaio in busta chiusa.

Il Notaio provvede a rubricarlo e registrarlo nell’archivio e, non appena riceve notizia della morte del de cuius, provvede a convocare gli eredi legittimi per l’apertura della successione ereditaria.

Come verificare se esiste un testamento?

Come fare per essere sicuri che non esiste un atto di ultima volontà e verificare se la persona deceduta ha fatto testamento e, dunque, deve procedersi all’apertura della successione testamentaria?

Per quanto riguarda il testamento pubblico, o segreto è possibile verificare l’esistenza di un testamento attraverso una ricerca presso l’archivio notarile.

Per quanto concerne il testamento olografo qualsiasi erede potrebbe essere in possesso di un testamento del de cuius, pertanto una ricerca di questo tipo potrebbe non essere semplice.

Verificare l’esistenza di un testamento è essenziale per comprendere se si darà luogo alla successione testamentaria, o alla successione legittima ed essere certi quali sono le quote degli eredi quando non è stato redatto testamento.

Chi non può fare testamento?

Ai sensi dell’articolo 591 del codice civile, sono incapaci di redigere testamento:

  1. coloro che non hanno compiuto la maggiore età
  2. gli interdetti per infermità di mente
  3. coloro che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento, perché per esempio sottoposti a violenza, o minaccia

Ove si verifichi una di queste circostanze il testamento può essere impugnato da chiunque vi abbia interesse.

Anche la persona sottoposta ad amministrazione di sostegno può redigere testamento.

Un problema frequente riguarda l’esame del testamento olografo di persone anziane lasciate sole, spesso facilmente influenzabili, pur non essendo questa sempre causa di annullamento.

Quota di riserva, quota di legittima e azione di riduzione

Ai legittimari spetta sempre una quota di riserva, tanto  nella successione testamentaria che, in assenza di testamento, nella successione legittima.

L’articolo 554 del codice civile dispone che le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione nei limiti della quota medesima.

Il problema dei confini tra eredità e donazioni si presenta sovente nella successione testamentaria soprattutto laddove il testatore ha voluto privilegiare il coniuge, o altro erede.

La reintegra nella quota pretermessa si chiede con l’azione di riduzione in tribunale, quando è fallito il tentativo di ricomporre la controversia ereditaria

Bisogna, infatti, tenere conto che l’eredità è costituita dal relictum e dal donatum, ovvero non solo da ciò che rimane all’apertura della successione, ma anche dalle donazioni.

Pertanto, nella successione testamentaria, quanto percepito a titolo di donazione, anche indiretta, deve essere conferito alla massa ereditaria per effetto della collazione.

I diritti dei legittimari non possono essere lesi, per questo la legge ha posto  accanto alla quota di riserva la quota di legittima, che si calcola con il procedimento indicato nell’articolo 556 del codice civile.

La quota di legittima è quella con cui il legittimario, oltre alla quota di eredità che gli garantisce la legge, consegue un utile netto mediante l’azione di riduzione delle liberalità lesive del suo diritto di legittimario.

Calcolo della legittima e disponibile

Le operazioni cui dà luogo il calcolo per la rilevazione della legittima sono indicate dall’articolo 556 del codice civile.

Per la formazione della massa ereditaria dei beni che appartenevano al defunto bisogna attribuire ad ogni bene il valore che ha al momento dell’apertura della successione.

Quindi bisogna effettuare la detrazione fittizia della massa ereditaria dai debiti lasciati dal defunto e dalle spese sostenute in dipendenza della morte.

Infine, per il calcolo della legittima e della disponibile, va operata la riunione fittizia e addizione al residuo delle donazioni fatte in vita dal  defunto.

A tal fine si tiene sempre conto del valore delle donazioni al momento dell’apertura della successione e non all’epoca in cui sono state compiute.

Si riuniscono alla massa ereditaria sia le donazioni dirette,  che le donazioni indirette e anche le donazioni modali, o remuneratorie, per la parte per cui vi è stato lucro.

Il valore dell’asse ereditario così ottenuto si moltiplica per la quota di riserva spettante ai legittimari ed il risultato rappresenta la quota di legittima dei legittimari.

Moltiplicando, invece, il valore dell’asse ereditario per la quota di cui il de cuius poteva liberamente disporre, si  ottiene il calcolo della quota disponibile.

Tuttavia, per conoscere se il testatore, nel disporre dei  suoi beni, si è mantenuto nei limiti della sua facoltà di disporre, è necessaria un’ ulteriore operazione, che consiste nell’imputazione delle liberalità da lui fatte.

Si imputano alla disponibile le liberalità fatte a persone estranee, o anche a parenti che non sono legittimari al giorno dell’apertura della successione e le liberalità fatte a legittimari con espressa dispensa dall’imputazione se superano il limite della disponibile.

Qual’ è la quota disponibile nel testamento?

Qual’ è la quota di cui il testatore può disporre liberamente nel testamento quando ci sono coniuge e figli?

La quota disponibile non può mai essere inferiore ad un quarto del patrimonio del testatore e varia a seconda del numero dei legittimari,

Il testatore è sempre libero di disporre di ¼ del suo patrimonio come vuole, destinandolo a persone diverse dai propri familiari, o privilegiando uno di loro rispetto ad altri.

Solo se non ci sono legittimari, coniuge, figli, genitori, nonni, il testatore può disporre liberamente del suo patrimonio.

Qual è la quota disponibile se il testatore è sposato, o ha dei figli?

Se il testatore è sposato bisogna distinguere a seconda che ci siano figli, o meno.

La quota ereditaria di riserva del coniuge quando non ci sono figli è di ½, dunque l’altro ½ è la quota disponibile del testatore.

Quando oltre al coniuge ci sono anche figli la quota disponibile è di 1/3 se il figlio è uno solo e di ¼ se i figli sono più di uno.

Il coniuge ha diritto nel primo caso ad 1/3 e nel secondo caso ad ¼ dell’asse ereditario, oltre all’uso della casa coniugale e del suo mobilio. 

Se il testatore alla sua morte lascia solo figli la quota disponibile sarà di ½ se ha un solo figlio e di 1/3 se lascia più di un figlio, essendo riservata a loro la restante quota nell’una e nell’altra ipotesi.

Qual è la quota disponibile se il testatore non è sposato e non ha figli?

Quando chi fa testamento non è sposato e non ha figli ma, nell’asse ereditario sono presenti ascendenti, genitori, nonni, bisogna verificare se c’è chi può agire anche per rappresentazione ereditaria.

La quota di eredità di genitori e ascendenti a titolo di riserva è di 1/3, mentre la quota disponibile del testatore in loro presenza, ove non  ci  siano figli, è di 2/3.

Non è prevista invece alcuna quota di riserva per i fratelli, non essendo legittimari ma potendo agire in rappresentazione del genitore premorto.

Schema quota disponibile e quota di riserva nella successione testamentaria

Se il testatore lascia solo il coniuge la quota disponibile è 1/2 (quota riserva coniuge 1/2)
Se lascia coniuge e un figlio la quota disponibile è 1/3 (quota riserva coniuge 1/3, figlio 1/3)
Se lascia coniuge e più di un figlio quota disponibile 1/4 (quota riserva coniuge 1/4, figli 1/2)
Se lascia solo un figlio la quota disponibile è 1/2 (quota riserva figlio 1/2)
e lascia più di un figlio la quota disponibile è 1/3 (quota riserva figli 2/3)
Se lascia coniuge e ascendenti disponibile 1/4 quota riserva coniuge 1/2, ascendenti 1/4)
Se lascia solo ascendenti disponibile 2/3 (quota riserva ascendenti 1/3)

Avvocato esperto in materia testamentaria

La successione testamentaria, in presenza di contrasti tra eredi, deve essere affidata a un avvocato specializzato in materia ereditaria. 

L’avvocato esperto in materia testamentaria è l’unico in grado di seguire con scrupolosità e competenza le fasi che portano alla distribuzione delle quote ereditarie agli eredi testamentari.

Lo studio legale dell’Avvocato Gianluca Sposato garantisce un’esperienza consolidata, frutto di tradizione di famiglia, in presenza di un’eredità con testamento.

La verifica dell’esistenza del testamento è la prima importante azione che deve essere portata a termine per la tranquillità e a garanzia degli eredi.

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Diritto Ereditario

La successione legittima

La successione legittima

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L’Avvocato Gianluca Sposato è considerato tra i migliori avvocati specializzati in diritto ereditario a livello nazionale.

E’ rappresentante di interessi alla Camera dei Deputati e presta assistenza legale in tutti i casi di successione legittima dei fratelli, del figlio e del coniuge.

Per comprendere se muore un fratello chi sono gli eredi, bisogna tener conto che i fratelli non sono legittimari.

I fratelli, dunque, in quanto collaterali, possono essere esclusi dalla successione legittima nel testamento dal loro fratello.

Cos’ è la successione legittima?

La successione legittima ha titolo nella legge e si ha quando manca, in tutto o in parte, la successione testamentaria.

Se ne deduce che le due delazioni, la testamentaria e la legittima, non sono incompatibili l’una con l’altra e che, non sempre, la prima può evitare il contemporaneo o successivo aprirsi della seconda.

La successione legittima, infatti, presuppone la mancanza di disposizioni testamentarie, che abbiano in tutto, o in parte, regolata la trasmissione dei beni del defunto.

Nelle successioni ereditarie la successione necessaria prevale sulla successione testamentaria e ne riduce, o annulla, le clausole contro inderogabili precetti che la regolano in favore dei legittimari.

Quando chi muore non ha redatto testamento gli eredi sono i parenti più stretti del defunto, come dispone l’articolo 565 del codice civile, tenuto conto dei limiti tra eredità e la legittima.

Per comprendere chi sono gli eredi alla morte di un parente è necessario verificare se vi sono, o meno, disposizioni testamentarie e legittimari, o altri eredi legittimi.

Così, la parentela legittima concorre con la naturale e con il coniuge.

I figli legittimi escludono i genitori del defunto, pur essendo tutti di primo grado rispetto a questo ultimo, mentre i discendenti dei figli escludono i genitori e gli ascendenti i collaterali dal 3° al 6° grado.

Chi sono gli eredi legittimi?

Gli eredi legittimi sono coloro ai quali l’eredità viene trasferita in assenza di testamento: il coniuge, i figli ed, in loro mancanza, i parenti fino al 6°grado.

Il primo ordine di successibili è costituito dai discendenti.

Il secondo ordine di successibili è costituito dagli ascendenti e dai fratelli e sorelle.

Si passa al secondo ordine quando mancano i discendenti legittimi, ovvero l’intera linea retta discendente.

Il terzo ordine di successibili, infine, riguarda i collaterali.

La successione degli altri parenti è, dunque,  solo eventuale ed è prevista dall’articolo 572 del codice civile.

Solo al coniuge e ai figli, però, e in mancanza di questi ultimi a genitori e nonni, è riservata la quota legittima in eredità.

La legge stabilisce, infatti, che non possono essere intaccate le quote ereditarie di quella categoria di eredi che hanno diritto di legittimare su una parte del patrimonio del defunto.

A norma dell’articolo 457 del codice civile, infatti, le disposizioni testamentarie non possono mai pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari.

I legittimari sono, dunque, eredi privilegiati che non possono mai essere pretermessi dall’asse ereditario, nè esclusi dal testamento.

Tant’è che i loro diritti, in caso di premorienza, danno applicazione all’istituto della rappresentazione ereditaria.

Chi sono i legittimari?

In presenza dei legittimari si ha la successione necessaria.

I legittimari sono il coniuge ed i figli e, solo in mancanza di questi ultimi, i genitori e gli ascendenti, come disposto dall’articolo 536 del codice civile.

Gli eredi legittimari non possono mai essere esclusi dal testamento, se non per cause di indegnità a succedere.

Il testatore non può disporre liberamente di tutto il suo patrimonio in presenza di legittimari.

Chi fa testamento, infatti, in presenza di coniuge e figli e, in mancanza di figli degli ascendenti, può disporre liberamento solo di una quota disponibile, che non può essere inferiore ad 1/4 del proprio patrimonio.

Quando a succedere sono il coniuge, i figli e gli ascendenti, per legge deve essere accantonata una parte dell’eredità in loro favore: si tratta della quota di riserva.

Pertanto il defunto, anche se redige testamento, non potrà disporre di tutti i suoi beni liberamente, poiché in presenza di legittimari, la sua parte disponibile è residuale.

Inoltre, poiché l’eredità è costituita dal relictum e dal donatum, si deve tenere conto delle donazioni indirette e lesione della quota legittima degli eredi.

Quota di riserva nella successione legittima

La quota di riserva è quella parte di eredità che non può essere intaccata e che deve essere sempre garantita ai legittimari.

A differenza dei legittimari, invece, gli eredi legittimi non hanno diritto alla quota di riserva, ove esclusi nella successione testamentaria. 

In presenza dei legittimari, ciò che resta dell’eredità, dedotta la quota di riserva loro garantita per legge, è la quota disponibile.

La quota disponibile, pertanto è quella parte di eredità di cui il testatore può disporre in favore di chi vuole, anche con un legato testamentario.

La quota di riserva, predeterminata per legge, in presenza di coniuge, figli o ascendenti, rappresenta la quota parte dell’eredità di cui il testatore non può disporre a suo piacimento.

Pertanto i diritti del coniuge, dei figli e dei genitori, in qualità di legittimari, devono sempre essere fatti salvi e garantiti, dovendosi in difetto dare corso ad impugnazione del testamento.

Le quote ereditarie con e senza testamento, infatti, non possono mai essere inferiori a quelle determinate per legge sia per la successione legittima del coniuge che per la successione legittima dei figli.

Rilevata la quota di legittima, se essa risulta lesa dalle liberalità fatte inter vivos o mortis causa dal defunto, il legittimario può chiedere la riduzione delle disposizioni lesive del suo diritto, fino ad integrazione della quota lesa. 

Cos’è la quota disponibile nell’eredità?

La quota disponibile è la quota di eredità di cui il testatore può liberamente disporre nel fare testamento in presenza di legittimari se è sposato, o ha figli, o genitori in vita.

Chi fa testamento in presenza di legittimari, pertanto, nel decidere a chi lasciare i propri beni, deve considerare solo la quota disponibile.

Ciò tenuto conto che il testamento quando lede i diritti dei legittimari può essere impugnato.

Se si distribuisce l’eredità senza rispettare la legittima, il testamento si considera valido ed efficace fino a quando gli eredi pretermessi non richiedono la parte loro riservata per legge.

In assenza di testamento e violazione della legittima per donazioni ed eredità, devono essere conferiti all’eredità tutti i beni ricevuti in dono in vita dal defunto, per effetto della collazione ereditaria.

Eredità legittima, le quote dei legittimari

L’eredità è legittima nei casi di eredità senza testamento in cui si devolve ai parenti più prossimi del defunto, laddove questi non sia sposato e non abbia figli.

Nella successione legittima si attribuisce priorità alla linea retta, ovvero al coniuge, ai figli e ai genitori, rispetto a quella collaterale, ovvero ai fratelli, zii e nipoti.

Circa le quote nella successione legittima, se il de cuius era sposato, l’eredità va al coniuge e ai figli.

Solo in mancanza dei figli, subentrano nell’asse ereditario i genitori ed i fratelli.

Se chi è sposato non aveva figli, l’eredità spetta ai genitori, che non possono essere esclusi nel testamento, in qualità di legittimari di secondo grado.

In mancanza di figli, ai genitori è sempre riservata la quota di legittima pari ad 1/3 dell’eredità, oppure nella misura di ¼ se a concorrere con loro all’eredità sono presenti anche i fratelli del de cuius.

Nel caso di genitori premorti al de cuius, i figli in qualità di nipoti, possono agire in rappresentazione dell’erede premorto.

In tal modo è consentito loro di subentrare nella quota che sarebbe spettata all’erede, non in condizione di accettare l’eredità.

La rappresentazione ereditaria è consentita anche quando l’erede legittimo non ha voluto, o potuto, accettare l’eredità.

Tale ipotesi può ricorrere anche perché l’erede è soggetto ad amministrazione di sostegno, o interdetto.

Quando si ha la successione legittima dei fratelli?

L’eredità tra fratelli nella successione legittima o testamentaria spesso comporta liti ereditarie, pertanto è fondamentale affidarsi ad un avvocato esperto in eredità e successioni.

La successione legittima dei fratelli si ha in due casi:

  1. quando chi muore non lascia moglie o marito, né figli, né genitori ed ascendenti, ai sensi dell’articolo 570 del codice civile
  2. quando i fratelli concorrono con i genitori del defunto, ma ai genitori spetta la metà, ai sensi dell’articolo 571 del codice civile.

Bisogna tenere conto che i fratelli non rientrano nella categoria dei legittimari.

Pertanto i fratelli possono essere esclusi dall’eredità nel testamento del proprio fratello, o della propria sorella.

Eredità tra fratelli di cui uno morto prima dell’apertura della successione

Nell’eredità tra fratelli di cui uno morto prima del de cuius, si presenta una situazione, quella dell’erede premorto, prevista e regolata dal  codice civile.

I nipoti, cioè i figli del fratello, o della sorella premorta, subentrano nella quota ereditaria in rappresentazione del loro genitore.

Pertanto, nell’eredità tra fratelli, di cui uno morto, i chiamati all’eredità sono anche i nipoti del de cuius, aprendosi l’eredità verso i nipoti.

I figli del fratello premorto, qualora esclusi, possono rivendicare i loro diritti per effetto della rappresentazione ereditaria.

I tempi della successione legittima tendono ad allungarsi quando l’asse ereditario non è composto da soli legittimari e sorgono contrasti per le quote ereditarie.

Successione legittima: eredità tra fratelli germani e unilaterali

Con la riforma sulla filiazione tutti i figli sono riconosciuti uguali dal nostro ordinamento giuridico per il diritto di famiglia.

Nel diritto ereditario, però, resta una distinzione importante, relativamente le modalità di partecipare all’eredità, tra figli germani ed unilaterali. 

Infatti, ai sensi dell’articolo 570 del codice civile, fratelli e sorelle unilaterali conseguono la metà della quota ereditaria che spetta ai fratelli ed alle sorelle germani.

Occorre chiarire che i fratelli germani sono quelli che hanno in comune sia il padre che la madre.

Mentre i fratelli unilaterali, invece, hanno in comune solo un genitore.

Pertanto, mentre i figli naturali ed i figli legittimi hanno diritto alle stesse quote sull’eredità, lo stesso discorso non vale per fratelli e sorelle unilaterali.

Ciò in virtù della diversa intensità del vincolo di parentela presunto nel diritto successorio.

Successione legittima: eredità e comunione dei beni

Quando i coniugi sono sposati in regime di comunione dei beni e si apre l’eredità solo la metà del patrimonio del de cuius cade in successione ereditaria.

La comunione dei beni si scioglie con la morte del proprio marito, o della propria moglie.

Diverso è il discorso dello scioglimento della comunione ereditaria, essendo gli eredi ciascuno proprietario per l’intero della quota loro attribuita per legge.

Poiché il coniuge superstite è già titolare del 50% del patrimonio del coniuge deceduto, soltanto l’altro 50% cadrà in successione ereditaria.

Rientrano nella comunione dei beni tutti gli acquisti compiuti dai coniugi insieme, o separatamente, durante il matrimonio.

La comunione dei beni nell’eredità riguarda anche le aziende gestite da entrambi i coniugi costituite dopo il matrimonio.

Oltre agli utili e gli incrementi delle aziende gestite da entrambi i coniugi costituite prima del matrimonio.

Restano esclusi dalla comunione legale i beni che i coniugi possedevano prima del matrimonio.

Non rientrano in comunione dei beni anche i beni ricevuti dopo il matrimonio: donazioni, eredità, somme ottenute a titolo risarcimento danni, beni per l’esercizio della professione.

Diritto abitativo del coniuge superstite

Il diritto abitativo del coniuge superstite non può essere mai impedito, né escluso neanche per disposizione testamentaria, in base all’art. 540 del codice civile.

Il diritto abitativo del coniuge superstite spetta anche al coniuge separato cui non è stata addebitata la separazione, poiché solo con il divorzio si rompe il vincolo successorio.

La casa coniugale caduta in eredità, tuttavia, ove vi sia l’accordo di tutti gli eredi, può essere venduta nell’ambito della divisione ereditaria.

La quota del ricavato della vendita del coniuge assegnatario sarà maggiore rispetto a quella degli altri eredi, in virtù del valore da attribuire al diritto di abitazione.

Il valore del diritto di abitazione tiene conto dell’età del coniuge superstite e, ai fini  del calcolo del suo valore, è equiparabile all’usufrutto.

Quote ereditarie nella successione legittima

Per comprendere quali sono le quote degli eredi quando non è stato redatto testamento, bisogna tenere conto che i diritti dei discendenti prevalgono sui diritti degli ascendenti.

Nella successione legittima l’eredità spetta al coniuge e ai discendenti.

A seguire, in mancanza dei figli, subentrano gli ascendenti, quindi i collaterali e gli altri parenti, secondo le regole stabilite dagli articoli 565 e seguenti del codice civile.

Così, quando chi muore non lascia prole, genitori, o altri ascendenti, a succedere nell’asse ereditario sono i fratelli e le sorelle in parti uguali.

I fratelli e le sorelle unilaterali, invece, ricevono la metà della quota che ricevono i germani.

Al padre e alla madre succedono i figli, in parti uguali, ai quali sono equiparati i figli adottivi.

Quando i figli concorrono con il coniuge, il coniuge ha diritto alla metà dell’eredità, se alla successione contribuisce un solo figlio.

Nel caso in cui i figli sono più  di uno, il coniuge ha diritto ad un terzo del patrimonio ereditario.

A colui che muore senza lasciare prole, né fratelli, né sorelle, né loro discendenti, succede in parti uguali il padre e la madre, o il genitore superstite.

Se gli antenati non sono dello stesso rango, l’eredità viene trasmessa al parente più prossimo, indipendentemente dalla linea.

In mancanza di parenti del defunto l’eredità giacente, si devolve allo Stato. 

Tabella della successione legittima 

EREDI SUPERSTITIQUOTA DI EREDITA’
Coniuge
(in mancanza di figli, genitori e fratelli)
Tutta l’eredità
Uno, o più figli
(in mancanza del coniuge)
Intera eredità (da dividere in parti uguali)
Coniuge e un solo figlio
(gli altri parenti non hanno alcun diritto all’eredità)
1/2 al coniuge e 1/2 al figlio
marito o moglie e due o più figli
(gli altri parenti non hanno alcun diritto all’eredità)
1/3 al consorte e 2/3 ai figli
marito o moglie e fratelli
(solo se mancano discendenti e ascendenti: figli e genitori)
2/3 al consorte e 1/3 ai fratelli
Consorte e genitori
(in mancanza di figli e fratelli)
2/3 al coniuge e 1/3 ai genitori
Consorte, fratelli e genitori
(in mancanza di discendenti)
2/3 al coniuge e 1/3 ai genitori e fratelli (ai genitori spetta almeno 1/4)
Fratelli e genitori
(in mancanza di coniuge e figli)
1/2 ai genitori e 1/2 ai fratelli
Nipoti
(in mancanza di altri eredi: coniuge, ascendenti, discendenti, fratelli)
L’eredità si divide in parti uguali
Cugini
(in mancanza di altri eredi: coniuge, ascendenti, discendenti, fratelli, nipoti)
La massa ereditaria si divide in parti uguali

In mancanza di eredi e parenti prossimi entro il sesto grado, l’eredità si devolve allo Stato.

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Avvocato esperto in diritto immobiliare

Compravendite immobiliari

Compravendite immobiliari

Preliminare di compravendita

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Quando si perfeziona la compravendita immobiliare?

La compravendita immobiliare si perfeziona con l’accettazione dell’offerta formulata dall’acquirente al venditore.

Dunque, con l’accordo scritto delle parti in cui vengono regolate le modalità, le tempistiche di trasferimento della proprietà ed il prezzo di compravendita.

Il contratto di compravendita immobiliare, pur rientrando nell’ambito privatistico, è un atto pubblico che deve essere registrato presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari.

E’ buona prassi per l’acquirente di immobile essere assistito da un avvocato immobiliarista che, oltre a curare i suoi interessi e tutelare i suoi diritti, garantisce da situazioni di intralcio nella vendita.

La compravendita, infatti, se affrontata con leggerezza, può dare luogo a situazioni insanabili come nel caso di espropriazione contro il terzo proprietario.

Il primo compito dell’avvocato immobiliarista è quello di effettuare tutte le ricerche preliminari alla compravendita.

Verificare che non esistono irregolarità urbanistiche, o catastali da sanare, gestire la trattativa e predisporre il contratto preliminare di compravendita.

Le fasi della compravendita immobiliare

Le fasi della compravendita immobiliare sono:

  1.  la trattativa per la compravendita
  2. la proposta di acquisto dell’immobile
  3.  l’accettazione dell’offerta di acquisto immobiliare.

Prima di mettere in vendita un immobile bisogna accertarsi che sia alienabile, che non vi siano gravami, pignoramenti, ipoteche, o abusi edilizi, che impediscono la vendita.

Verificato che l’immobile è commerciabile, si può procedere alla pubblicità, inserendo un annuncio di vendita, o affidando l’incarico ad un professionista, o avvocato specializzato in diritto immobiliare.

La trattativa nella compravendita di un immobile

La trattativa nella compravendita di un immobile, ove non voglia essere condotta personalmente, può essere affidata ad un avvocato, o ad un agente immobiliare.

La trattativa prevede, di prassi, che l’immobile sia stato visitato e trovato di gradimento prima di proporre l’offerta di acquisto.

A tal uopo è fondamentale che siano stati esaminati l’atto di provenienza, la documentazione urbanistica e catastale ed il regolamento di condominio.

Una buona trattativa immobiliare in genere è veloce, senza ostacoli e si conclude quando trova l’accordo tra il venditore e l’acquirente sul prezzo di acquisto.

E’ fondamentale acquisire informazioni sulla solidità economica dell’acquirente.

Nel caso di richiesta di mutuo per l’acquisto di immobile, se non viene erogato, la compravendita salta.

La proposta di acquisto immobiliare

La proposta di acquisto immobiliare si formalizza con un’offerta scritta contenente il prezzo di vendita, i termini di adempimento, le modalità di pagamento ed i dati catastali identificativi dell’immobile.

La proposta di acquisto immobiliare è sottoposta a termine per accettare l’offerta, che normalmente è di 7 giorni.

Scaduto questo termine, senza che l’offerta è stata accettata, la stessa decade e non ha più effetto, dovendosi restituire la caparra al proponente.

La proposta di acquisto è accompagnata da un assegno bancario intestato al venditore, nella misura in genere del 2-3 % del valore dell’immobile, a titolo di caparra e garanzia, che può essere incassato solo ove venga accettata l’offerta.

La proposta di acquisto immobiliare è vincolante e tutti i termini e le condizioni indicate devono essere rispettati.

Se l’acquirente ritira l’offerta senza giustificato motivo perde la caparra, salvo il risarcimento dei danni.

Accettazione dell’offerta di acquisto immobiliare

Quando il venditore accetta l’offerta di acquisto immobiliare sottoscrive la proposta ed il contratto di compravendita si perfeziona.

Da questo momento, con il raggiungimento dell’accordo, il contratto può dirsi concluso e scattano obblighi e doveri per l’acquirente ed il venditore.

L’obbligo dell’acquirente di un immobile si concreta nell’adempimento mediante la corresponsione del prezzo di acquisto pattuito, secondo le modalità ed i tempi concordati.

Questo nella compravendita tra privati, per le compravendite attraverso le aste immobiliari invitiamo a leggere i seguenti articoli:

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Immobili all’asta, il contenuto della perizia

Vendite all’asta, le garanzie e l’annullabilità

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Trasferimento della proprietà, gli obblighi del venditore

Nelle compravendite immobiliari, con il trasferimento della proprietà, o di altro diritto reale, come la nuda proprietà, o l’usufrutto all’acquirente, assumono rilievo gli obblighi del venditore.

Il venditore, oltre a fornire l’atto di provenienza, ai sensi dell’art. 1477 del codice civile, deve adempiere alla consegna e prestare garanzia per il rischio di evizione.

A norma dell’art. 1490 del codice civile, il venditore deve, poi, garantire l’acquirente che l’immobile oggetto di compravendita sia indenne da vizi occulti.

Per vizi occulti si intendono quelli che possono non consentire l’utilizzo ed il godimento del bene, diminuendone il valore.

La posizione che riveste il terzo acquirente nel processo di espropriazione, con riguardo all’ inefficacia delle alienazioni del bene pignorato si concreta nell’ inefficacia relativa di tali atti.

L’inadempimento nelle compravendite immobiliari

L’inadempimento nelle compravendite immobiliari avviene quando il venditore, o il compratore dell’immobile, non rispettano l’obbligazione contratta e, dunque, gli accordi presi.

Nei contratti con prestazioni corrispettive, come la compravendita, bisogna tener conto del disposto di cui all’articolo 1453 del codice civile.

Quando uno dei contraenti non adempie alle obbligazioni, l’altro può chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.

Nel caso di inadempimento del venditore è sempre possibile richiedere l’adempimento in forma specifica.

L’acquirente può rivolgersi al giudice per ottenere una sentenza con cui viene trasferita la proprietà dell’immobile, che produce gli stessi effetti del rogito notarile.

Nel caso di inadempimento del promissario acquirente, il venditore può trattenere le somme versate a titolo di acconto.

Caparra confirmatoria e caparra penitenziale

In caso di inadempimento dell’acquirente, bisogna distinguere se la caparra sottoscritta al momento della proposizione dell’offerta è confirmatoria, o penitenziale.

La parte non inadempiente potrà optare per la risoluzione del contratto, trattenere la caparra ed esigerne il doppio, oltre a richiedere il risarcimento dei danni.

Vi sono, poi, situazioni particolari in cui occorre prestare la massima attenzione.

Una di queste riguarda la compravendita di immobile con sentenza di assegnazione della casa coniugale trascritta in un giudizio di separazione dei coniugi.

Nel caso di immobili sottoposti a vincoli culturali e paesaggistici, occorre muoversi con cautela, rivolgendosi ad un avvocato specializzato in diritto immobiliare.

Costi della compravendita immobiliare

L’onorario del Notaio per l’atto di compravendita, trascrizione e voltura dell’immobile all’acquirente e pagamento delle imposte, è di prassi dello 0,5% sul valore dell’immobile.

Le tasse della compravendita riguardano l’imposta di registro che è del 2% sul valore catastale dell’immobile, se si tratta di prima casa, altrimenti è del 9% sul valore catastale.

L’imposta catastale ed ipotecaria è di 200.00 euro, o di 50,00 euro, a seconda che l’operazione sia esente, o meno, da iva.

L’onorario dell’Avvocato per l’assistenza alla compravendita immobiliare varia in base all’attività svolta ed è regolato dal DM 55/04 in base al valore dell’affare, al numero delle parti ed alla sua complessità.

I costi di agenzia immobiliare normalmente sono del 3% per l’acquirente e del 1% per il venditore sul prezzo di vendita.

Da tenere presente che il diritto al compenso per l’intermediario matura con l’accettazione dell’offerta, a prescindere, o meno, dal fatto che la vendita poi si  concluda.

Compravendite immobiliari tra privati

L’assistenza dell’avvocato immobiliarista è fondamentale per la riuscita della compravendita immobiliare tra privati, utile nella fase della trattativa, indispensabile per la stipula.

Nelle compravendite immobiliari tra privati bisogna porre attenzione a tutte le verifiche necessarie prima di porre in vendita un immobile e formalizzare la proposta di acquisto.

E’ buona prassi per l’acquirente di una casa richiedere la visura dell’immobile in Conservatoria per verificare l’esistenza di ipoteche e che non è stato iscritto un pignoramento immobiliare.

L’acquirente, solo dopo avere verificato che non vi sono cause che impediscono la compravendita, potrà formalizzare la propria offerta al proprietario dell’immobile.

Il proprietario dell’immobile, nella sua qualità di venditore, accettando l’offerta di acquisto, si impegna a fornire tutte le garanzie di cui agli articoli 1477 e 1490 del codice civile.

Non è raro che, quando la compravendita immobiliare tra privati avviene senza il supporto di un avvocato immobiliarista, sorgano problematiche frequenti legate alle compravendite immobiliari.

Passaggio di proprietà di immobile tra familiari

Il passaggio di proprietà di un immobile tra familiari è sempre possibile, non  trovando limiti nel nostro ordinamento giuridico.

Tuttavia bisogna tenere conto che in presenza di legittimari, ove il denaro non provenga da fondi personali, costituisce un anticipo di eredità per il beneficiario ed è soggetto a collazione ereditaria.

Il passaggio di proprietà di un immobile tra familiari avviene spesso tra padre e figlio, o tra fratelli e rappresenta una normale compravendita immobiliare, in cui spesso il prezzo di acquisto è più vantaggioso per l’acquirente.

Per vendere casa ad un figlio, o ad un parente, in modo sicuro bisogna fare attenzione a non porre in essere una vendita simulata, o donazione indiretta che esporrebbero l’acquirente al rischio di controversie ereditarie.

L’unico modo per evitare una vendita fittizia di immobile nelle compravendite tra familiari è che la compravendita immobiliare avvenga a prezzo di mercato e con denaro proprio del figlio, del fratello, o della sorella che acquista dai genitori.

Vi è, poi, anche la possibilità di considerare che la vendita avvenga con la partecipazione ed il consenso degli altri eredi senza porre in essere lesione della quota di legittima di ciascun erede.

Avvocato immobiliarista a Roma

Lo Studio Legale Sposato, dal 1949, è specializzato nel settore del diritto immobiliare per la compravendita e la locazione di immobili ad uso abitativo, turistico e commerciale.

Operiamo in tutte le aree tematiche inerenti la Proprietà, regolata dal Libro Terzo del codice civile, nell’ambito dell’espropriazione forzata e delle procedure esecutive immobiliari.

L’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente della XIX Sottocommissione dell’esame di Stato per Avvocato 2023-24 a Roma, presta la propria attività come avvocato immobiliarista in tutta Italia.

Ha curato per un decennio la rubrica domenicale “Legalmente” sul Messaggero per le aste immobiliari, trattando le tematiche più rilevanti in materia di proprietà immobiliare e diritti reali. 

E’ autore di numerosi articoli e pubblicazioni sul diritto immobiliare su il “Sole 24 Ore”, “Italia Oggi”, la “Rassegna Parlamentare” e sulle maggiori testate giornalistiche nazionali.

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Avvocato esperto in diritto immobiliare

Preliminare di compravendita

Preliminare di compravendita

Preliminare di compravendita

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Quando conviene il preliminare di compravendita?

Il preliminare di compravendita, o compromesso, è utile in tutti i casi in cui non si  ha la disponibilità dell’intera somma per concludere la vendita e si intende ricorrere ad un mutuo per l’acquisto della casa.

I problemi che possono sorgere, però, sono molteplici se non si è supportati da un  avvocato esperto in diritto immobiliare che effettui le verifiche preliminari, rediga il compromesso e valuti l’opportunità della trascrizione del preliminare.

L’articolo 1351 del codice civile stabilisce che il preliminare è nullo se non è redatto nella stessa forma del contratto definitivo e, dunque, in forma scritta.

La proprietà dell’immobile si trasferisce solo in una fase successiva al preliminare, con la stipula del rogito di compravendita.

In sostanza la parte promittente venditrice si obbliga a vendere alla parte promittente acquirente l’immobile oggetto di compravendita al prezzo, secondo modalità e termini, stabiliti nel contratto preliminare di compravendita.

Quali sono gli obblighi nel contratto preliminare di compravendita?

Nel preliminare di compravendita i contraenti si obbligano a concludere la compravendita immobiliare non immediatamente, ma in un secondo momento, entro una data indicata. 

Con il contratto preliminare di compravendita, pertanto, il promissario acquirente ed il promissario venditore disciplinano tempi e modi per portare a compimento il trasferimento di un bene immobile.

Gli obblighi che scaturiscono con il compromesso consistono nel vincolare le parti contraenti a prestare il consenso alla futura vendita.

In tal modo le parti acquisiscono il tempo necessario per adempimenti preliminari, come nel caso di accollo del mutuo, o regolarizzazione di abusi edilizi che impediscono la vendita.

Quali sono gli effetti del preliminare di compravendita?

Gli effetti del preliminare di compravendita sono quelli di rispettare l’obbligazione assunta nel compromesso relativa al trasferimento della proprietà, o di altro diritto reale, in un preciso momento successivo all’accordo preso.

La caparra confirmatoria quando il preliminare si perfeziona con la compravendita, può essere restituita, o imputata al pagamento del corrispettivo dovuto, ai sensi dell’articolo 1385 del codice civile.

Ma cosa succede in caso di inadempimento di una delle parti agli impegni presi con il compromesso?

Se il promissario acquirente è inadempiente è possibile recedere dal contratto, ritenendo la caparra.

Se la parte inadempiente è il venditore, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra.

In caso di inadempimento o ritardo nella prestazione, poi, l’articolo 1382 del codice civile consente di potere apporre una clausola penale, che prevede di pagare una somma di denaro per il risarcimento del danno.

Inadempimento nel preliminare di vendita, effetti per le parti

Quando il venditore, o l’acquirente non rispettano gli accordi del preliminare di compravendita la legge consente di recedere dal contratto, oppure di chiedere il trasferimento coattivo della proprietà, salvo il risarcimento dei danni

La parte non inadempiente, infatti, può chiedere al giudice una sentenza che produce effetti traslativi, come il rogito notarile, con ordine di trascrivere la proprietà in Conservatoria.

Quando è stata versata una caparra, la parte adempiente può recedere dal contratto, trattenere la caparra, o chiedere il doppio.

E’ possibile spostare la data del rogito fissata nel compromesso?

E’ possibile spostare la data della compravendita fissata nel compromesso solo quando è stato fissato un termine semplice e non un termine essenziale dalle parti.

Il termine per la stipula, se è indicato come semplice nel preliminare di  compravendita, nel caso in cui non venga rispettato non inficia sulla validità del  contratto, ma pone la parte inadempiente in mora

Se il termine per la stipula della compravendita è stato indicato come essenziale, invece, il preliminare è risolto con tutte le conseguenze.

A meno che la parte non inadempiente voglia comunque esigerne l’esecuzione, nonostante la scadenza del termine.

In tal caso, però, ai sensi del secondo comma dell’articolo 1457 del codice civile,  la parte che intende richiedere l’esecuzione del contratto deve darne notizia all’altra entro 3 giorni, salvo il risarcimento del danno per il ritardo nell’adempimento.

Avvocato per  il preliminare di compravendita immobiliare, o compromesso

Lo Studio Legale Sposato, dal 1949, assiste per la stipula del compromesso in sede di rogito notarile, garantendo sicurezza e tranquillità ai contraenti, con capacità di risoluzione di ogni problematica immobiliare.

L’Avvocato Gianluca Sposato, Presidente Emerito dell’Associazione Custodi e Delegati alle Vendite Immobiliari, vanta oltre 100 pubblicazione in materia di diritti reali sui principali quotidiani nazionali. 

Per l’acquirente è fondamentale rivolgersi al Notaio con l’assistenza di un avvocato immobiliarista trascrivere il preliminare di acquisto, per di evitare il rischio di un pignoramento immobiliare successivo, che preceda la stipula.

Prima del compromesso, è indispensabile verificare che il bene sia in regola dal punto di vista edilizio, abbia impianti conformi alle norme di sicurezza e ad eventuali vincoli urbanistici, culturali, ambientali e paesaggistici.

E’ buona regola consultare anche il regolamento condominiale, onde evitare sorprese, come divieti di destinazione delle unità abitative all’esercizio di determinate attività, o spese per lavori condominiali già approvati.

Per prenotare un appuntamento con l’Avvocato Gianluca Sposato è possibile verificare disponibilità e costi dei servizi nell’area Assistenza Legale24h.

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Diritto di Famiglia

Rilascio e Rinnovo Passaporto dell’ex Coniuge

Rilascio e Rinnovo Passaporto dell'ex Coniuge

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Per il rilascio ed il rinnovo del passaporto dell’ex coniuge si applica la normativa sui passaporti, in particolare gli articoli 3 e 12 della Legge n. 1185 del 21/11/1967 e successive modifiche.

Come deve fare il coniuge separato per il rinnovo del passaporto?

Il coniuge separato con figli minori che voglia recarsi in vacanza all’estero, può incontrare limiti nella volontà dell’altro coniuge sia in presenza di separazione giudiziale che di separazione consensuale.

Uno dei motivi principali è che, da tale allontanamento, il coniuge separato tema per il futuro il mancato mantenimento da parte di chi vi sia tenuto.

Sia il rilascio che il rinnovo del passaporto da parte di chi si trovi in Italia come all’estero sono subordinati alla prova che il titolare abbia adempiuto, e potrà per il futuro adempiere, agli obblighi di mantenimento verso i figli, o verso il coniuge.

Passaporto e violazione degli obblighi di assistenza familiare

Il giudice tutelare per il rilascio e rinnovo del passaporto all’ex coniuge dovrà valutare si vi sia stata già una sentenza di condanna ex art 570 del codice penale per violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Ovvero se l’omissione sia stata effettiva da parte dell’obbligato, ad esempio perché temporaneamente impedito, ovvero se ragioni di lavoro e salute possono legittimare l’autorizzazione.

La CEDU nel 2014 ha chiarito che è illecito ritirare e/o negare il passaporto ad un padre perché non paga gli alimenti ai figli, ravvisando una  ipotesi di violazione della libertà di movimento.

Condizioni per il rilascio e rinnovo del passaporto al coniuge separato

Il Giudice deve valutare la corrispondenza del mancato assenso al rilascio e rinnovo del passaporto all’ex coniuge all’interesse del minore, nel caso di  separazione giudiziale o consensuale con figli minorenni.

In parole più semplici, il compito del Giudice è quello di esaminare i motivi posti a fondamento del mancato rilascio dell’assenso da parte di un genitore.

Se ritiene che il rilascio o rinnovo del passaporto sia pregiudizievole degli interessi del minore, il Giudice rigetterà l’istanza.

Qualora invece ritenga che non vi siano pregiudizi per il minore o che, più semplicemente, il rifiuto di un genitore sia pretestuoso, allora accoglierà l’istanza ed emetterà un decreto autorizzativo.

Con l’autorizzazione del giudice si supera, pertanto, il problema del rifiuto di un genitore e permettere all’altro che ha depositato l’istanza di ottenere il rilascio, o il rinnovo del passaporto per sé e per  i figli.

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Avvocato esperto in diritto immobiliare

Condominio

Condominio

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Diritto condominiale.

Il diritto condominiale è disciplinato nel titolo VII capo II del codice civile, che prevede una raccolta di norme del nuovo codice del condominio.

L’articolo 1117 del codice civile regola le parti comuni dell’edificio, disponendo le regole per le modificazioni delle destinazioni d’uso ed i poteri dell’assemblea condominiale.

Purtroppo, a causa di frequenti prevaricazioni sulle parti comuni dell’edificio e violazioni al regolamento di condominio, la materia condominiale rappresenta la casistica di contenzioso più frequente.

Data la varietà di casistiche e complessità delle norme di riferimento è fondamentale rivolgersi sempre ad un  avvocato esperto in diritto condominiale.

Cosa è il regolamento di condominio?

Il regolamento di condominio è l’insieme di norme che disciplinano la convivenza e condivisione di spazi comuni tra condomini quando le unità abitative sono più di 10.

Il regolamento condominiale può essere equiparato ad un contratto, o ad uno statuto societario, avendo effetto vincolante e forza di legge tra i condomini.

Le modifiche possono essere apportate in alcuni casi con il consenso della maggioranza assembleare e quando le opere compromettono la sicurezza, il decoro o incidono sulle parti comuni all’unanimità.

Si raccomanda di leggere il regolamento di condominio sempre prima di sottoscrivere un contratto di locazione, un preliminare di compravendita, o una  compravendita immobiliare.

Divieti del regolamento di condominio

Particolare attenzione bisogna riporre ai  divieti  contenuti  nel regolamento  di  condominio spesso oggetti  di mancato rispetto da parte dei  condomini.

Le casistiche di violazione del regolamento condominiale sono molteplici e riguardano frequentemente:

  • il mancato rispetto delle distanze tra muri e abitazioni
  • infiltrazioni d’acqua da parti comuni
  • rumori molesti dei condomini
  • esalazioni per cattivi odori
  • utilizzo improprio degli spazi comuni
  • conteggio dei millesimi
  • ripartizione delle spese condominiali

Vi sono, poi,  attività che possono essere espressamente vietate dal regolamento di condominio, specialmente in complessi destinati solo ad uso residenziale,

In questi casi il regolamento  condominiale deve essere trascritto  nei pubblici registri immobiliari e può prevedere il divieto che un appartamento sia destinato ad attività espressamente vietate.

Attività vietate dal regolamento di condominio possono essere;  uffici pubblici, pensioni, attività ricettive e case vacanza, scuole di musica, di canto e di ballo, gabinetti dentistici, o medici  a rischio di malattie contagiose.

Variazioni strutturali all’edificio e frazionamento di unità immobiliari

Vi sono poi casi in cui siano state seguite variazioni strutturali all’edificio che possano pregiudicarne anche la stabilità, oltre che il decoro della facciata, od il frazionamento in più unità immobiliari che ne stravolgano la destinazione. 

La variazione del numero degli appartamenti e delle unità abitative conseguente al frazionamento senza il necessario assenso dell’assemblea, apre il tema a questioni di rilievo giuridico.

Determinando un inevitabile incremento del numero delle persone che occupano ed utilizzano gli spazi, gli impianti ed i servizi comuni, tra cui l’ascensore.

con conseguenti maggiori oneri e disagi per la generalità dei condomini, obbligati a sostenere anche maggiori costi per le spese di pulizia, manutenzione e per le utenze condominiali.

Tale trasformazione comporta limitazioni incidenti  sull’uso della parti comuni con compromissione dei diritti degli altri condomini, per effetto del concorrente uso da parte delle persone che occupano le ulteriori unità abitative.

Oltre che rischi legati alla sicurezza dello stabile, poiché come risaputo il presumibile uso delle scale da parte di più persone crea limitazioni delle vie di fuga in caso di evacuazione ed incendio.

Liti condominio, mediazione e provvedimenti d’urgenza

In caso di liti condominiali, a seconda della gravità e del pericolo delle attività poste in essere potranno ricorrere, o meno, i presupposti per agire in via d’urgenza.

Ciò per richiedere al giudice la cessazione immediata dell’attività, o  l’esecuzione di determinate opere, come nel caso in cui a seguito di revoca dell’amministratore questi si rifiuti di consegnare la documentazione contabile.   

La legge n. 98/2013 ha introdotto l’obbligo della mediazione civile per la materia condominiale.

Con tale intervento è entrato in vigore l’art. 71 quater delle disposizioni di attuazione del codice civile, per disciplinare il procedimento di mediazione per le controversie in materia di condominio.

 

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Avvocato esperto in diritto immobiliare

Locazione

Locazione

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Locazione abitativa 

Nel nostro ordinamento giuridico i contratti di locazione sono tipizzati, nel senso che devono seguire forme e regole ben precise e si differenziano a seconda che si tratti di locazione abitativa,locazione commerciale.

Per tale ragione è sempre raccomandabile rivolgersi ad un avvocato immobiliarista per la relativa stesura ed assistenza nella fase contrattuale.

Nella locazione abitativa ordinaria, il legislatore ha previsto sostanzialmente due tipologie primarie: la locazione a canone libero e quella a canone concordato.

Locazioni a canone libero e a canone concordato

Nella locazione a canone libero le parti sono libere di determinare l’ammontare del canone locatizio, restando esclusivamente vincolate alla durata minima del  contratto.

Questa è stabilita dalla legge in 4 anni,  con rinnovo automatico di altri 4 anni.

Non sono ricomprese in questa tipologia le pertinenze delle abitazioni,  come i box auto e le cantine, gli immobili di pregio ( accatastati A/1 – A/8 –  A/9 ),  le case popolari, gli immobili con vincolo artistico,  storico, o culturale e le case di villeggiatura.

Nella locazione a canone concordato le parti non sono libere di determinare il canone di locazione, dovendolo stabilire tra un limite minimo ed un limite massimo fissati da appositi accordi territoriali.

La durata legale è di 3 anni + 2 anni di rinnovo automatico, alla prima scadenza, con agevolazioni fiscali per entrambe le parti.

Le agevolazioni consistono per il conduttore in un canone concordato che non può superare determinati parametri e per il locatore nella cedolare secca, ovvero in imposte agevolate nella misura del 10 per cento del canone annuale.

Vi sono, poi, altri tipi di locazione abitativa per esigenze abitative transitorie, per finalità turistiche, a studenti universitari, ad uso foresteria.

La locazione commerciale

Con la locazione commerciale, invece, il locatore concede in godimento al  conduttore un immobile destinato ad attività economiche produttive di reddito sia d’impresa che di lavoro autonomo.

La materia è regolata oltre che dalle disposizioni del codice civile agli articoli 1571 e seguenti, anche dalla disciplina particolare della legge sull’equo canone.

La durata minima non può essere inferiore a 6 anni con un primo rinnovo  automatico di ulteriori 6 ed altro successivo tacito di uguale periodo in caso di  mancata disdetta anticipata.

Obblighi del locatore e del conduttore

La materia locatizia, rientra nell’ambito delle obbligazioni e della responsabilità contrattuale, qualora sorgano problemi in ordine all’interpretazione del contratto e nel caso di inadempimento di una delle parti.

Il locatore, ai sensi dell’articolo 1575 del codice civile, deve consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione.

Il locatore deve, altresì, ai sensi dell’articolo 1576 del codice civile, mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto, rispondendo per inadempimento ove  non esegua opere di  intervento e manutenzione.

Infine deve garantirne il pacifico godimento durante la locazione.

Il conduttore, invece, ai sensi dell’articolo 1587 del codice civile, deve prendere in consegna la cosa locata e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato nel contratto.

Il conduttore, è altresì, tenuto a corrispondere il canone di locazione nei termini  e nelle modalità pattuite, rispettando il regolamento di condominio.

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Risarcimento agli eredi per il danno da morte

Risarcimento agli eredi per il danno da morte

Avv Gianluca Sposato -risarcimento danno da morte

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In questo articolo affronto il tema del risarcimento danni agli eredi per la morte di un loro familiare, a seguito di un fatto illecito.

Danno da perdita del rapporto parentale

La prova della sofferenza per l’uccisione del proprio familiare ai fini del  risarcimento del danno da perdita parentale viola principi costituzionalmente garantiti?

La guerra intestina su quantificazione e prova del danno da morte e la questione di legittimità costituzionale sollevata relativamente alla sentenza 11200/19 della Cassazione.

Potrebbe sembrare assurdo per i non addetti ai lavori, ma è così: se un proprio congiunto viene ucciso in un incidente stradale i familiari della vittima devono documentare la sofferenza per la perdita del rapporto parentale.

I familiari per avere diritto al risarcimento del danno per l’uccisione del proprio caro devono fornire la prova del vincolo affettivo, altrimenti possono anche non avere diritto ad alcun risarcimento.

Danno da morte per l’uccisione di un fratello in un incidente

Facciamo un esempio per essere più chiari su quello che la legge richiede come prova per avere diritto al risarcimento agli eredi per il danno da morte.

Se il fratello di una persona uccisa mentre attraversava sulle strisce pedonali da un automobilista chiede sic et simpliciter il risarcimento del danno per la perdita del rapporto parentale, potrebbe non avere diritto ad alcun risarcimento.

Oppure ottenere un indennizzo in misura ridotta, rispetto minimi e massimi che fanno riferimento all’intensità del rapporto con la vittima e alla dimostrazione del dolore per la perdita subìta.

Il danno da morte per l’uccisione di un fratello, ed in genere di un proprio familiare, infatti, non viene risarcito sul presupposto del rapporto di parentela, ma su quello del vincolo affettivo.

Di quel vincolo affettivo che, proprio per effetto dell’uccisione del proprio caro e del reato compiuto di omicidio stradale,  si è venuto ad interrompere.

La privazione del vincolo affettivo con la vittima del reato costituisce un danno di  tipo morale che deve essere risarcito ai familiari, ma sottoposto alla prova di legame affettivo che deve essere provato.

Questione di legittimità costituzionale sulla prova della sofferenza nel danno da morte

Occorre precisare che, seppur non se ne è parlato, con riferimento alla prova della sofferenza per il danno da morte è stata da me sollevata una questione di legittimità costituzionale in un giudizio di rinvio, dopo due passaggi in Cassazione, inerente la sentenza 11200/19.

Si è evidenziato come tale sentenza si ponga in contrasto e violazione degli  articoli 2, 3 e 32 della Costituzione della Repubblica italiana con riferimento agli articoli 2043 e 2059 del codice civile.

Secondo la Cassazione, infatti: “ la mera relazione di consanguineità non è da sola sufficiente ad integrare il danno risarcibile, gravando sui congiunti l’onere di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto”. 

Il giudizio è ancora in corso, in fase decisionale, e non sappiamo se gli atti verranno trasmessi alla Consulta, o meno, per dirimere tanti dubbi e rispondere ai quesiti sollevati da chi scrive.

Come provare il danno da morte?

Questa e altre sentenze di legittimità, a seguito dell’involuzione giurisprudenziale che ha elaborato la teoria del danno conseguenza a discapito del danno evento.

Ciò sul presupposto che: “la liquidazione del danno non patrimoniale subìto dai congiunti  in  conseguenza dell’uccisione del familiare non integra un danno in re ipsa, ma deve essere provato in concreto dal danneggiato”.

Tuttavia, come ben noto alla medicina legale, che sul punto si è autorevolmente espressa con i suoi maggiori studiosi e rappresentanti, non può non evidenziarsi che il sentimento, il dolore, è qualcosa di interiore.

La sofferenza può facilmente desumersi nel caso di perdita del rapporto parentale per fatto illecito ricorrendo alle presunzioni legali.

Dovendosi esprimere non poche perplessità su modalità standard da assumere quali relativi mezzi di prova per la sofferenza relativa alla morte di un familiare.

Autorevoli giuristi e studiosi del danno alla persona sostengono che l’onere della prova deve incombere su chi intenda dimostrare un fatto che si discosti dal sentire umano e sociale.

Ovvero un danno che si qualifichi come situazione eccezionale: come il non provare dolore, o provare un sentimento di sollievo, se non addirittura di indifferenza per l’uccisione di un familiare.

Danno da morte e sofferenza per l’uccisione di un familiare

Con la richiesta della prova della sofferenza per il risarcimento agli eredi per il danno da morte, la Cassazione compie un eccesso di potere, in danno delle vittime della strada.

La Corte Costituzionale individua quali criteri che valgono come indici dell’eccesso di potere legislativo quello dell’assoluta illogicità, incoerenza, od arbitrarietà delle motivazioni della legge.

Ciò vale anche per l’atto che alla legge è equiparato, ovvero le sentenze, come la numero 11200/19.

Altro elemento in cui si ravvisa l’eccesso di potere è dato dalla irragionevolezza delle statuizioni legislative rispetto alla realizzazione concreta del fine.

A prescindere dal valore e dal contenuto delle presunzioni legali, sembra che i giudici non vogliano tenere contro di quella che è la norma quando si deve affrontare la morte violenta di un familiare.

Ovvero: sofferenza, dolore, vuoto incolmabile, sconforto, perdita della voglia di vivere per l’uccisione del proprio caro.

Ogni diversa interpretazione e convincimento entra in contrasto e lede i princìpi sanciti negli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.

Risarcimento del danno da morte, tutela costituzionale

L’articolo 2 garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, mentre l’articolo 3 afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge.

Dovere dimostrare lo sconvolgimento della propria vita per l’uccisione di un familiare è in contrasto con tali principi.

Violando la dignità sociale che si manifesta anche nel rispetto dell’altrui dolore, che non deve essere calpestato, o trasformato in fenomeno da circo.

Né, tantomeno può, senza riserva, costituire oggetto di prova nella generalità dei casi, attesa la natura interiore e strettamente personale del sentimento.

Ciò a prescindere dal fatto che un sentimento, come l’amore, l’amicizia, il dolore, non può essere provato, proprio perché indice di una spontaneità interiore caratterizzata dalla riservatezza ed esclusività.

Qualunque mezzo di prova rappresenta una coercizione ed una violenza al rispetto della riservatezza e del dolore per chi subisca quanto di più atroce la vita possa riservare all’essere umano.

Ovvero: la privazione dell’affetto di un proprio caro a causa della morte violenta per fatto illecito.

Provare il dolore per l’uccisione di un familiare

E’ in corso un aspro dibattito tra giuristi su quantificazione e prova del danno da morte.

Occorre evidenziare che le ultime pronunce della Cassazione sembrano ristabilire un equilibrio a favore del danneggiato.

A cominciare dalla ordinanza n. 7748/2020 che ha chiarito come il pregiudizio patito dai prossimi congiunti sia configurabile come danno diretto e non riflesso.

Ciò poichè può desumersi presuntivamente dal legame parentale la sofferenza, lo sconvolgimento della propria esistenza per quanto di più triste possa capitare ad una persona: sopravvivere al mondo senza l’affetto di chi amava.

Qualcuno ha, poi, paragonato alla sentenze di San Martino, per importanza ed impatto con l’attuale sistema risarcitorio in tema da danno da perdita parentale, le  3 sentenze della Suprema Corte Cass. 10579/21, Cass. 26300/21, Cass. 26301/21.

Con cui è stato chiarito quali sono i criteri per determinare gli importi da liquidare a titolo risarcimento danno per la perdita del rapporto parentale agli eredi della vittima di un fatto illecito.

Con invito ad abbandonare l’orientamento espresso nelle Tabelle Milanesi.

Danno da morte, grado di parentela, età della vittima e convivenza

Con le sentenze n. 33055/21 e n. 38077/21, la Suprema Corte ha ribadito i criteri per determinare le somme che spettano a ciascun congiunto della vittima di un fatto illecito.

Si deve fare riferimento non soltanto al grado di parentela ed alla convivenza con la vittima, ma anche all’età del defunto e all’età del congiunto superstite.

Tali criteri erano stati sconvolti solo dalle Tabelle del danno da morte del tribunale di Milano.

L’Avvocato Gianluca Sposato si è battuto per tutelare i diritti dei familiari  delle vittime della strada, anche in seno al Gruppo “Danno alla Persona” dell’Osservatorio sulla Giustizia Civile, di cui fa parte.

In particolare chiedendo di rivedere il divario della forbice prevista per gli importi da liquidare ai fratelli per l’uccisione di un fratello.

Ciò tenendo conto delle Tabelle del danno da morte del tribunale di Roma e dei criteri da applicare per determinare gli importi da liquidare a ciascun erede per la morte di un proprio familiare.

Tenuto conto che gli aventi  diritto sono sempre il coniuge, il figlio, i genitori, i fratelli, i nonni ed i nipoti  e della diversa intensità del legame affettivo.

Infatti, non può non tenersi conto di quanto affermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 26301 del 2021, che ha voluto sottolineare un principio cui  non  si può derogare.

“Il vero danno nella perdita del rapporto parentale, è la sofferenza non la relazione. E’ il dolore, non la vita che cambia, se la vita è destinata, si, a cambiare, ma, in qualche modo, sopravvivendo a se stessi nel mondo”.

Come valutare la prova della sofferenza nel danno da morte?

Si tratta di una pronuncia che non lascia dubbi e richiama il principio delle presunzioni legali nell’ambito della prova dello sconvolgimento della vita a causa di un fatto illecito per la morte di un proprio familiare.

Chiarisce anche come la sofferenza per la perdita del rapporto parentale deve essere provata e valutata dal giudice per avere diritto al risarcimento del danno ed in quale misura.

La sofferenza morale allegata e poi provata, anche a mezzo di presunzioni semplici, costituisce l’aspetto più significativo del danno.

Esiste, infatti, una radicale differenza tra il danno per la perdita del rapporto parentale e quello per la sua compromissione dovuta a macro lesione del congiunto rimasto in vita in cui è la vita di relazione a subire profonde modificazioni in peggio.

Danno da morte e sconvolgimento della vita

L’art. 32 della Costituzione stabilisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività e la legge non può violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Viene da chiedersi se costringere un genitore, che ha perso un figlio trasportato in auto in un incidente stradale, a fornire prova del suo dolore non rappresenti una violazione del rispetto della persona, della privacy, una intrusione sgradita nel suo lutto familiare.

Vi è da chiedersi se questo gioco perverso che calpesta i diritti del  danneggiato, possa portare nel circo delle aule di giustizia ad indagini ed accertamenti peritali pericolosi ed inutili ai fini dell’equità e garanzia dei diritti.

Ciò tenuto conto che la legge deve garantire uguaglianza e non disparità.

Il principio secondo cui il danno per la perdita di un familiare non è “in re ipsa“ si appalesa in netto contrasto e violazione della norma costituzionale richiamata.

La perdita di un familiare rappresenta il più grande sconvolgimento che possa abbattersi nella vita di un essere umano, ponendo spesso fine alla voglia di vivere, una mancanza ed un dolore non sanabile nel tempo.

Una situazione che non si augura a nessuno, solo chi ha vissuto un lutto familiare può comprendere come la salute risenta del vuoto incolmabile provocato dalla mancanza di un proprio caro.

Come ciò incida negativamente sulla qualità della propria esistenza, venendo meno la voglia di vivere e divenendo la vita un dolore continuo e costante.

Danno morale per uccisione di un familiare

Per tale ragione il nostro legislatore ha previsto il risarcimento di un danno  morale per determinate categorie di congiunti a seguito del decesso di un familiare (finanche i nonni, i cugini e gli zii per il tribunale di Roma 2019) cagionato da fatto illecito.

Non rappresentando l’assenza di convivenza, nel mondo in cui viviamo e con le tecnologie a disposizione, un ostacolo alla pienezza del rapporto affettivo tra consanguinei.

Tant’è vero che il giudice può ridurre (può, non deve) l’importo  riconosciuto a titolo di danno da perdita parentale fino alla metà.

Negare che l’uccisione di un proprio familiare costituisca violazione dei diritti, e dunque, dei danni, perlomeno non patrimoniali, dei congiunti superstiti è  nozione contraria ai principi basilari del sentire sociale e del diritto.

La legge è chiamata a tutelare tali beni supremi: la salute, la piena dignità sociale e l’uguaglianza sostanziale dell’individuo di  fronte alla legge.

Così come non riconoscere che il dolore possa essere provato e manifestato in maniera differente e soggetto a valutazione equitativa da parte di organi giudicanti differenti e con propri distinti convincimenti.

D’altronde il caos generato sui danni non patrimoniali da uccisione di un  congiunto, con l’elaborazione della teoria del “danno  conseguenza” a scapito del  “danno  evento” non  tengono conto dell’unica considerazione meritevole di tutela.

Ovvero che la vita e la salute sono beni preziosi ed irrinunciabili, costituzionalmente protetti e garantiti.

E che l’evento e la conseguenza si identificano nel danno stesso, non potendo avere distinta collocazione quali espressioni racchiuse nel dettame dell’articolo 2058 del nostro codice civile.

Negare che l’uccisione di un figlio non abbia ripercussioni nella vita e sulla salute dei genitori, che la morte di un fratello non sconvolga l’esistenza dei familiari superstiti è principio che contravviene al sentire sociale.

In contrasto con quelle nozioni comuni proprie di uno Stato che voglia definirsi garantista e di diritto.

Avvocato Gianluca Sposato Gruppo “Danno alla Persona” dell’ Osservatorio Sulla Giustizia Civile – pubblicazione riservata sulla rivista di diritto “Temi Romana”.